L’intensificarsi del conflitto in Bosnia, tra il 1992 e il 1995, fu un humus ideale per la crescita di un prospero mercato illegale di armamenti.
L’esercito Serbo comprò, in quel periodo, grosse quantità di materiale bellico di contrabbando, proveniente dai depositi sovietici. Diversi ex membri dell’esercito sovietico avevano creato società fittizie, al fine di coprire il traffico di armi con le forze militari e paramilitari serbe. Il giro d’affari era di centinaia di milioni di dollari, in esso era coinvolta la mafia russa, i cristiano-maroniti libanesi, i circoli copti egiziani, il regime iracheno dell’allora dittatore Saddam Hussein, quello di Damasco e la Corea del Nord. Si aggiungono, inoltre, aziende private tedesche, britanniche, forze di destra del Sudafrica e lo Stato di Israele.
I Croati si rifornivano via mare, grazie al supporto della allora neonata marina mercantile della Bolivia e del Sudafrica. I loro principali fornitori erano soprattutto Austria, Ungheria, Italia e diversi paesi nati dalla dissoluzione dell’URSS. In particolare, dalla Germania arrivarono diversi carri armati Leopard.
I Bosniaci ricevettero il supporto iraniano e dei paesi arabi come l’Arabia Saudita, la Malesia, il Pakistan ed il Brunei. In seguito si aggiungerà anche la Turchia, che addestrò gli ufficiali dell’esercito bosniaco di Sarajevo ed inviò consulenti strategici, che parteciparono attivamente ai piani di bombardamento delle postazioni d’artiglieria serbe.
Vienna, quartier generale dello smistamento
Quasi tutti i traffici di armi legati alla guerra yugoslava passavano per la Capitale dell’Austria. Le transazioni finanziarie venivano eseguite da una banca ungherese, dove si utilizzavano come prestanome diverse compagnie registrate a Panama. A fronte di un così fiorente mercato illegale, sia Londra che Berlino iniziarono a spedire equipaggiamenti militari e concessero prestiti alle fazioni in guerra. Anche Ucraina, Romania e Bulgaria, più avanti, invieranno armi alle forze combattenti. Zdenko Cepic, ricercatore dell’istituto di Storia Contemporanea di Lubiana ed esperto dei conflitti balcanici, osserva che in quel periodo
“Questo tipo di commercio illegale ha permesso ad alcuni individui di accumulare una ricchezza immensa”
Diversi file desecretati hanno rivelato l’immensa rete del traffico di armi che coinvolgeva il conflitto jugoslavo. Grandi quantità materiale bellico russo vennero vendute tramite intermediari anonimi, nonostante l’embargo imposto dalle Nazioni Unite. Al vertice della rete c’era, si scoprirà, un cittadino greco che ha operato tra il 1991 e il 1992 a Vienna, Konstantin Dafermos.
La Scorpion
La Herman C.Boye giunse in Slovenia nel 1991, con un carico di armi che comprendevano fucili d’assalto, missili anti-aerei e missili anti-carro. Il carico aveva un valore pari a 7,8 milioni di marchi tedeschi d’allora, pari a 4,3 milioni di dollari statunitensi. La spedizione era a carico della Kintex, una compagnia statale bulgara, mentre l’intermediario dell’affare fu la Stalleker GmbH, società austriaca con sede a Vienna. Intanto, l’azienda britannica Racal inviò in Slovenia moderne strumentazioni radio per uso militare, in articolare per la criptazione di messaggi. L’affare portò nelle casse dell’azienda inglese circa 5 milioni di sterline d’allora. In questo contesto entrò in gioco anche il trafficante d’armi ellenico, Konstantin Dafermos, e la sua azienda, la Scorpion.
La Scorpion International Services S.A sulla cata era una società militare russa registrata a Panama e con uffici nei pressi dell’aeroporto della capitale austriaca. In poco tempo, la Scorpion divenne il principale canale per far arrivare materiale bellico ed armamenti in Jugoslavia. Analizzando i bilanci della Scorpion, si scoprì che l’azienda aveva ricevuto più di 80 milioni di dollari da clienti sloveni, croati e bosniaci. Inoltre, circa 19 milioni di dollari erano stati trasferiti sul conto del direttore della Cenrex, compagnia statale polacca, Jerzy Dembowsky, che si nascondeva dietro il nome in codice “Virakocza“. I bollettini bancari rivelarono che circa 60 milioni di dollari venivano trasferiti sul conto di Dafermos. Di questi, 40 milioni transitavano a loro volta su altri conti appartenenti ad altri venditori ed aziende.
La Rete viene sgominata ma i colpevoli assolti
Quando la rete del traffico di armi venne scoperta, il processo si svolse a Torino. Secondo gli inquirenti Dafermos era sia il capo che la mente delle operazioni. Oltre al greco, tra i principali imputati figuravano diversi oligarchi russi, fra cui in particolare Alexander Zhukov, il banchiere britannico Mark Garber e Yevgeny Marchuk, ex Primo ministro Ucraino ed ex capo della polizia segreta sovietica del suo paese. Il processo si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati.
La Scorpion (e Dafermos) oggi
Oggi, la Scorpion International Services rappresenta la Rosoboronexport, compagnia di stato russa esportatrice di armi e Dafermos dirige ancora l’azienda dall’Austria. La società gestisce in appalto le forniture belliche di Mosca e la sede è nella zona clou della Capitale austriaca, tra l’Albertina e l’Opera Viennese.