Nell’Ottobre 1983 il Tottenham entrò nel mercato azionario divenendo la prima società di calcio quotata in Borsa. Negli anni successivi, altri club inglesi, Millwall nel ’89 fu la seconda, scelsero la via della quotazione, ampliando e diffondendo il fenomeno in tutta Europa.
Con l’ingresso nei mercati azionari, i manager delle società si prefiggevano l’obiettivo di raccogliere capitali per ripianare i debiti e finanziare progetti di investimento. Nel 2002 si raggiunse il picco massimo, con 36 squadre europee quotate, in particolare inglesi, danesi e turche. Il caso più incredibile fu quello del Manchester United che, entrato nel 1991 alla London Stock Exchange, in poco meno di 10 anni ha visto decuplicare la propria capitalizzazione.
Le performance, però, non per tutti sono risultate redditizie e costanti. L’aumento dei costi e la forte dipendenza dai risultati sportivi portò molti club ad un delisting (se non sai cos’è il delisting clicca qui). Così, nel corso degli anni, il numero delle società quotate iniziò a scendere: 30 nel 2009, 25 nel 2015, fino alle attuali 24, di cui 22 presenti nell’Indice Stoxx Europe Football.
UK | 3 | Manchester U., Arsenal, Celtic |
ITALIA | 3 | Lazio, Roma, Juventus |
TURCHIA | 4 | Trabzonspor,Besiktas,Galatasary,Fenerbahce |
DANIMARCA | 6 | Aalborg BK, Brondby, AGF, Aalborg, Copenaghen, Silkeborg |
SVEZIA | 1 | Aik |
GERMANIA | 1 | Borussia Dortmund |
OLANDA | 1 | Ajax |
FRANCIA | 1 | Lione |
PORTOGALLO | 3 | Porto, Benfica, Sporting Lisbona |
MACEDONIA | 1 | Teteks Tetovo |
In Italia
In Italia la svolta decisiva avvenne nel 1996, quando cambiò la finalità delle società calcistiche, introducendo lo scopo di lucro. La prima a quotarsi fu la Lazio, nel 1998, che, con un prezzo di 11.500 lire (€5,9) ad azione riuscì a raccogliere circa 60 milioni, suddivisi tra il club dell’allora presidente Sergio Cragnotti e la controllante Cirio. Due anni dopo fu il turno della Roma, che entrò a Piazza Affari incassando €71.5 milioni, andati in parte a ripagare i debiti ed in parte alla famiglia Sensi. Infine, il 20 dicembre 2001, fu la volta della Juventus che piazzò un prezzo per azione di €3,55, portando ad un guadagno di 63 milioni per il club, 80 milioni alla controllante della famiglia Agnelli e 5,5 all’AD Antonio Giraudo.
Malgrado i buoni propositi e l’entusiasmo iniziale, tutte e tre le società hanno visto, negli anni seguenti, un crollo vertiginoso del valore azionario, andando a perdere svariati milioni di euro. Le cause possono essere ricondotte ad una iniziale sopravalutazione dei titoli ma, al tempo stesso, anche ai risultati sportivi, con l’assenza di vittorie e di importanti piazzamenti europei. Da considerare anche lo scandalo Calciopoli, che colpì la società bianconera e, seppur in misura minore, anche la Lazio.
2017, anno record per il calcio europeo in Borsa
Se il 2016 è stato l’anno del boom per le squadre turche (Trabzonspor migliore europea) che, grazie ad accordi di sponsorizzazione, sviluppo di nuove infrastrutture e riforme nel campionato hanno visto un rendimento medio del 74,1%, il 2017 è stato l’anno record per le tre società italiane. Il titolo della Juventus ha segnato un +154%, passando da €0,305 a €0,764 per azione e raggiungendo una capitalizzazione di €780 milioni, terza in Europa dietro il Manchester United (€2,4 miliardi) e l’Arsenal (€1,8). Il motivo di tale crescita è da ricondurre ai risultati sportivi, ai diversi contratti di sponsorship messi in atto durante l’anno ed alla solida linea manageriale. Bene anche le romane, +103% per la Lazio e +47% per la Roma.
Ma perché quotarsi in borsa? Leggi la nostra lezione a riguardo.