L’’ISIS è un’organizzazione militare e terroristica, nata in medio oriente, che fonda la sua ideologia sullo “jihadismo”. Acronimo inglese di “Islamic State of Iraq and Sham”, l’organizzazione si dice impegnata al fine di imporre nel mondo la shari’a, l’insieme delle leggi morali presenti nell’islam, secondo un’interpretazione molto estremista di essa. Per realizzare tale intento, il, così detto, “califfato della morte” promuove una jihad offensiva, ovvero una guerra santa volta che punti a colpire tutti quelli che, secondo la loro visione, non rispettano le leggi divine.
Il fondatore dell’ISIS è stato il giordano Abu Mussab al Zarqawi, morto nel 2006 in un raid aereo americano. Dopo il decesso di Zarqawi, l’autoproclamatosi Stato Islamico ha ingrossato le sue fila, riunendo diverse fazioni sunnite, inoltre si assisterà alla rapida ascesa di un protagonista carismatico, Abu Bakr al-Baghdadi. L’attuale “califfo”, ovvero il leader dell’organizzazione, ha saputo sfruttare l’instabilità che nel 2011-2012 ha interessato i paesi partecipi della “Primavera Araba”. Il 29 giugno 2014, l’ISIS dopo aver preso il controllo militare un ampio territorio si definì come uno stato indipendente, intenzionato ad intraprendere una guerra contro il resto del mondo, in nome della religione.
Organizzazione economicamente molto solida, l’ISIS ha istituito una raccolta di tributi nei paesi occupati, vende elettricità alla Siria, ha il controllo di svariati giacimenti petroliferi. Non necessita quindi degli aiuti di altri paesi, poiché nei territori occupati è di fatto un’entità geopolitica economicamente autonoma.
Quanti zeri hanno nel conto corrente? In una sola parola, tanti. Si stima che il patrimonio dell’organizzazione terroristica ammonti a circa 1 miliardo e 500 milioni di dollari. Questi fondamentalisti offrono a chiunque voglia unirsi a loro uno stipendio mensile, corrisponde a circa 200 dollari per i nuovi arrivati e poco meno del doppio per i più fedeli, chi collabora con loro da molto tempo. Se queste cifre possono sembrare esigue nel mondo occidentale, basti pensare che le statistiche secondo cui gran parte della popolazione africana vive con 1 dollaro a settimana non sono poi così lontane dalla realtà.
L’ISIS si arricchisce anche grazie ad attività da classica associazione criminale, come estorsioni, saccheggi e rapimenti con riscatto. La maggior parte della sua fortuna, tuttavia, deriva dall’oro nero, il petrolio, venduto sottobanco persino nel regime di Assad. È stato il leader russo, Vladimir Putin, il primo a denunciare nella, conferenza del G20 in Turchia, l’invio di donazioni da parte di privati allo Stato Islamico. Inoltre, 40 milioni di dollari arrivano dalle offerte attraverso nodi finanziari noti da tempo, come il Kuwait o il Qatar. Gli Usa e le forze della NATO, nonostante gli ultimi blitz per colpire le strutture e le condutture, sono piuttosto cauti. Distruggere tutta la catena del petrolio rischierebbe di mettere definitivamente in ginocchio un’area già molto provata. Tuttavia, non c’è soltanto il petrolio a foraggiare gli estremisti, ci sarebbero anche il traffico di esseri umani, di prodotti farmaceutici, di animali rari, di documenti falsi, pornografia infantile e, in modo particolare, di opere d’arte, o pezzi di esse, trafugate dai siti archeologici. Infine, una significativa fonte di reddito è l’appropriazione del denaro depositato nei caveau delle banche delle città conquistate.
Gran parte dei loro guadagni, dunque, vengono dal contrabbando di petrolio. La produzione, nei territori controllati dai fondamentalisti, si aggira intorno ai 25 mila e i 50 mila barili al giorno. Una quantità non ingente ma che comunque contribuisce ad accrescere i guadagni del gruppo Jihadista.
Solo gli introiti che derivano dal traffico di reperti archeologici sono immensi. Secondo l’Unesco e l’Interpol, è un giro d’affari di scala mondiale che vale tra i 6 e gli 8 miliardi di euro l’anno. Ciò che lascia allibiti è che, tra i principali acquirenti ci sarebbero gallerie di Stati Uniti, Gran Bretagna e Svizzera, proprio quell’Occidente che è il principale destinatario delle minacce dell’Isis, ma con il quale i vertici dell’organizzazione fanno affari d’oro.
Sono ormai più di 12.000 le persone uccise dal Califfato, di questi il numero delle vittime di attentati in occidente non tocca lo 0,01% delle morti. Sono la Siria e l’Iraq gli stati ad aver pagato il tributo di sangue più alto. Più di 9 mila persone sono morte per mano dello stato islamico in Iraq e poco meno di 2 mila in Siria. Nel frattempo, a pochi giorni dal suo insediamento, Trump prepara, con il pentagono, un piano aggressivo contro l’ISIS. Ma gli jihadisti festeggiano la vittoria del candidato repubblicano come una “buona occasione” per mostrare al mondo “l’attitudine razzista degli americani nei confronti dei musulmani”, come scritto su Twitter dal predicatore giordano di Al Qaeda Al-Maqdisi.