Da sempre esiste un collegamento invisibile tra arte e finanza, si pensi al banchiere o al mercante nel rinascimento, che da buon mecenate finanziava le case regnanti e in cambio favoriva l’ascesa di importanti artisti del tempo. Questo non veniva fatto per fini speculativi bensì per accreditarsi uno status sociale più elevato. Secondo la predizione di Karl Marx:
“Le opere d’arte, che rappresentano il più alto livello di produzione spirituale, incontreranno il favore della borghesia solo se verranno presentate come qualcosa in grado di generare direttamente ricchezza materiale”.
Karl Marx aveva ragione, l’arte oltre ad avere una notevole importanza economica e sociale (l’industriale giapponese Ryoei Saito ha acquistato “Il ritratto del dottor Gachet” di Van Gogh nel 1990 per l’allora prezzo record di 82,5 milioni di dollari per accedere all’élite finanziaria) ora è diventata anche un contratto derivato.
Derivati sull’arte
Un contratto derivato è un contratto finanziario che “deriva” il suo valore da un sottostante, questo sottostante può essere un’azione, una commodities (bene), un tasso di interesse ma anche un quadro. Più precisamente, parliamo di un contratto di opzione, le opzioni sono contratti derivati che conferiscono all’acquirente, dietro il pagamento di un premio, la facoltà di acquistare (call) o vendere (put) a scadenza il bene sottostante ad un prezzo prefissato, detto strike price. Nel 2010 la Galleria londinese MurmurART ha offerto tre contratti di opzione call, i quali permettevano dietro il pagamento di un premio di 2000 sterline di acquistare nell’arco di 10 anni le opere di un giovane artista emergente Tom Saunders, al prezzo di una sterlina. La finalità è tutt’altro che speculativa, anche se la speculazione gioca la sua parte. Se l’artista tra 10 anni diventerà famoso, verrà acquistata a 2001 sterline (2000 il premio pagato nel momento della sottoscrizione dell’opzione più 1 sterlina per acquistare il quadro) un’ opera che potrebbe valere molto di più, e allo stesso tempo si incoraggia l’artista e lo si dota ex ante dei fondi necessari. L’artista però deve garantire una certa continuità nelle sue opere, infatti si predispongono delle clausole legali a tutela dell’acquirente dell’opzione qualora l’artista mancasse o smettesse di produrre. Questo sistema permette all’investitore oltre che di finanziare l’artista e guadagnare su di lui, anche di diversificare il proprio portafoglio.
Come si calcola il prezzo di un’opzione su un quadro?
In questo caso Black and Scholes non ci possono dare una mano, però qualsiasi bene che possiede un valore economico può essere oggetto di valutazione. Quando si parla di mercati d’arte, rispetto ai mercati finanziari, la prima cosa da capire è che le attività d’arte non seguono l’analisi tradizionale dei rendimenti di volatilità. Piuttosto è di fondamentale importanza cogliere la fiducia degli investitori nel mercato dell’arte. Questa è una delle variabili più importanti che determina se un pezzo di arte valga una somma elevata o bassa. Per un’opera d’arte, l’apprezzamento mainstream non viene afferrato da una semplice stima di volatilità, per cui è necessario uno strumento che mostra come la serie volatilità sia influenzata dagli investitori attuali. Questo tipo di volatilità viene chiamiato α-hedging. Questo è un compito impegnativo non solo perché questo mercato è ancora piuttosto illiquido, almeno a confronto con azioni e obbligazioni, ma anche per la sua eterogeneità: ogni dipinto è essenzialmente un oggetto unico. Il metodo più utilizzato e finora più efficace è l’APV (Artistic Power Value).
L’Artistic Power Value
Questo metodo tratta il valore dell’arte in modo simile al valore immobiliare, misurando il suo valore dividendo il prezzo per zona. L’appello intuitivo di questa metrica è ovvio: semplicità, facilità di calcolo, trasparenza e semplicità. Infatti, esiste già un precedente ben consolidato per questo approccio. Ad esempio, i prezzi di altri beni, come la terra cruda, sono spesso calcolati in questo modo (ad esempio, dollari per acro o euro per ettaro). Lo stesso approccio è talvolta usato per calcolare i prezzi dei tappeti antichi. Infatti l’APV permette di eseguire paragoni tra gli artisti, seguirne l’evoluzione del ciclo creativo e confrontare, per un singolo artista, quadri con soggetti diversi o diverse proprietà geometriche. L’APV dimostra che Monet ha avuto due picchi nella sua carriera, uno quando aveva 30 anni e uno alla fine degli anni ’60 quando ha creato i suoi famosi dipinti “gigli d’acqua”. Secondo Charlin, l’inventore della metrica APV, c’è una grande correlazione per la maggior parte dell’arte tra dimensione e prezzo. Ovviamente, questo indicatore ha anche dei difetti, è artisticamente sbagliato valutare un quadro solo dalla sua dimensione, chiaramente questa idea non cattura caratteristiche fondamentali ed assolutamente soggettive, sarebbe necessario un fattore di correzione capace di sintetizzare queste caratteristiche, ma ovviamente è più facile a dirsi che a farsi. La logica per l’utilizzo della metrica APV non è negare l’individualità di ciascuna pittura o trivializzare il processo artistico. È piuttosto un tentativo di sintetizzare in un parametro il valore finanziario di un quadro.
Parafrasando Oscar Wilde
“Il finanziere, infatti, è diventato il creatore del creatore (l’artista). E l’artista una pedina inserita nel gioco dello scambio finanziario”.
In fondo, anche la finanza è arte.