Amazon è la più grande piattaforma di e-commerce del mondo. Il suo fondatore, Jeff Bezos, è stato nominato più volte dalla rivista Frobes come uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato, nel 2020, di 131 miliardi di dollari. Il miliardario statunitense, tuttavia, è famoso anche per la sua filosofia lavorativa che presuppone un impegno massacrante. Per Bezos è importante <<lavorare ogni giorno come se fosse il primo>>, ovvero come se il futuro e la stessa sopravvivenza della società dipenda dai risultati di ogni giornata e dal lavoro di ognuno. Questo, tuttavia, porta Amazon ad avere una politica nella gestione dei dipendenti controversa, che ha attirato spesso pesanti critiche. Secondo quanto dichiarato da ex dipendenti del colosso dell’e-commerce, è molto raro che quancuno riesca a mantenere il posto di lavoro per più di 5 anni. Infatti, quasi tutti o vengono licenziati prima o lasciano l’occupazione a causa dei massacranti ritmi richiesti.
La nascita di Amazon
Jeff Bezos ha una laurea in ingegneria elettronica e computer science. Nonostante questo iniziò la sua carriera nell’ambito della finanza ottenendo un discreto successo. A 30 anni era vice-presidente del fondo d’investimento D.E. Shaw & Co, quando decise, anche su spinta della nuova moglie, MacKenzie Scott di lasciare tutto. Insieme alla ragazza, appassionata di letteratura, nel 1994 iniziò a lavorare per la creazione di un e-commerce, al tempo settore d’avanguardia, per la vendita di libri. Secondo l’idea iniziale il nome della società sarebbe dovuto essere Cadabra, che però sarà presto cambiato in Amazon, marchio con il quale la società fu infine lanciata nel 1995.
Per iniziare Bezos investì nel progetto 10 mila dollari di tasca sua. I primi anni, quasi tutto il lavoro sarà svolto da lui insieme a MacKenzie Scott, che dopo il matrimonio con il futuro uomo più ricco del mondo assunse il nome di MacKenzie Bezos. I due restarono sposati dal 1993 fino al 2019, quando lei volle il divorzio. Per occuparsi di ogni aspetto necessario a portare avanti l’azienda i coniugi portarono avanti ritmi di lavoro massacranti. Amazon ebbe fin dal 1995 un grande successo e visse una rapida crescita. Nel 1998 iniziò a vendere anche cd ed altri oggetti legati all’elettronica ed ai computer. Dal 2000, Amazon iniziò a fare da intermediario per la vendita di ogni genere di prodotti, iniziando la strada che porterà l’azienda ad acquisire una posizione egemone nel commercio globale.
Lo sviluppo di Amazon
Due anni dopo la nascita della società, nel 1997, Amazon venne quotata in Borsa presentando la sua IPO. L’azienda al tempo fu valutata 438 milioni di dollari. Lo stesso anno, Jeff Bezos fu il primo CEO ad essere nominato, per la sua visione imprenditoriale, uomo dell’anno dalla rivista Time. Amazon fu vista fin da subito come una realtà molto promettente e Bezos come una persona dalla lungimiranza notevole. Infatti, la piattaforma di e-commerce vivrà, con pochi rallentamenti, una forte crescita quasi continua per più di vent’anni.
Il rapporto fra lavoro e vita privata
Il modello imprenditoriale di Jeff Bezos funziona bene. Eppure la sua idea su come gestire il lavoro dei dipendenti è molto controversa. Il miliardario si aspetta da chi lavora per lui lo stesso impegno che egli dedicò nei primi anni di vita di Amazon. Ai lavoratori sono richiesti turni spesso di 12 ore al giorno sette giorni su sette. Questo vale, seppur con le differenze di stipendio, per dirigenti, professionisti qualificati e forza lavoro non specializzata. Porre il problema dell’equilibrio fra lavoro e vita privata, secondo quanto dichiara Bezos, è deleterio ed inutile. Infatti, sostiene il miliardario, vita privata e lavoro dovrebbero essere visti come la stessa cosa.
Il luogo di lavoro
L’idea di unire la vita privata ed il lavoro è comune a diverse aziende della Silicon Valley, fra cui Apple. Queste per tale ragione offrono ai dipendenti diversi servizi e strutture ricreative sul luogo di lavoro. Non è raro trovare aziende con al loro interno piscine, centri benessere, campi sportivi e così via. Questo serve a rendere più piacevole ai dipendenti la lunga permamenza richiesta sul luogo di lavoro, che diventa in tutto e per tutto come una seconda casa.
Questo, però, non vale per Amazon. Le sedi della compagnia di Jeff Bezos sono molto spartane, spesso perfino prive di una semplice sala relax dove potersi sedere qualche minuto per bere un caffé e parlare. Infatti, dentro Amazon si incoraggia piuttosto un lavoro frenetico ed un atteggiamento di forte competitività. Ad esempio, come riportano alcuni ex-dipendenti, il personale è incentivato a segnalare eventuali erorri o mancanze nel lavoro dei colleghi. Chi lavora in Amazon non può mai abbassare la guardia, anche perchè essere licenziati è molto facile.
La paura
Bezos già nel 1999 in una lettera agli azionisti di Amazon scriveva
<<Ricordo costantemente ai nostri dipendenti di essere preoccupati, di svegliarsi ogni mattina con la paura>>
Secondo Bezos questo è l’unico modo per avere la certezza che i lavoratori diano il massimo. Infatti dentro Amazon può bastare l’errore di un giorno o la produttività troppo bassa in un breve periodo per essere licenziati. Poco importa se dopo anni di servizio impeccabile. Nessuno nell’azienda, sostiene Bezos, deve sentirsi al sicuro o in una posizione stabile. Ognuno deve lavorare ogni giorno come se fosse in prova, come se fosse il primo.
Dentro Amazon sono presenti diversi strumenti per controllare in ogni momento il ritmo di lavoro dei dipendenti. Negli Stati Uniti e negli altri paesi dove è permesso dalla legge, si utilizza un algoritmo, che raccoglie dati attraverso avanzati supporti tecnologici, per misurare e valutare la produttività di tutti i singoli lavoratori. Diversi ex dipendenti dichiarano di essere stati licenziati senza un apparente motivo e senza alcuna spiegazione. Questo, appunto, solo attraverso il calcolo della produttività. Tale calcolo tuttavia, denunciano alcuni, sarebbe ingiusto in quanto non tiene conto di fattori casuali che non sono dipesi dal dipendente. Ad esempio, l’algoritmo ignora quando si rompe un macchinario o qualcuno si infortuna. Questo nell’ottica di Bezos, dovrebbe servire a trasmettere ai dipendenti l’idea che non serve un valido motivo per licenziare, serve piuttosto un valido motivo per non essere licenziati.
Tuttavia la situazione cambia da Stato a Stato, a seconda delle leggi locali. Ad esempio, in Italia non è legale l’utilizzo di un algoritmo per valutare il lavoro dei dipendenti. Inoltre, nella Penisola licenziare non è semplice come negli Stati Uniti, per cui non può essere applicata la stessa strategia basata sul terrore.