L‘analisi fondamentale è un’analisi teorica che consente di determinare il valore intrinseco (intrinsic value) dei titoli scambiati sul mercato e di stimare la possibilità di rialzo o di ribasso del loro prezzo. L’intrinsic value viene confrontato con il valore di mercato del titolo: se i due valori non coincidono si configura una possibilità di profitto per l’investitore. L’obiettivo dell’analisi fondamentale è determinare se il titolo oggetto di analisi sia sopra o sottovalutato e, di conseguenza, scegliere in che direzione entrare sul mercato.
Per prevedere il rendimento futuro dei titoli e giungere alla determinazione del loro valore intrinseco, gli analisti studiano le prospettive dell’impresa. Si usa una valutazione prospettica dei fattori sia microeconomici che macroeconomici. In questo senso l’analisi fondamentale si configura come uno strumento di analisi delle informazioni finanziarie.
L’investitore attivo
L’investitore che si affida all’analisi fondamentale è colui che decide di implementare una gestione attiva del suo portafoglio, ovvero colui che sceglie di investire operando scelte proprie. La gestione attiva si contrappone alla gestione passiva che si basa unicamente sulla replicazione di un dato indice.
L’investitore che opta per la gestione attiva, deve prendere decisioni riguardo a:
- Stock selection, ovvero la selezione dei singoli titoli in cui investire.
- Asset allocation, ovvero il processo di scelta delle asset class nelle quali investire.
Con il termine Asset Class si indicano le diverse categorie di investimento tra cui l’investitore può scegliere. Esse si dividono in attività finanziarie (azioni, obbligazioni e liquidità) ed attività reali (immobili, merci e metalli preziosi).
L’investitore sceglie la composizione di portafoglio che ritiene ottimale sulla base della analisi svolta ed individua le asset class da sovra ponderare e quelle da sotto ponderare rispetto al benchmark. Per esempio, se ritiene che il comparto azionario avrà un rendimento superiore all’obbligazionario, investirà una percentuale maggiore del suo capitale in azioni.
L’analisi fondamentale step-by-step
L’analisi fondamentale si basa sull’assunto che i prezzi dei titoli siano determinati tanto dalle variabili economiche aziendali quanto da quelle macroeconomiche. L’idea centrale è che il contesto nel quale l’impresa opera non può non influenzarne i risultati economici e finanziari.
Al fine di operare una valutazione il più completa possibile, l’impresa non deve essere considerata come un unicum indipendente dall’ambiente esterno, ma è necessario contestualizzare la sua attività inserendola all’interno di un quadro più ampio che tenga conto delle variabili macroeconomiche e della industry di appartenenza.
L’analisi fondamentale studia quindi:
- Il sistema macroeconomico, per avere una visione d’insieme dell’andamento economico generale.
- Il settore nel quale l’impresa opera: un settore potrebbe infatti registrare una crescita superiore o inferiore rispetto al resto dell’economia, a causa ad esempio di una crisi settoriale. Rilevante è anche lo studio del comportano dei competitors.
- Il titolo specifico: prendendo in considerazione le performance reddituali e le caratteristiche economico finanziarie delle società analizzata. L’analisi si concentra su bilanci aziendali, indici, management e piano industriale.
L’analisi fondamentale può seguire due diversi approcci:
- L’approccio top – down: si parte lo studio dell’economia globale e si analizzano gli indicatori economici nazionali ed internazionali; completata l’analisi macroeconomiche, l’investitore verifica l’impatto che essa ha sul settore e, in ultima analisi, sul titolo di interesse.
- L’approccio bottom – up segue il procedimento inverso. In questo caso viene eseguita prima un’analisi microeconomica a cui successivamente si aggregano le proiezioni a livello settoriale e di mercato aggregato.
ANALISI MACROECONOMICA
La prima macro-area di informazioni da considerare per l’analisi fondamentale riguarda gli indicatori relativi al sistema economico, i cosiddetti market movers. Il termine comprende qualunque fattore capace di determinare un movimento nel mercato e di influenzare il prezzo dei valori mobiliari.
Per svolgere correttamente l’analisi macroeconomica l’investitore ha a sua disposizione un importante strumento: il Calendario Economico. Il documento sintetizza le date ed i futuri eventi economici e politici in programma, quali ad esempio la data di uscita di una trimestrale o un cambio nella variazione dei tassi di interesse.
Va ricordato che il mercato ha sempre delle aspettative sui dati futuri. Nel momento in cui vengono rilasciati i dati ufficiali, possono quindi verificarsi due diverse situazioni: se il dato diffuso conferma le previsioni del mercato, esso non subisce variazioni particolarmente forti in quanto l’informazione era già stata scontata; si verifica invece un forte shock nel caso in cui il dato non confermi le previsioni.
I market movers possono essere raggruppati in tre categorie principali:
- Indicatori economici: ad esempio il PIL, il mercato del lavoro ed il settore immobiliare.
- Indicatori finanziari: l’attività delle banche centrali, l’andamento dei tassi di interesse o i conti aziendali.
- Fattori politici: crisi politiche, elezioni o qualunque evento politico che influenzi l’andamento del mercato.
ANALISI MICROECONOMICA
Nell’analisi microeconomica si considerano le informazioni relative alla solidità patrimoniale e alla redditività attesa delle società emittenti. Lo strumento utile all’analisi è il bilancio aziendale nel quale rivestono particolare importanza gli indici economici e finanziari.
La valutazione del titolo può essere effettuata mediante:
- una valutazione assoluta (absolute valuation), attraverso i metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa;
- una valutazione relativa (relative valuation), mediante una stima eseguita sulla base di benchmark chiamati multipli (stock market multiple).
