Nelle ultime settimane si è acceso il dibattito in merito alla nuova imposta sostitutiva sui redditi esteri per i neo residenti, introdotta nel nostro ordinamento con la Legge di bilancio 2017. La soluzione adottata dal legislatore prevede il pagamento di un’imposta forfettaria di 100mila euro al fine di attrarre ed incentivare il trasferimento della residenza nel nostro Paese degli High net worth individual, ossia delle persone con un alto patrimonio. A tal proposito, alcuni media (anche tra i più autorevoli) hanno utilizzato, in maniera errata ed alquanto bislacca, termini come “flat tax degli stranieri” o “flat tax per ricchi”. Ma un qualsiasi tributo di tipo forfettario non ha nulla a che vedere con la flat tax, la quale, invece, prevede un sistema proporzionale d’imposizione sui redditi mediante un’aliquota unica. Fatta questa breve ma doverosa premessa, parliamo della vera flat tax e delle più ricorrenti questioni che vengono sollevate in merito: dall’utilità dell’introduzione di una flat tax in Italia alla sua compatibilità con la nostra Costituzione, senza dimenticare la sostenibilità di un’aliquota unica (non superiore al 25%) per la nostra finanza pubblica. Andiamo con ordine, ripercorrendo prima il nostro attuale sistema fiscale e, successivamente, il sistema proporzionale della flat tax.
L’attuale regime e il criterio della progressività
L’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) rappresenta per il nostro ordinamento l’imposta diretta per eccellenza; da sola vale più di un terzo del nostro gettito fiscale (si stima oltre 180 mrd). L’IRPEF è progressiva e personale. Quando si parla di progressività si intende che il carico fiscale aumenta con l’aumentare dell’imponibile, e questo è un carattere importantissimo dell’imposta, perché è in ossequio con quanto disposto dall’art. 53 della nostra Carta costituzionale: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Ma, si badi bene, è il sistema tributario che deve essere informato a criteri di progressività, non ogni singolo tributo.
Su cosa si applica l’IRPEF o, utilizzando il gergo tecnico, qual è il presupposto dell’imposta?
L’imposta si applica a chi ha un reddito delle seguenti tipologie: da lavoro (autonomo o dipendente), fondiario, di capitale, d’impresa, diverso (ad esempio, le plusvalenze finanziarie).
Come si applica il criterio della progressività?
Le aliquote crescenti da applicare sui redditi garantiscono la progressività dell’imposta. Dal secondo scalgione in poi, nel calcolare l’aliquota, bisogna prestare attenzione a non cosiderare il reddito per intero, ma a suddividere le operazioni tenendo presente ogni singolo scaglione. Ad esempio, su un reddito di 25.000 euro, non va applicata per l’intero l’aliquota al 27%. L’imposta lorda è uguale al 23% per i primi 15.000 euro (3.450), più il 27 per cento per i restanti 10.000 (2.700). Quindi, in totale, l’imposta da pagare ammonterà a 6.150 euro.
Sono esenti i seguenti redditi (no tax area): da pensione sopra i 75 anni di età sino a 8.000€;da lavoro dipendente sino a 8.000€;da lavoro autonomo sino a 4.800€; da terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati sino a 500€; da attività sportive dilettantistiche sino a 28.158,28€.
Con la flat tax
Utilizzando l’aliquota unica è necessario applicare delle deduzioni fisse per garantire il criterio di progressività presente nell’art. 53 della Costituzione. È possibile applicare le deduzioni seguendo diversi criteri: uno di questi potrebbe essere quello relativo al nucleo familiare, dove si applicherebbe una deduzione fissa per ogni membro della famiglia che è a carico del contribuente, includendo il contribuente stesso, tenendo presente il livello di reddito personale. Come stabilire il valore di questa deduzione fissa? Più alzo l’aliquota unica, più dovrò aumentare il valore della deduzione fissa, in modo da garantire equità alle fasce di reddito più basse. Di conseguenza è necessario stabilire una soglia unica oltre la quale i nuclei familiari non usufruirebbero di alcuna deduzione, pagando l’aliquota per intero. Invece, nuclei familiari al di sotto di tale soglia unica, usufruendo delle deduzioni fisse, pagherebbero un’aliquota ridotta oppure nessuna aliquota (no tax area).
I possibili vantaggi
Innanzitutto la flat tax introdurrebbe un concetto che appare totalmente estraneo al fisco italiano: la semplicità. È opinione diffusa che un’aliquota più bassa (ad esempio al 15 o al 20%), nonché facilmente applicabile (unicità), potrebbe indurre i contribuenti ad avere un atteggiamento più corretto, disincentivando comportamenti evasivi ed elusivi. In questa prospettiva, si potrebbe pensare ad un’ampia sanatoria fiscale da attuare prima dell’introduzione della nuova aliquota unica. Sicuramente, il fine principale da perseguire sarebbe far ripartire i consumi, che porterebbero ad un’immediata crescita delle entrate derivanti dall’IVA (Imposta sul valore aggiunto). Il circolo virtuoso comprenderebbe anche un aumento della produzione e quindi l’aumento di nuove assunzioni, con il consecutivo calo della disoccupazione. Se aumentano i lavoratori e l’economia ritorna a crescere, aumenta anche la base imponibile dei contribuenti. Vantaggi analoghi sono auspicabili anche con un abbassamento dell’aliquota unica attualmente applicata per le società di capitali. Infine, la flat tax disincentiverebbe comportamenti come il frazionamento del reddito tra i componenti di una stessa famiglia al fine di ridurne il carico fiscale (splitting tributario), la costituzione di trust o l’utilizzo d’intestazioni societarie, nonché altri vari “trucchetti” escogitati per evitare la progressività dell’aliquota personale.
Criticità
A rendere difficile l’introduzione della flat tax non ci sarebbe solamente il dubbio dell’incostituzionalità. Il nodo più difficile da sciogliere riguarda soprattutto la sostenibilità della tassa per la nostra finanza pubblica. Infatti, è bene ritenere che se questo sistema fosse introdotto con lo scopo di sostenere la crescita economica, bisognerebbe introdurlo in deficit. Ma l’economia potrebbe aver bisogno di tempo per ripartire e questo rappresenterebbe sicuramente un rischio molto grosso in un Paese già gravato da un enorme debito pubblico (133% del PIL) e incapace di riformare in maniera strutturale la propria spesa pubblica. Inoltre, non dobbiamo dimenticare un criterio fondamentale della nostra IRPEF: la personalità dell’imposta. La finalità di questo criterio è quella di garantire l’uguaglianza sostanziale della persona all’interno del sistema tributario e il suo pieno sviluppo individuale, mentre un’aliquota unica con una deduzione fissa potrebbe non cogliere moltissime sfumature, le quali trovano attualmente una risposta nel sistema in vigore.
La giungla delle tax expenditures (spese mediante imposte)
Quante sono le deduzioni, le detrazioni e le agevolazioni di vario tipo (per farmaci, ristrutturazioni, scuole etc.) attualmente in vigore nel nostro Paese? Non possiamo dirlo con certezza. Nel 2016 la Corte dei Conti ne ha contate ben 799, per un valore di 313mrd. Sono queste, sacrosante per alcuni e inutili per altri, a generare un marasma tributario. L’applicazione di un’aliquota fiscale unica entro il 20% dovrebbe implicare una significativa deforestazione per questa giungla. Difatti, specialmente per la classe media, è necessario fare un calcolo ponderato dell’impatto che hanno oggi le detrazioni sui portafogli delle famiglie italiane.