Come si muovono i prezzi sul mercato? Seguono uno schema preciso, oppure sono imprevedibili? I fautori dell’efficienza dei mercati finanziari rispondono sostenendo che i prezzi dei titoli seguono un percorso casuale, un “random walk” (letteralmente una “passeggiata casuale”) esattamente come una persona ubriaca che tenta di trovare la strada di ritorno per la propria casa.
In realtà, questo è un argomento molto dibattuto, perché schierarsi tra i sostenitori di questa teoria vorrebbe dire anche ammettere implicitamente la totale inefficacia dell’analisi tecnica come metodologia di trading. Infatti, se i prezzi si muovessero in modo del tutto casuale, sarebbe impossibile per definizione prevederne l’evoluzione in base ai dati del passato, o al ripetersi di specifici patterns (schemi), poiché privi di qualsiasi legame o correlazione con i futuri prezzi.
Il concetto chiave di “efficienza”
Prima di affrontare nello specifico la teoria, e le sue conseguenze, è bene sottolineare quali sono i presupposti teorici in cui affonda le radici. Di primaria importanza è il ruolo del concetto di efficienza dei mercati finanziari. È opportuno però fare un primo distinguo in relazione a tale concetto, in quanto si possono trovare ben 3 diverse definizioni di efficienza, in relazione al grado di “trasparenza” che il mercato presenta:
- Efficienza in forma debole: afferma che le informazioni storiche, ossia passate, sono già incorporate nel prezzo del titolo di un’azienda.
- Efficienza in forma semi-forte: asserisce che ogni nuova informazione resa di dominio pubblico viene istantaneamente prezzata nel titolo di riferimento, ossia il prezzo si “aggiusterà” in relazione all’interpretazione che il mercato dà della notizia (positiva-rialzista oppure negativa-ribassista) in maniera istantanea alla sua diffusione.
- Efficienza in forma forte: secondo questa formulazione ogni informazione, anche se ancora non divulgata al pubblico, è già prezzata. Ciò implica che tutte le informazioni di cui solo il management o chi lavora per l’azienda può essere a conoscenza, sono in realtà già scontate nel prezzo dell’azione, e che dunque addirittura l’insider trading non consentirebbe di fare profitti.
Storicamente, nel mercato si è osservata una efficienza prevalentemente in forma debole, anche se, con l’avvento delle nuove tecnologie e di un mondo sempre più interconnesso, si sta pian piano diffondendo una forma semi-forte nei mercati. Ad ogni modo, come è facile intuire, la sola forma debole dell’efficienza è sufficiente per sostenere l’inefficacia dell’analisi tecnica, ed è infatti proprio da questa che la Random Walk Theory prende le mosse.
La teoria del Random Walk
La teoria del Random Walk ha avuto grande diffusione dagli anni Sessanta quando Eugene Fama pubblicò nel 1965 il suo articolo “Random Walks In Stock Market Prices“. In questo articolo Fama di fatto si interroga sull’esistenza o meno di una correlazione tra i prezzi nel tempo, ossia sull’esistenza di un legame tra prezzi passati e futuri che, se individuato, potesse dunque consentire una qualche previsione, come sperato dagli analisti tecnici. Egli dunque prese un campione storico di dati e li sottopose ad un’analisi statistica, giungendo alla conclusione che il mercato fosse privo di quella correlazione ricercata, e che dunque vi fosse indipendenza seriale tra i prezzi delle azioni. Ciò si sposa perfettamente con la teoria dei mercati efficienti, anche solo in forma debole, in quanto, se tutte le informazioni storiche sono già state prezzate dal mercato, vuol dire che
“i prezzi dei titoli rispecchiano accuratamente tutte le informazioni disponibili in ogni momento, e dunque i mercati finanziari sono sempre correttamente valutati sulla base di ciò che è pubblicamente noto. Dunque, i movimenti imprevedibili dei prezzi risultano tali solo perché si verificano soltanto in risposta a informazioni autentiche che, proprio perché nuove, sono di per sé imprevedibili.”[1]
I risvolti pratici
Il cuore della teoria risiede nel fatto che, poiché i prezzi sono continuamente in equilibrio rispetto alle informazioni passate, essi si muovono esclusivamente in corrispondenza di nuove informazioni rese note sul mercato. Queste nuove informazioni sono per loro natura irregolari, generando quindi un movimento aleatorio e casuale dei prezzi. Uno dei risvolti più eclatanti è la conseguente inutilità dell’analisi tecnica, la quale trova ragion d’esistere in una presunta correlazione storica tra i prezzi dei titoli. Non pochi investitori però, oltre agli analisti tecnici, stentano a credere alla totale casualità del movimento dei prezzi. Se così fosse anche l’analisi fondamentale, ossia l’analisi che si prefigge di stimare il cosiddetto valore intrinseco di un titolo, diverrebbe priva di valore. Lo stesso Buffett, il quale utilizza questo approccio denominato value investing, critica l’idea di un mercato in cui, essendo tutto correttamente in equilibrio, risulta impossibile, se non con una buona dose di fortuna, fare profitti in modo sistematico. Per saperne di più riguardo Buffett e la razionalità dei mercati clicca qui. Tuttavia, se la Random Walk Theory da una parte si pone in una posizione diametralmente opposta all’analisi tecnica, dall’altra questo non è vero per l’analisi fondamentale: in un contesto di random walk market è ammissibile la possibilità di trovare titoli sovra o sottoquotati. Questo è vero solamente però quando l’analisi dei fondamentali, la quale ha portato a tale conclusione, sia stata condotta sulla base di nuove informazioni o di “insights” (ossia considerazioni, punti di vista) concernenti gli effetti delle informazioni disponibili che non sono stati adeguatamente presi in considerazione dal mercato. In altre parole, potremmo dire che l’analisi fondamentale è compatibile con il modello del random walk solamente quando l’investitore è sistematicamente “più razionale” del mercato, ossia riesce consistentemente nel tempo a dare un’interpretazione ai dati disponibili più accurata, precisa e, in ultima istanza, veritiera.
[1] “Euforia Irrazionale” R.Shiller p.239, ilMulino