Secondo la Banca Centrale di Seoul, il PIL di Pyongyang è cresciuto del 3,9 % nel 2016. Questo nonostante negli anni precedenti il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha
imposto pesanti sanzioni economiche al regime totalitario della Corea del Nord, fra le quali in particolare:
- Embargo sulla vendita di materiale bellico
- Limitazioni alla Corea del Nord di trasferire denaro fuori dal paese
- L’espulsione totale di Pyongyang dal sistema finanziario globale
- Il divieto di esportare materie prime come il Carbone e il ferro.
Pyongyang, a dispetto delle sanzioni, trova nella Cina il principale partner. Anche se Pechino ha approvato in via ufficiale le iniziative internazionali contro il regime, le relazioni economiche tra le due nazioni non si sono mai interrotte davvero, permettendo al regime dei Kim di mantenere in vita il proprio sistema economico. I rapporti Cina-Corea del nord, riguardanti gli scambi commerciali, sono difficili da analizzare per via della loro “invisibilità” dalle statistiche internazionali.
Le colonne portanti della Corea del Nord ed il settore privato sommerso
I settori che hanno subito il maggiore sviluppo sono quello agricolo ed ittico, che si stima siano cresciuti nella produzione del 2,5%. Ad essere degna di nota è anche l’Industria mineraria, che è cresciuta dell’8,4%. Si è osservato, inoltre, un incremento del 22,3% nel settore energetico, grazie alla produzione di energia termica ed idroelettrica. Secondo Ian Lankov, autore del libro The Resurgence of a Market Economy in North Korea, il regime di Kim Jong Un ha sempre negato l’esistenza di aziende private sotterranee ma, secondo fonti di Seoul, queste non solo sono presenti ma rappresenterebbero quasi la metà del PIL nazionale.
La Cina è con Pyongyang
Sanzioni ONU e minaccce da parte degli USA non hanno intaccato le relazioni commerciali sino-nordcoreane. Gli scambi che legano Pechino e Pyongyang sono soprattutto sul settore del tessile. La Cina esporta in Corea del Nord materie prime grezze, queste vengono lavorate per poi essere rimandate indietro attraverso l’utilizzo della ferrovia che collega i due paesi, costruita su iniziativa di Pechino. I prodotti vengono distribuiti con la famosa etichetta “made in China”. Questo non solo aggira le sanzioni ma evita che si venga a scoprire la provenienza del prodotto immesso nel mercato globale.
Le attività illegali di Pyongyang
Secondo il Washington Post, il dittatore Kim Jong Un vuole far credere che la Corea del Nord sia indipendente dalle esportazioni di Carbone e dalle importazioni di Petrolio, materie interessate dalle sanzioni internazionali, e che Pyongyang stia sviluppando interessi verso settori sommersi ed illegali, come il traffico di armi, la produzione e la vendita di droghe illegali e cyberattacchi ad istituzioni bancarie. Secondo un rapporto di FireEye, Pyongyang, attraverso le sue unita di hacker, ha deciso di appropriarsi di grandi quantità di Bitcoin per aggirare le sanzioni. Gli Hacker nordcoreani, secondo il rapporto di FireEye, hanno attaccato tra maggio e luglio del 2017 diverse banche virtuali per accaparrarsi la moneta digitale. Inoltre, con il virus denominato “The Wanna Cry“, la Corea del Nord ha attuato un attacco hacker di massa a computer di tutto il mondo, chiedendo un riscatto in Bitcoin per liberare i PC infetti, raccogliendo un bottino del valore di 140mila$. Per gli esperti la Corea del Nord cerca di aggirare le sanzioni fiscali a cui il regime nordcoreano è sottoposto da parte delle Nazioni Unite. Le attività illegali permettono al regime di sopravvivere alle sanzioni occidentali, ma molti prospettano che un implosione del regime rischierebbe di far collassare il paese e colpirebbe pesantemente le economie asiatiche.