Nel 1870 viene costituita nel New Jersey la Standard Oil, che ben presto diventò un monopolio di produzione, raffinazione e distribuzione di petrolio negli Stati Uniti. Nel 1911 venne divisa in 34 società autonome per mano del Dipartimento di Giustizia americano, richiamando i principi dello “Sherman Antitrust Act” del 1890, legge che rappresentò il primo vero tentativo di limitare monopoli e cartelli. Tra queste 34 società, 2 in particolare furono Jersey Standard (Standard Oil of New Jersey) e Socony (Standard Oil of New York).
Questa divisione forzata portò John D. Rockefeller ad essere l’uomo più ricco del mondo in quel periodo storico in quanto possessore della maggior parte delle azioni in circolazione della Standard Oil, che crebbero notevolmente di valore una volta avvenuto lo scorporo.
Molte delle altre società vennero poi inglobate in un secondo momento da altre compagnie più grandi, mentre una di loro, la Standard Oil of California, diventerà quella che oggi è ben nota come Chevron.
Dopo lo scorporo le due compagnie citate si adoperarono per espandersi, specialmente al di fuori dei confini degli States. Grazie ad importanti acquisizioni e joint venture le due aziende si ingrandirono e innovarono fino a cambiare nome: Socony nel 1966 lo cambiò in Mobil Oil Corporation, mentre Jersey Standard nel 1972 divenne Exxon Corporation (in Italia ed in altre parti del mondo, fatta eccezione per gli Stati Uniti, distribuiva sotto il nome della sua controllata, la Esso).
Nel 1998 i due gruppi Exxon e Mobil firmarono un accordo di un valore superiore ai 70 miliardi di dollari per fondere i loro patrimoni e creare un’unica società. Il processo di fusione si concluse, dopo l’approvazione degli azionisti e degli organi regolatori, nel novembre del 1999. La neonata ExxonMobil Corporation rimase l’azienda petrolifera più grande al mondo per lungo tempo. I volumi erano davvero impressionanti, dai fatturati alla capitalizzazione di mercato. Per lungo tempo è stata l’azienda indiscussa con la maggiore capitalizzazione al mondo e per fatturato ed ancora oggi è tra le prime, con un fatturato che si aggira sui 246 miliardi di dollari.
Ultimamente si è sentito molto parlare del neoeletto Segretario di Stato americano Rex Tillerson, ex CEO di ExxonMobil, e del suo pacchetto di azioni, bonus di uscita dalla multinazionale dopo diversi anni di servizio, pari a circa 180 milioni di dollari, che in teoria avrebbe dovuto incassare in concomitanza con il compimento dei 65 anni di età e quindi con il conseguente distacco dalla guida del gruppo. Adesso le redini della società sono in mano a Darren W. Woods, già membro del top management da diversi anni.
Anche questa grande multinazionale come molte altre del settore è purtroppo soggetta ad alcuni scandali ambientali. Il più importante tra questi avvenne nel 1989 lungo le coste dell’Alaska, quando una nave trasporto della Exxon (ancora separata dalla Mobil), la Exxon Valdez, urtò contro il Bligh Reef nei pressi dello Stretto di Prince William perdendo in mare oltre 43.000 m3 di greggio. La Exxon si è dovuta adoperare nella pulizia del tratto di mare interessato e al ripristino della situazione precedente, nonché a pagare tutte le ingenti multe e le eventuali persone danneggiate dall’incidente. Questo è considerato uno dei più gravi incidenti che si sia mai verificato e tutt’oggi ha ripercussioni per l’ambiente.
Ad oggi le azioni della ExxonMobil Corporation (XOM) vengono scambiate al valore nominale di circa 83$ nel listino americano del New York Stock Exchange (NYSE). L’azienda ha una capitalizzazione di oltre 340 miliardi di dollari e stacca un dividendo del 3.63%.