Nel settembre 2019, i minatori di Bitcoin in Cina rappresentavano circa il 76% di tutta l’energia globale utilizzata per l’estrazione della criptovaluta.
Dopo la recente repressione del paese che ne ha vietato l’utilizzo, il panorama è però cambiato radicalmente.
Il “Bitcoin mining” è riferito ad un processo di estrazione della cripto. I Bitcoin vengono estratti dai cosiddetti miners, che mediante potenti centri di calcolo (molto dispendiosi a livello di consumi), generano un nuovo ammontare di BTC che va ad aggiungersi alla base mondiale.
Nel 2019, i minatori con indirizzi IP allocati negli Stati Uniti utilizzavano solo il 4,1% dell’energia totale. Ad oggi, sono cresciuti ed occupano una fetta pari al 35%. Molti si concentrano in Texas grazie all’abbondanza di energia, soprattutto rinnovabile.
I dati del Cambridge Center for Alternative Finance mostrano che anche il Kazakistan ha compiuto un cambiamento significativo.
Interessante notare come il paese abbia visto crescere di oltre tredici volte le attività di mining, aumentando la sua quota dall’1,4% a settembre 2019, al 18,1% a settembre 2021.
Questo è dovuto principalmente al fatto che in Kazakistan l’energia ha un costo nettamente basso. A favorire anche questa scelta, il clima freddo che permette ai sistemi di produzione di raffreddarsi rapidamente.