Il 14 febbraio 2019 Airbus ha annunciato lo stop della produzione del suo velivolo Airbus A380, il cosiddetto “superjumbo”, a partire dal 2021. La decisione è stata confermata dalle parole dell’ex CEO di Airbus, Tom Enders, che ha parlato della <<mancanza di basi per supportarne la produzione>>.
Gli inizi dell’Airbus A380
L’Airbus A380 venne progettato nel 2000 da un team di esperti provenienti da Francia e Germania, i due paesi che ospitano i quartier generali di Airbus (a Tolosa ed Amburgo). Il primo modello venne in seguito presentato ai capi di Stato, ricevendo la benedizione del premier francese Jacques Chirac, che lo definì <<un simbolo di cosa possono fare gli europei quando lavorano insieme>>. Il velivolo divenne in seguito l’ammiraglia della flotta di numerose compagnie aeree, ovvero Emirates, Ethiad, Quatar, Quantas, British Airways, Lufthansa ed Air France. L’apporto delle aziende fu determinante nel dotare il “bolide dei cieli” di ogni tipo di comfort e lusso, come suites, docce, minibar e maxi-schermi a fronte di una spesa di migliaia di euro per passeggero.
La fine di un’era
La fine dell’A380 ha rappresentato un duro colpo per Airbus, che aveva promosso nei precedenti mesi un piano volto a surclassare la concorrenza degli statunitensi 747 di Boeing. Dal 2021 il prodotto made in Europe, 16 anni dopo il primo volo di prova e 14 anni dopo il primo viaggio commerciale, andrà fuori produzione. La decisione, in contrasto con il ritmo crescente del traffico aereo, ricalca le nuove necessità del settore. Le compagnie aeree oggi prediligono jet bimotori agili e veloci nelle connessioni, piuttosto che maestosi jet quadrimotori. Le notevoli dimensioni di questi ultimi, infatti, rendono necessaria la presenza di apposite piste di atterraggio.
Il motivo dell’epilogo
Alla base della fine della produzione dell’Airbus A380 c’è il mutamento della domanda da parte delle compagnie aeree. La scelta di comprare jets bimotori più piccoli è dovuta in particolare alle perdite legate alla difficoltà di vendere un numero sufficiente di posti per far fronte alle notevoli spese per il carburante. La minore richiesta di grandi velivoli ha condotto l’azienda Airbus a dimezzare la produzione mensile degli A380, raggiugendo il minimo di un esemplare al mese.
La produzione fino al 2021
Al 31 dicembre 2018 gli ordini erano per 321 superjumbo, di cui 234 già prodotti e consegnati. Airbus produrrà solo altri 17 esemplari entro il 2021: 14 destinati all’Emirates e 3 alla giapponese Ana. Il totale di esemplari da consegnare ai clienti è di 251, inferiore ai 700 programmati in origine. Il trend negativo è riscontrabile anche nel prezzo, decrescente da tempo. Solo la settimana precedente l’annuncio della fine della produzione, l’australiana Qantas e Fly Emirates hanno cancellato dei grossi ordini. Rispettivamente uno per 8 A380 residui, prodotti e ancora da consegnare, ed una commessa comprendente la maggior parte dei velivoli rimanenti, pari a circa 53 modelli.
Le caratteristiche del velivolo
L’Airbus A380 ha iniziato a solcare i cieli il 27 aprile del 2005, dopo numerosi ritardi nella progettazione. Il superjumbo è dotato di 4 piani, con un peso a vuoto di circa 369 tonnellate e 500 tonnellate a pieno carico. Il velivolo ha un’apertura alare di 80 metri ed è in grado di trasportare più di 500 passeggeri. I costi per la sua realizzazione hanno superato gli stimati 9 miliardi di euro, passando per i previsti 15 miliardi, fino a raggiungere i 25 miliardi.
I limiti dell’A380
Le cause della fine dell’Airbus A380 sono riconducibili anche ai limiti tecnici dell’aeromobile. Un aereo in grado di trasportare fino ad 850 passeggeri implica un notevole consumo di carburante, il cui prezzo instabile rende i costi troppo imprevedibili. Inoltre, anche l’aumento del numero di areoporti, cresciuto circa del 108% negli ultimi 20 anni, ha giocato un ruolo determinante. Infatti, molte delle nuove strutture non dispongono di piste adatte ad ospitare grandi jet come il superjumbo A 380.
Le conseguenze della fine
Airbus, come anche Boeing, ha sviluppato una politica strategica basata sul coinvolgimento di terzi nel rischio di impresa e nella fase di vendita. Per questo l’epilogo ha implicato costi di trasformazione interni inferiori rispetto al peso sostenuto dai partners europei. I fornitori dei componenti per il montaggio sono quelli che hanno accusato di più il colpo. A risentirne sono state soprattutto le compagnie coinvolte nella produzione di parti con tempi di consegna lunghi, i cui ordinativi vengono fatti con un grosso preavviso.