Valutazione assoluta
La valutazione assoluta permette all’investitore di stimare il valore intrinseco di un titolo mediante i modelli di attualizzazione delle performance future attese, tra cui i redditi attesi, i flussi di cassa attesi od i dividendi. Nella valutazione assoluta il titolo viene valutato in modo indipendente da tutte le altre variabili e non viene comparato ad imprese simili.
I due principali modelli utilizzati sono:
- Discounted cash flows: il valore di un’attività finanziaria è pari al valore attuale di tutti i suoi flussi di cassa futuri, compresi i dividendi. Le variabili prese in considerazione sono tre: l’entità dei flussi di cassa, la loro distribuzione nel tempo ed il tasso di attualizzazione.
- Dividend discount model: il valore intrinseco di un’azione è pari al valore attuale dei dividendi futuri. Questo modello presenta tuttavia un importante problematica: l’impossibilità di conoscere anticipatamente l’entità di tutti i dividendi futuri, che potrebbero addirittura essere sospesi per un certo lasso temporale.
Valutazione relativa
La valutazione relativa studia il prezzo di un titolo, non più in valore assoluto, ma in relazione ad altre variabili aziendali. Nella valutazione relativa l’impresa viene messa a confronto con imprese simili in termini di rischio e di caratteristiche aziendali. Per fare ciò, è necessario individuare un campione di imprese comparabili (peer group) formato da aziende:
- appartenenti allo stesso settore;
- con dimensioni, tasso di crescita e profilo di rischio simili.
Nella valutazione relativa divengono fondamentali i multipli di mercato, ovvero dei rapporti tra un prezzo di mercato ed una grandezza di performance aziendale (gli utili, il cash flow, book value ecc).
Essi si dividono in:
- Multipli equity side: se il numeratore del rapporto è il valore di mercato del solo capitale. I più importanti sono: il Price Earnings (P/E), definito come il rapporto tra il prezzo di mercato dell’azione e l’utile aziendale ed il Price to Book Value (P/B), nel quale all’utile aziendale si sostituisce il valore contabile del patrimonio netto.
- Multipli asset side: se il numeratore del rapporto è il valore totale dell’impresa (l’Enterprise value). I più importanti sono EV/Sales, EV/Ebitda, EV/Ebit.
Al denominatore del rapporto si trova sempre una variabile capace di sintetizzare la capacità di un’azienda di produrre ricchezza.
L’intrinsic value
Dopo avere eseguito l’analisi dei dati finanziari, l’investitore dispone di tutte le informazioni necessarie per determinare il prezzo corretto del titolo: l’intrinsic value. Il passaggio finale dell’analisi fondamentale consiste nel confrontarlo con il market value, ossia il prezzo a cui il titolo viene scambiato in borsa.
Possono verificarsi tre situazioni:
- Intrinsic value > Market value: all’investitore conviene comprare l’azione in quanto ritiene che il titolo valga di più rispetto a quello che è espresso sul mercato. L’analisi fondamentale indica infatti una sottovalutazione del titolo ed è ragionevole aspettarsi che esso, nel lungo termine, riacquisterà valore.
- Intrinsic value < Market value: all’investitore conviene vendere il titolo oppure prendere una posizione short, ovvero vendere allo scoperto. Comprando un’azione ad un prezzo superiore al valore intrinseco si corre il rischio di un futuro riallineamento al prezzo teorico con conseguente perdita in conto capitale.
- Intrinsic value = Market value: all’investitore conviene conservare il titolo.
Nel breve termine non è raro che si verifichi una situazione di scostamento tra l’andamento dei titoli ed i suoi valori fondamentali. È infatti possibile che il mercato stia valutando il titolo in maniera inadeguata; tuttavia, secondo gli analisti fondamentali, nel medio lungo periodo il mercato riconoscerà il proprio errore e verrà raggiunto il prezzo “corretto”.
I motivi del mispricing, individuati dalla finanza comportamentale, sono i seguenti:
- l’atteggiamento verso il rischio: gli individui possono essere neutrali, avversi o propensi al rischio. Tuttavia, l’atteggiamento dell’investitore cambia nel tempo e in relazione ai risultati ottenuti: un individuo diviene maggiormente avverso al rischio se ha già subito diverse perdite, mentre l’avversione diminuisce in seguito ad una vincita.
- determinazioni delle probabilità: gli investitori hanno difficoltà ad adattarsi al cambiamento, mostrano lentezza nell’aggiornare le informazioni e presentano atteggiamenti di overconfidence.
- limiti all’arbitraggio: è vero che se i valori si discostano dai fondamentali l’arbitraggio li porterebbe in equilibrio, ma questa pratica è sottoposta a diversi limiti tra cui il costo e la rischiosità delle operazioni e l’insufficienza del capitale degli arbitraggisti.
In conclusione, è possibile definire l’analisi fondamentale come uno strumento indispensabile per chiunque voglia operare sui mercati finanziari. Trattandosi di un’analisi molto complessa, risulta maggiormente adatta a soggetti il cui orizzonte temporale di investimento è di medio- lungo termine.
Per gli investitori maggiormente interessati ad operazione intra-day o di breve periodo, invece, risulta più indicata l’analisi tecnica: in questo caso l’attenzione è focalizzata meno sull’asset allocation e più sul timing di investimento, inteso come il momento più adatto nel quale entrare o uscire dal mercato. Se l’analisi fondamentale è capace di prevede principalmente i movimenti derivanti da cause strutturali, l’analisi tecnica individua meglio i movimenti di tipo congiunturale.