Emmanuel Macron, eletto Presidente dai francesi lo scorso 7 Maggio, ha vinto con il 65,8% dei voti. Questo andamento si conferma anche dopo il primo turno delle legislative, in cui “La République En Marche!” ha raggiunto il 32,90% dei consensi. La retorica di Macron è lontana da quella dei politici di professione.
La Francia ha registrato il più basso tasso di disoccupazione dallo scoppio della crisi, arrivando al 9,6%. Ciononostante, la disoccupazione giovanile rimane un problema non da poco, attestandosi al 21,9%, la sesta più alta nell’UE. Le prospettive di crescita del PIL, in ogni caso, sono viste al rialzo dell’1.4% dalla Commissione europea, di poco sotto la media continentale dell’1,6%.
In campagna elettorale Macron ha illustrato una serie di riforme molto corpose. Oltre a quelle legate all’Unione Europea – maggiore integrazione fiscale, con un ministro unico delle finanze, il completamento dell’unione bancaria ed un budget dell’eurozona – anche quelle interne alla Francia sono di ampio raggio ed hanno come prospettiva il lungo periodo. Il Presidente intende ridurre l’incidenza della spesa pubblica sul PIL del 3%, attraverso una spending review da 60 miliardi, soldi che saranno destinati a finanziare la formazione di giovani e disoccupati, la transizione energetica ed ecologica, la sanità ed il digitale. Inoltre, la tassazione per le aziende scenderà dal 33,3 al 25% e verrà favorita la contrattazione a livello decentrato. Macron, consapevole del suo ruolo e del risalto che ne può derivare, vuole porre al centro la Francia e l’Europa come luogo in cui fare impresa ed in cui il capitale umano ha grande importanza.
Se Boris Johnson, ministro degli Esteri di sua Maestà e tra i più attivi sostenitori della Brexit, afferma che ‹‹Londra è la sesta più grande città francese del Mondo››, è comunque nota la massiccia presenza di lavoratori e studenti francesi oltremanica, quantificata intorno alle 300.000 persone.
Ed è per questo che Macron, nel discorso a Londra del 21 Febbraio, non nasconde la volontà di riportare in patria i talenti che hanno preferito trasferirsi altrove
‹‹Il nostro interesse è anche quello di attrarre valori aggiunti in Francia, di tornare a fare impresa, innovare, cercare, creare, insegnare in Francia››.
Un messaggio che Macron vuole rendere ancora più chiaro
‹‹Abbiamo bisogno di attrarre i talenti. D’attrarre quelli che rappresentano il presente e il futuro. Di permettere a quelli che hanno voglia di creare, di fare impresa e di lavorare, di farlo in Francia››.
Oltre a voler dare, quindi, la possibilità a chi è francese di esprimersi in Francia anziché a Londra, la volontà implicita di Macron è fare di Parigi la nuova City, dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
Secondo uno studio del Cebr, il Centre for Economics & Business Research, il solo settore dei servizi britannico perderà fino a 36 miliardi di sterline (41 miliardi di euro) all’anno a causa dell’uscita dal mercato unico. Considerando che i servizi rappresentano l’80% del PIL britannico e che 124 miliardi di sterline (143 miliardi di euro) vengono da Londra, si può immaginare quale possa essere l’impatto della Brexit sul lungo periodo. A questo proposito, Peter Ricketts, ambasciatore britannico a Parigi dal 2012 al 2016, non è scettico riguardo la possibilità che diversi posti di lavoro si sposteranno da Londra a Parigi. Per Octavio Marenzi, amministratore delegato di Opimas, società di consulenza finanziaria,
‹‹Macron abbasserà le tasse per le imprese e creerà incentivi ad investire sulle aziende. Questo renderà Parigi un magnete in grado di strappare gli affari da Londra››.
HSBC, UBS, JPMorgan, Goldman Sachs ed altri grossi enti finanziari hanno in effetti già dichiarato che intendono lasciare Londra.
Come fatto presente dal Sole24 ore,
‹‹per l’immediato futuro, si segnala già un considerevole spostamento dei flussi dei capitali internazionali dal Regno Unito verso il resto d’Europa. MSCI fa sapere che finora quest’anno le azioni nella zona euro hanno guadagnato in dollari circa il 18%, il doppio del Regno Unito. A spiegare in buona parte questo fenomeno contribuiscono una sorprendente forza economica europea abbinata a una minore incertezza politica all’indomani dell’elezione in Francia del presidente Macron e della sconfitta dell’alternativa populista di estrema destra nei Paesi Bassi››.
I mercati, si sa, apprezzano la stabilità e in questo momento, sia per la Brexit che per le recenti elezioni politiche in Gran Bretagna, preferiscono stabilité a stability.