Qualche mese si è concretizzata la fusione che ha dato vita ad uno dei più grandi fondi europei del risparmio gestito. Si tratta della fusione tra Aberdeen Asset Management e Standard Life. L’operazione cambierà totalmente i connotati ad un uno dei due soggetti, Standard Life, che andrà a ridimensionare il settore assicurativo per tuffarsi in quello dell’asset management. Il settore è sicuramente uno dei più competitivi e per avere successo bisogna essere grandi, in quanto nello stesso operano colossi come Vanguard e per alcuni aspetti anche Blackrock. Negli ultimi tempi le fusioni nel settore del risparmio gestito non sono state poche, spinte dagli alti costi che l’industria deve affrontare, e allo stesso tempo stanno via via aumentando le gestioni passive. I dati raccolti da Morningstar sottolineano che dei 533 miliardi di dollari di raccolta netta acquisiti dai fondi comuni e dagli Etf, più della metà – almeno 289 miliardi – siano andati ai leader del settore.
La fusione: il nuovo organigramma e i numeri
Il nuovo fondo Standard Aberdeen avrà sede ad Edimburgo ed occuperà 9 mila persone ricevendo in gestione 660 miliardi di sterline e andando così a piazzarsi secondo tra le big d’Europa. L’operazione può essere definita come una fusione-acquisizione, in quanto Standard Life, guidata dal CEO Keith Skeoch, ha acquisito il 66,7% del nuovo gruppo, mentre il restante 33,3% (0,757 azioni per ogni titolo) è stato distribuito ad Aberdeen. Standard Aberdeen ha nominato un doppio CEO utilizzando le figure attuali dei due fondi: il primo è il già citato Skeoch, il secondo è Martin Gilbert di Aberdeen. La presidenza del neo fondo di Edimburgo è andata a Gerry Grimstone, ex presidente di Standard Life, mentre il ruolo di vice è stato assegnato al suo pari di Aberdeen, Simon Troughton. I due gruppi hanno di fatto creato uno dei maggiori asset manager britannici, con un valore di mercato di circa 11 miliardi di sterline (12,7 miliardi di euro), stimato grazie alle capitalizzazioni di Standard Life (7,5 miliardi di sterline) e Aberdeen (3,5 miliardi). La necessità che ha portato a questa fusione è stata essenzialmente il contenimento dei costi. Infatti se Standard Life ha chiuso l’esercizio con un utile operativo di 723 milioni di sterline, Aberdeen non può di certo dire la stessa cosa, avendo chiuso il bilancio 2016 con un utile ante imposte pari a 350 milioni. La fusione delle attività di entrambi dovrebbe aggiungere almeno 200 milioni di sterline grazie alle sinergie create. L’unione di queste due grandi realtà farà sicuramente scuola per eventuali fusioni successive, come mostrato ad esempio dall’accordo di 6 miliardi fra Jenus Capital e Henderson Global.
Gli obiettivi del nuovo punto
La logica dietro la fusione tra Standard Life e Aberdeen sembra quindi ben chiara: nell’era della Brexit nasce un fondo di servizi finanziari tutto scozzese, in un paese in cui l’idea dell’uscita dalla Ue non è stata ben digerita. In una lettera agli azionisti di Aberdeen, Martin Gilbert ha spiegato in sette punti in cosa consisterà l’operazione conclusa:
- Creare il più grande asset manager nel Regno Unito e uno dei principali a livello globale attraverso un’offerta di prodotti divisi in cinque asset class;
- migliorare l’offerta per i clienti, unendo capacità e forze di investimento complementari;
- realizzare la copertura e il servizio clienti mediante la combinazione di capacità di distribuzione altamente complementari, con un’impronta globale rafforzata da un portafoglio unico di alleanze strategiche;
- migliorare la resilienza attraverso la creazione di un business altamente diversificato per raccolta, asset class, aree geografiche, canali di distribuzione e clienti;
- prevedere un aumento materiale degli EPS grazie al miglioramento dell’efficienza operativa e il rispetto dei limiti stabiliti per i significativi costi di sinergia;
- trarre vantaggi da un solido bilancio combinato con importanti flussi di cassa per sostenere l’investimento continuo nel business e offrire ritorni attraenti agli azionisti, assieme a una politica di dividendi progressiva.
Si stima che la consulenza legale per lo sviluppo dell’operazione sia costata 74 milioni di sterline per entrambe le società, se però si aggiungono tutti i costi derivati si arriva a 320 milioni.