L’immagine ritrae scene di panico vissute a Vienna il 9 maggio del 1873 durante il venerdì nero del crollo delle borse.
La seconda metà del 1800 fu un periodo di grandi cambiamenti: la nascita dell’Impero tedesco come potenza economica e militare infatti mutò totalmente gli equilibri del vecchio continente, anche a causa di una forte crisi economica che scoppiò nel 1873.
La Grande Depressione del 1873, iniziata a causa del crollo della borsa di Vienna nel maggio dello stesso anno, colpì fortemente il settore agricolo. La crisi in seguito si diffuse negli Stati Uniti d’America, dove portò al fallimento della più grande banca dell’epoca, la Jay Cooke & Company, causando una forte ondata di panico tra i risparmiatori. In pochi mesi ci fu il crollo della produzione industriale americana causata dall’assenza di domanda nel mercato. Dagli USA la crisi colpì nuovamente l’Europa contagiando il Regno Unito, la Francia e la Germania. Si ebbe il crollo del saggio dei prezzi (deflazione) e una crisi di sovrapproduzione; la grande quantità di merci invendute costrinse gli imprenditori a licenziare moltissimi lavoratori del settore industriale.
Questa fase della crisi deflazionaria era stata causata dalla scarsa circolazione monetaria, causata a sua volta dall’entrata in vigore del Gold Standard; contrariamente, nell’Impero Austro-Ungarico e nella Russia zarista si ebbe un forte aumento di circolazione monetaria.
La crisi danneggiò duramente l’agricoltura del vecchio continente. I bassi costi dei prodotti agricoli provenienti dagli USA danneggiarono fortemente il settore primario europeo. Moltissimi produttori agricoli furono obbligati a chiudere innescando un vasto movimento migratorio, diretto verso gli stessi USA, dai paesi meridionali dell’Europa (Italia, Spagna e Irlanda) e dalle isole Britanniche.
Parallelamente moltissimi contadini si trasferirono dalla campagna alla città, si ebbe così un forte sviluppo della popolazione cittadina e l’aumento della disponibilità di manodopera per il settore industriale. La crisi del settore agricolo aprì alla rapida modernizzazione del settore stesso, avviando la specializzazione delle colture in Germania (barbabietole), in Francia (vitivinicoltura) e nel Nord Italia e una evoluzione dal punto di vista capitalistico delle aziende agricole.
Con la crisi del 1873 si ebbe l’ascesa della Germania Imperiale e degli Stati Uniti come nuove potenze mondiali. La guerra Franco-Prussiana vide la Francia sconfitta e costretta a risarcire l’Impero tedesco con 6 miliardi di franchi in oro: il governo di Berlino reinvestì il denaro nel settore siderurgico (la produzione era vertiginosamente aumentata a causa dell’acquisizione dei giacimenti carboniferi dell’Alsazia e della Lorena ); in seguito si ebbe una euforia speculativa sui mercati del settore.
Parallelamente negli USA si era avviata una forte espansione del settore ferroviario e un ingrossamento della bolla finanziaria legata proprio al settore delle ferrovie.
Il settore agricolo
Si vide l’ascesa di nuove potenze agricole come l’Argentina, l’Australia e gli USA. Il crollo dei prezzi e la concorrenza rovinarono migliaia di contadini del vecchio continente e crebbe la dipendenza dell’Europa per i prodotti agricoli extra-europei. Il settore agricolo europeo mutò totalmente: si ebbe una diminuzione degli occupati e l’ agricoltura mondiale venne modificata secondo principi di divisione del lavoro. In alcuni paesi come il Regno Unito l’agricoltura ebbe un ruolo marginale, in altri, invece, si era passato a produzioni redditizie e con un minor utilizzo di manodopera.
In Germania e nel Nord Italia le aziende agricole furono rapidamente convertite seguendo idee capitalistiche per competere con la concorrenza extra-europea.
Il settore industriale
Le industrie producevano molto di più quanto il mercato poteva assorbire provocando così il crollo dei prezzi.
Gli altri fattori che portarono alla crisi sono l’aumento del progresso tecnologico (che favorì l’incremento della produzione di beni); l’industrializzazione di numerosi Paesi e l’ingresso di nuovo attori economici nel mercato internazionale come la Germania e gli Stati Uniti; l’imposizione di salari bassi con una riduzione dei redditi e la conseguente crisi di domanda aggregata. Pesò inoltre l’assenza di una borghesia in grado di compensare sia sul fronte dei consumi sia sulla bassa circolazione monetaria. La crisi delle vendite e il crollo dei prezzi provocò licenziamenti e aumentò la disoccupazione.
Alle tradizionali potenze industriali dell’epoca – Regno Unito, Belgio , Francia – si aggiunsero nuovi Paesi industrializzati come la già citata Germania imperiale e altre nazioni che però ebbero un progresso industriale abbastanza lento: Italia, Russia e Impero del Giappone. Quando si cercò di reagire con ulteriori riduzioni dei salari la situazione peggiorò drasticamente; le repressioni contro il movimento sindacale furono particolarmente violente e i tagli dei salari provocarono nuove cadute dei prezzi e una forte deflazione.
Il PIL delle grandi potenze europee
La depressione ebbe effetti pesanti e non fu solo finanziaria. Negli anni Settanta del 1800 ci fu una generale diminuzione del Prodotto Interno Lordo: in Europa, non solo nel 1870, in connessione col conflitto franco-prussiano (-7%), ma anche nel 1875-1876 (-4% nel biennio) e nel 1879-1880 (-7% sempre nel biennio); mentre negli Stati Uniti ci fu una crescita zero nel 1874-1875.
La crisi non causò invece il crollo del Prodotto Interno Lordo delle potenze industriali: la loro crescita fu solida e forte dal 1873 fino al 1896 (la Germania di Bismarck ebbe una crescita che andò dal 7,2% del 1830 al 26,4% del 1890).
Le conseguenze
Le risposte date dalle imprese per superare la crisi mutarono il volto del sistema economico globale. Gli imprenditori iniziarono ad accettare l’intervento dello Stato.
I governi decisero di innalzare barriere doganali per limitare l’afflusso di merci estere nel proprio mercato e parallelamente lo stato divenne “consumatore” dei prodotti nazionali e pose lo sviluppo industriale come il compito principale della politica economica. La seconda conseguenza fu la creazione di monopoli (trust) legati alle grandi corporation ( le più famose furono la Carnegie Steel Company di Andrew Carnegie, società influente del settore metallurgico, e la Standard Oil, nel settore petrolifero, di Rockefeller).
Si generò tale effetto poiché si voleva diminuire la forte concorrenza e mantenere alti i prezzi e, in seguito, ricevere i finanziamenti statali da poter utilizzare per finanziare la propria società. La crescita delle società di trust causò la crescita delle fabbriche e il rapido aumento degli addetti cambiando profondamente le strutture produttive ed economiche delle nazioni. Mutò inoltre il rapporto Industria-Banca, le imprese che avevano bisogno di capitali per “ristrutturare” attingevano dai fondi del risparmio di massa. Nacque la banca mista che funzionava sia da Banca Commerciale sia da Banca d’Affari.