Nel 2014 gli Emirati Arabi Uniti sono stati promossi da mercati di frontiera a mercati emergenti. Per quanto riguarda la facilità di fare affari sono al 23esimo posto su 189 Paesi. Le imposte sul reddito sono nulle e gli utili non vengono tassati. La valuta di questo stato è ancorata al dollaro, non rimanendo esposta al rischio dovuto alle variazioni della moneta americana. Si può dedurre da queste prime considerazioni che è un Paese molto appetibile per gli investitori.
La ricchezza primordiale
Molte volte, nel momento in cui vengono scoperte le materie prime in un Paese non avanzato, avviene un fenomeno definito come “maledizione delle risorse”, quando il sistema produttivo si concentra quasi esclusivamente sul settore ad esse legato trascurando i fattori di crescita di lungo periodo, determinando di fatto la condanna della nazione. Non è però il caso dell’Emirato mediorientale: da quando negli anni ’60 vennero scoperti i giacimenti di petrolio il piccolo villaggio di pescatori si trasformò in una città moderna che si espanse sempre più nel deserto fino alle dimensioni odierne. Oggi i suoi cittadini godono di un elevato tenore di vita: il reddito pro-capite si aggira intorno ai 40 mila dollari.
La tendenza di Dubai degli ultimi anni è quella di diversificare gli investimenti il più possibile dal petrolio, che ad oggi incide per il 22% sull’economia. In questo modo si vuole dare maggiore stabilità macroeconomica all’Emirato e ridurre la volatilità di lungo periodo, riducendo il rischio dovuto alle variazioni dei prezzi del greggio. La presenza di Emirates e Etihad, due delle compagnie aeree più importanti del mondo, sta avendo un ruolo essenziale: l’economia di Dubai vuole espandersi nei servizi rafforzando il ruolo del turismo ed il settore finanziario, commerciale e immobiliare. Diverse società finanziarie hanno approfittato della free zone degli Emirati per spostarvi la propria sede, anche e soprattutto per beneficiare della totale riservatezza delle banche locali nei confronti dei Paesi stranieri.
Esposizione Universale, una miniera d’oro
A Dubai si svolgerà l’Esposizione Universale del 2020 (Expo 2020), che sarà incentrata sull’intelligenza umana per la sostenibilità dell’ambiente e delle risorse del pianeta. Agli emiri è sembrata un’ottima occasione per investire nelle infrastrutture legate alle rinnovabili: nel 2016 doveva essere terminata la costruzione di Masdar City, la città a emissioni zero alimentata solamente dall’energia solare; questo progetto in particolare non si riuscirà a completare entro la data dell’Expo e quindi slitterà. Ci sono però altri 400 progetti di energia rinnovabile, per un valore complessivo di 64 miliardi di dollari.
In vista dell’evento sarà costruito un nuovo aeroporto che potrà sostenere un traffico di 120 milioni di passeggeri all’anno, poco meno di quello complessivo di tutti gli aeroporti italiani. Questo per consegnare al Paese un aeroporto in grado di gestire il turismo con le due compagnie aeree nazionali che renderanno le tratte maggiormente competitive.
L’Expo avrà un villaggio con 1500 stanze d’albergo per i visitatori e inoltre ci sarà il Dubai South, una nuova “città della felicità” grande quanto Napoli dove i possessori del biglietto Expo potranno alloggiare.
È stato firmato un accordo per la costruzione di Hyperloop, progetto ideato da Elon Musk che prevede la costruzione di una rete ferroviaria iperveloce che partirà da Dubai e sarà in grado di raggiungere Abu Dhabi (157 chilometri) in 12 minuti e Rihad (1100 chilometri) in 48. In un certo senso Dubai si troverà a soli 12 minuti dal polo distaccato del Louvre, inaugurato lo scorso 11 novembre ad Abu Dhabi. Il costo di Hyperloop dovrebbe aggirarsi tra i 10 e i 20 milioni di euro al chilometro.
A cavallo del nuovo millennio fu costruito a Dubai il Burj Khalifa, edificio con 163 piani che al momento è il più alto del mondo ma, in occasione dell’Expo, verrà superato da The Tower, progettata da Santiago Calatrava, il cui costo stimato si aggira intorno al miliardo di dollari.
Sarebbero sufficienti queste novità per rimanere impressionati dalla programmazione in grande dell’Emirato. Ma non finisce qui, il piano di sviluppo prevede la costruzione di Aladdin City, una mini-città di case e centri commerciali sull’acqua ispirata alle favole di Aladino e Sinbad. Verrà realizzata “The Frame”, struttura composta da due torri alte 150 metri e un ponte di 93 metri con caffè e belvedere panoramico dal costo di quasi 44 milioni.
Verrà edificato il centro commerciale più grande del mondo, avrà le dimensioni di una cittadina con 80 alberghi all’interno e temperatura controllata. Senza dimenticare che è già presente il Burj Al Arab, l’hotel a sette stelle costruito nel 2003.
Infine Dubai ambisce a diventare un polo per il turismo sanitario, con investimenti vicini a 20 miliardi di dollari per costruire una città della salute con cliniche, ospedali, centri di ricerca, palestre riabilitative e spa.
La maggior parte di questi progetti avrebbe dovuto essere inaugurata nel 2019, ma è una corsa contro il tempo in quanto, fino a due anni fa, soltanto due appalti erano stati assegnati, anche se con il potere finanziario degli emiri sembra alquanto improbabile che altri progetti oltre alla Masdar City non vengano ultimati entro il 20 ottobre 2020, la data d’inizio della mostra universale.
Ostacoli da superare
Ad oggi gli Emirati Arabi Uniti continuano a rivedere al ribasso le proprie stime di crescita economica a causa del petrolio Brent al di sotto della soglia dei 55 dollari al barile, valore ipotizzato affinché si abbia un livello di crescita soddisfacente; la difficile condizione geopolitica della regione destabilizza la situazione interna; infine le condizioni finanziarie peggiorano per via della bassa credibilità fiscale e la scarsità di controlli sulle passività delle società parastatali. Questi sono al momento i principali ostacoli ad una crescita duratura nel lungo periodo.