150 miliardi di euro. Questa è la cifra che la “Mafia S.p.A” guadagna ogni anno da tutte le attività criminali di cui essa si occupa. Dallo spaccio alle estorsioni, dal riciclaggio alla corruzione, la mafia, analizzata nell’insieme di tutte le reti criminali che imperversano sul nostro Paese, coordina un giro di affari tale da far letteralmente invidia a decine di nazioni. Inoltre importanti analisi effettuate in maniera costante nell’ultimo decennio hanno dimostrato che la mafia non solo non conosce crisi, ma al contrario si espande, diventando una realtà economica sempre più importante all’interno dello Stato stesso. Ma quali sono le ragioni di questa incalcolabile ricchezza? Com’è possibile che, nonostante i sempre più accurati strumenti di contrasto, la malavita organizzata riesca ad avere un bacino finanziario così ampio e potente?
Per cercare una risposta a questi interrogativi è necessario porre una duplice premessa. La prima è legata alla difficoltà nel reperire i reali dati che descrivono l’economia delle associazioni criminali: ogni stima viene realizzata sulla base delle informazioni materialmente raccolte dalle Forze dell’Ordine e dai vari organi competenti, ma i veri numeri potrebbero essere molto maggiori. La seconda riguarda la questione per cui vi sono settori economici che non necessariamente fanno parte della pura mafia, ma che più o meno direttamente ne entrano in contatto, ampliando la cosiddetta “zona grigia”.
Un problema poco percepito
Una volta determinato quanto grande sia il giro di affari di cui stiamo parlando, è bene cominciare il discorso analizzando il centro di propagazione di questa ampia e complessa realtà criminale; sebbene ancora oggi viga la credenza secondo cui le mafie sarebbero un problema esclusivamente del Sud, nato e radicalizzato lì e mai entrato in contatto con il Nord, è di vitale importanza riconoscere quanto invece anche le regioni più settentrionali d’Italia convivano quotidianamente con le associazioni criminali e quanto forte sia il legame tra queste ultime e lo Stato. La ragione per cui questa collusione funziona è dovuta al fatto che la mafia è sempre riuscita a penetrare laddove lo Stato non riusciva ad arrivare; la metafora più comunemente usata per descrivere il sistema attraverso cui la criminalità organizzata si è radicata al Nord è quella di un potente parassita che ha trovato un organismo totalmente sprovvisto dei giusti anticorpi per proteggersi.
I fulcri dell’impero mafioso non sono più quei tetri bassifondi dei piccoli paesi meridionali, ma le grandi città come Milano, Roma, Bergamo, Palermo, Napoli e così via in un lungo elenco che raccoglie realtà molto diverse tra loro, proprio perché la mafia si struttura diversamente a seconda del luogo su cui vuole mettere le mani: vi sono città in cui la criminalità organizzata si fa forte del proprio nome e quindi non cerca minimamente di nascondersi, ve ne sono altre, invece, in cui il silenzio è proprio la chiave perfetta per tessere le trame in assoluta tranquillità. Quest’ultimo passaggio è quello che molto più di altri ci consente di capire come le mafie e lo Stato interagiscano.
Il riciclaggio di denaro
Il reddito illegale prodotto dalle associazioni criminali viene nella stragrande maggioranza dei casi investito in beni mobili, immobili e aziendali (quelli confiscati, perché acquistati con denaro sporco, ad oggi ammontano a 17577 immobili e 866 aziende) così da consentire l’operazione più complessa dell’intero sistema criminale: il riciclaggio.
Il riciclaggio è la pietra miliare dell’intero sistema mafioso poiché permette a tutto quel denaro ottenuto tramite vie illecite di rientrare nel sistema e di poter essere sfruttato al pari della moneta fresca di conio. Questo stratagemma viene attuato in diversi modi; la compravendita di beni è uno dei più noti, ma un altro assai importante consiste nello sfruttare i casinò, i quali talvolta si pongono pochi scrupoli sulla reale provenienza del contante ed arrivano a collaborare attivamente con le associazioni mafiose.
Oltre che a generare risorse pulite, il riciclaggio garantisce anche una sorta di ponte tra la criminalità organizzata e la società civile: ciò è dovuto al fatto che spesso il denaro sporco viene offerto come segno di amicizia, cosicché venga reinvestito e possa essere poi richiesto indietro pulito (la cifra può essersi anche ridotta, non è importante, conta solo che tale denaro possa essere riutilizzato).
Le operazioni simili a quella sopracitata vengono ormai segnalate quotidianamente all’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia: tra il 2009 e il 2013 l’incremento è stato del 212% ed il 60% di queste manovre è localizzato in Lombardia, più precisamente a Milano. Il capoluogo lombardo è ormai considerato la capitale italiana della finanza criminale. L’economia di Mafiopoli entra in contatto con quella dello Stato ormai continuamente; stime accurate dimostrano che il 10% del PIL nazionale è frutto dei proventi illegali della criminalità organizzata.
La corruzione
Il tema del denaro, chiave di volta dell’intero sistema malavitoso, porta però necessariamente a trattare anche la spinosa questione della corruzione. L’agenzia di ranking Transparency International nel 2016 ha posizionato l’Italia al sessantesimo posto nella classifica mondiale per livello di corruzione; il nostro Paese si colloca sotto Cuba, Rwanda ed Ungheria e di poco sopra all’Arabia Saudita. Questo allarmante messaggio dovrebbe far riflettere sulle vere cause dell’incapacità di progredire di alcune zone del Paese e sul fatto che alla base della poca competitività italiana, di cui tanti si lamentano, vi sia un sistema preorganizzato di fondo su cui è difficilissimo intervenire, spesso anche a causa di un immobilismo voluto da chi da tale sistema trae beneficio. Il problema principale che si origina con la corruzione è la totale mancanza di fiducia nelle istituzioni da parte delle persone. Un governo con delle istituzioni deboli sarà più facilmente assoggettabile e manipolabile, e chi, se non la “Mafia S.p.A”, potrà trarre i maggiori benefici da una situazione di questo tipo?