La fase di transizione che ci accingiamo ad attraversare, caratterizzata dalle incertezze sulla Brexit, dalla fase recessiva che stanno attraversando molte economie, dalla guerra dei dazi, ma anche dal possibile rallentamento americano con una curva dei rendimenti ormai chiaramente negativa, ha condizionato l’esplosione di quegli asset a cui solitamente ci si rivolge nei momenti di instabilità. Uno tra tutti è l’oro, su cui molti investitori hanno deciso di puntare in un’ottica di asset allocation speculativa al rialzo in portafoglio.
Andamento storico e composizione della domanda
Partendo dal principio, agosto 2011 ha segnato per il future dell’oro il massimo storico, raggiungendo quota 1.834 dollari. Da quel momento incominciò una correzione al ribasso dei prezzi, fino a toccare un minimo relativo a quota 1.090 dollari nel dicembre 2015. Come si evince dal grafico di lungo periodo proposto di seguito, nel 2016 si è verificato un allungo verso i valori dei massimi storici, che si è rivelato tuttavia quasi immediatamente falso, con una correzione successiva più intensa con target 690 dollari, il tutto determinato dalla variazione di diversi fattori quali l’oreficeria (con un boom del 50%), la tecnologia, il suo utilizzo per investimenti e le richieste delle Banche Centrali. Queste ultimi non rappresentano una componente fondamentale della domanda globale di oro: nel 2019 contano solo per il 14%. Il 50% dipende dalla richiesta di gioielleria, un consumo di lusso in esplosione soprattutto in India e Cina, paesi popolosi ad alto tasso di crescita, che rappresentano di fatto il 60% del mercato. Circa un 10% dell’oro richiesto annualmente è destinato ad usi industriali mentre il 20% è utilizzato per la produzione di lingotti e monete, quote consolidate che sono cambiate di poco nell’ultimo decennio.
L’influenza delle notizie
Gli acquisti e vendite d’oro da parte degli istituti nazionali di credito, nonostante vengano superati in volume dalle altre tipologie di domanda, possono ovviamente agire quali fattori di fluttuazione dei prezzi, che a loro volta possono essere influenzati da notizie importanti, come la rivelazione nel 2015 che le riserve auree della Cina fossero ben lontane dalle quantità precedentemente stimate. Un’altra notizia importante è quella che circa 374 tonnellate del prezioso metallo sono finite nei forzieri delle BCN di Russia, Cina, Turchia per un controvalore di circa 15,7 miliardi di $. Si tratta del più grande incremento di riserve ufficiali nei forzieri delle Banche Centrali dal 1971. Molti ritengono che le ragioni di questa nuova corsa al metallo giallo vadano cercate nel perseguimento di una strategia geopolitica di dedollarizzazione, cioè di diversificazione delle riserve valutarie attraverso la riduzione dell’ammontare di Dollari detenuti.
Il futuro prossimo
In riferimento, invece, ad una previsione di breve periodo, le attese sono per un riassorbimento dei prezzi fino a quota 1542 e, in caso di cedimento del livello indicato, un’estensione verso quota 1520 dollari prima, e successivamente 1480. Solamente nel caso in cui il massimo relativo segnato nelle scorse giornate a quota 1566 dollari dovesse essere rotto al rialzo, si potrebbe verificare un ulteriore allungo dei valori verso 1590/1610 dollari.
Il bene rifugio primario
Inflazioni, calamità naturali, ribaltamenti politici, crisi finanziarie o economiche incidono relativamente sul valore intrinseco e materiale dell’oro, che resta il bene rifugio primario per eccellenza, ossia quell’asset il cui valore intrinseco resta anche se cambia il contesto socio-politico in cui viene scambiato.L”andamento futuro del future dipende da come si risolveranno le tensioni commerciali che tengono in ansia l’economia internazionale, allora si potrà realmente comprendere la direzione in cui la situazione valutaria mondiale e quella relativa alle variazioni dei tassi d’interesse nazionali potrà versare.