Lo scoppio dell’epidemia di Coronavirus ha rappresentato una battuta d’arresto per l’ascesa della Cina. Tuttavia, nel lungo periodo ciò potrebbe rivelarsi un’opportunità. Il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha infatti in mente piani ben precisi per rimettere in moto l’economia del Dragone e riconquistare la fiducia degli altri paesi, tra cui l’Italia.
La Nuova Via della Seta da Pechino a Roma
Nel 2013, per volere del presidente Xi, viene lanciata la Belt and Road Initiative (BRI), conosciuta anche come Nuova Via della Seta. Si tratta di un progetto tramite cui il governo cinese, mediante ingenti investimenti in più di sessanta paesi, si pone l’obiettivo di dare impulso ai rapporti commerciali con il resto del mondo.
Anche l’Italia è formalmente parte di questo piano: a marzo 2019 Luigi Di Maio, al tempo Ministro dello Sviluppo Economico, aveva firmato tre Memorandum d’Intesa (MoU, Memorandum of Understanding) sulla BRI, ossia una serie di accordi istituzionali e commerciali del valore di miliardi di euro sottoscritti nei settori del commercio, dell’energia, dell’industria, delle infrastrutture nonché nel settore finanziario. Tali accordi per l’Italia rappresentano un’opportunità di ottenere investimenti e altri benefici economici necessari per rafforzare la propria economia.
La Cina, dal canto suo, possiede molteplici interessi nell’intrattenere rapporti commerciali con il Belpaese. Innanzitutto l’Italia costituisce un nodo terminale per la BRI: le infrastrutture e i porti italiani, in particolare quelli di Trieste e Genova, rappresentano un autentico varco verso l’Europa. Non solo, il territorio italiano è area d’interesse anche per quanto riguarda l’ambito tecnologico: da tempo il Dragone si mostra interessato allo sviluppo della tecnologia 5G nel Paese, nonché ai poli tecnologici presenti nel territorio italiano, quali quello dell’Aquila.
Ma i vantaggi che Pechino spera di trarre dagli accordi sopracitati non sono solo di natura meramente economica. L’Italia, storica alleata degli USA e sede di numerose basi NATO, si presenta infatti come il terreno ideale per poter allentare l’influenza statunitense sul suolo europeo e rafforzare la leadership geopolitica della Cina.
Mediante la sottoscrizione del MoU, dunque, il gigante orientale ha voluto gettare le basi per una stretta collaborazione con Roma, anche se in realtà a distanza di un anno gli accordi non hanno ancora determinato i risultati auspicati dal governo cinese.
Il progetto della Health Silk Road
L’opportunità di rafforzare i rapporti con il Belpaese, tuttavia, è sopraggiunta in una circostanza infausta, ossia quella dell’emergenza Covid-19. Le richieste d’aiuto da parte dell’Italia e la tardiva reazione della comunità europea hanno infatti dato spazio alla Cina per intervenire prontamente.
Così, il 12 marzo, il Dragone invia il primo ordine di supporto medico. Qualche giorno dopo, in una telefonata al primo ministro Giuseppe Conte, il presidente Xi propone di connettere la BRI ad una nuova Via della Seta della salute. Tramite quest’ultima la Cina avrebbe in mente di utilizzare l’esperienza maturata nella gestione dell’emergenza per alimentare la propria crescita nel campo sanitario e tecnologico e, al contempo, rafforzare anche con questo nuovo canale la propria influenza in Italia.
A questo proposito, alcune tra le più importanti imprese cinesi si sono occupate di fornire a Roma il supporto medico necessario ai fini della gestione dell’emergenza. E non solo. Il colosso tecnologico Huawei, oltre alla donazione di forniture mediche, si è offerto di sviluppare una rete cloud per connettere alcune strutture ospedaliere con le unità di crisi in tempo reale e di collegare i più importanti centri italiani con gli ospedali di Wuhan.
Zte, invece, ha regalato duemila mascherine al comune dell’Aquila. Il destinatario non è casuale: l’azienda cinese di telecomunicazioni aveva già avviato un Centro d’Innovazione e Ricerca per la sperimentazione del 5G presso il Tecnopolo d’Abruzzo. Jack Ma, fondatore di Alibaba, ha donato 1,8 milioni di mascherine all’Europa, di cui 500 mila sono state assegnate all’Italia.
Inoltre, alcuni enti legati alla Repubblica Popolare hanno fornito supporto ad alcune regioni che sono di particolare interesse per la Cina, ovvero Lombardia, Piemonte e Sardegna. Infatti, a Torino si trova un centro di sperimentazione per estendere la copertura della rete 5G, in provincia di Milano vi è un centro globale di ricerca e sviluppo per la medesima tecnologia wireless e in provincia di Cagliari un centro per l’innovazione tecnologica.
Le implicazioni politiche
Seppur non esplicitamente dichiarato, la natura degli obiettivi di Pechino sarebbe non solo prettamente economica ma anche e soprattutto politica, come spiegato sopra. Il supporto all’Italia si configura infatti come il metodo ideale per imporre indirettamente all’opinione pubblica una narrazione ben precisa, ossia quella di una lotta comune sino-italiana contro il Coronavirus. Si tratta chiaramente di una narrazione scomoda agli USA, che vorrebbero evitare l’aumento dell’influenza cinese sugli stati membri dell’UE.
A questo proposito, già nel 2019 l’Italia aveva dovuto rassicurare Washington garantendo sulla natura puramente commerciale e non politica degli accordi sottoscritti con la Cina. Ma ora Pechino, assistendo in prima linea la terza economia europea, si aggiudica per la seconda volta un trionfo di soft power che sta facendo storcere ulteriormente il naso al suo storico rivale a stelle e strisce. L’Italia, dal canto suo, non è certo sul punto di abbandonare gli Stati Uniti a favore della Cina. Ma nonostante questo si trova ad essere – benché in modo non del tutto consapevole – nuovamente teatro del confronto tra due grandi potenze.