L’avocado è un frutto le cui caratteristiche variano a seconda della regione in cui viene coltivato. Il territorio in cui si produce il migliore avocado è la regione centro-occidentale dell’America Centrale e Latina, come Messico, Repubblica Dominicana, Colombia, Perù, Cile e Brasile, ma è possibile trovare piante di avocado anche in Paesi come Indonesia, Kenya e Stati Uniti.
Il prezzo dell’avocado non è uniforme in tutto il mondo e varia a seconda della stagionalità: avrà sapori diversi e quindi differenze di prezzo a seconda del Paese di origine, così come avrà un costo superiore fuori stagione. Secondo un rapporto pubblicato nel 2012 da parte di Instituto Nacional de Investigaciones Forestales, Agricolas y Pecuarias, dal 2001 al 2010 le esportazioni di avocado nello Stato di Michoacan, in Messico, sono aumentate di circa dieci volte, triplicando sia i profitti degli agricoltori che la quantità prodotta: questi due aspetti hanno fatto sì che la produzione locale si concentrasse quasi esclusivamente su tale coltura, provocando una deforestazione accelerata a causa dell’utilizzo di prodotti chimici di scarsa qualità molto dannosi per l’ambiente.
Il paradosso messicano
Quello messicano è un caso a dir poco paradossale. Il Paese, primo produttore mondiale di avocado (con quasi il 40% dell’offerta globale) si è trovato costretto ad importare il frutto (chiaramente di sapore diverso rispetto a quello coltivato all’interno del proprio territorio) dagli altri produttori del Centro America. Questo è dovuto all’aumento eccessivo dei prezzi del cosiddetto “oro verde”. Il forte rialzo è attribuibile a due fattori: innanzitutto l’avocado è divenuto “la moda del momento” e ciò ha portato ad un aumento esponenziale della domanda; inoltre è avvenuta una riduzione del raccolto all’incirca del 20%. Il conseguente incremento dei prezzi ha reso il frutto proibitivo per i consumatori messicani, che nel corso degli ultimi anni hanno diminuito il loro consumo pro-capite da 9 a 7,5 chili annui.
Nel 2016 le esportazioni legate all’avocado dal solo Messico sono arrivate a toccare 1,5 miliardi di dollari, con prezzi medi di 4 dollari al chilo, equivalenti al salario minimo giornaliero messicano. Il principale importatore del frutto esotico sono gli Stati Uniti, con una domanda pari all’80% del totale ed in crescita costante del 15% ogni 12 mesi. Nella sola prima domenica di febbraio 2017, la giornata del Superbowl, ne sono state consumate negli USA 160 tonnellate, per un valore di circa 250 milioni di dollari. A livello mondiale l’aumento della domanda al netto dell’offerta è del 3% annuo.
I Cartelli della droga nel business dell’avocado
A Michoacan, regione messicana dalla quale passano i bancali di cocaina e delle altre droghe dirette negli Stati Uniti, il giro d’affari dell’avocado è superiore di gran lunga rispetto a quello della marijuana e di altre attività illecite. Questo fatto all’inizio del nuovo millennio ha attirato l’interesse dei cartelli della droga come i “Caballeros Templarios” e gli “Zetas”, arrivati a chiedere il racket nei confronti degli agricoltori. Si stima che i proventi dell’estorsione arrivassero nel picco massimo a 3 milioni di dollari all’anno. In alcuni casi tali gruppi criminali si sono impossessati con la forza dei terreni dove veniva coltivato l’oro verde.
La città di Tancìtaro è ritenuta la capitale mondiale della produzione di avocado, in quanto il terreno utilizzato per la coltivazione del frutto è di 20.000 ettari: ogni giorno solo da questa città vengono spediti circa un milione e mezzo di dollari in avocado. Nel periodo dal 2005 al 2015 sono morte più di 8 mila persone per mano dei narcos: se inizialmente essi si “accontentavano” di incassare 2 mila pesos all’ettaro (circa 130 dollari) di pizzo, dal 2005 la pretesa è diventata quella di ottenere tutti i proventi.
Dal 2013 è stato istituito quindi il Cuerpo de Seguridad Publica de Tancìtaro (CUSEPT) che, affiancato da un gruppo di volontari, mira a controllare il territorio e difenderlo dai narcotrafficanti con l’utilizzo delle armi. Il governo messicano, ben consapevole del problema e non avendo alcun interesse ad ostacolare l’industria dell’avocado ha lasciato fare agli agricoltori. Ad oggi la battaglia non è finita e CJNG, il cartello messicano più importante, sembra in procinto di mettere mano sul business dell’oro verde.
La crisi cilena dell’acqua
Anche il Cile vuole arricchirsi con il business dell’avocado, ma il problema dell’acqua diventa sempre più evidente: ci sono zone del Paese in cui i cittadini non hanno l’accesso a tale risorsa fondamentale (che è anche stata privatizzata nel 1981 sotto il comando di Pinochet) e questo ha portato il governo centrale a spendere circa 130 milioni di dollari negli ultimi sei anni per il suo trasporto in regioni particolarmente aride. Ogni cittadino ha 50 litri d’acqua a disposizione al giorno; una volta superati, il costo diventa di circa 15 dollari al metro cubo.
È così che negli ultimi anni molti imprenditori sono stati processati, ma non condannati, per l’utilizzo non autorizzato d’acqua per le coltivazioni di avocado. Per produrre un chilo di avocado servono circa 2.000 litri d’acqua, dieci volte di più rispetto a un chilo di pomodori. Nel Paese dell’America Latina si sta quindi rafforzando sempre più una crisi umanitaria, nonostante la risoluzione dell’ONU sull’acqua potabile come uno dei diritti fondamentali degli esseri umani (ne abbiamo parlato qui).
L’Italia
Stando a quanto riferisce l’Eurostat, nel nostro Paese fino al 2012 si consumavano 51 mila tonnellate di avocado; nel 2016 i consumi hanno raggiunto la soglia di 140 mila tonnellate. Ora l’avocado è stato inserito nel paniere di consumo dell’ISTAT e sempre più agricoltori, soprattutto del Sud Italia, iniziano a coltivarlo.
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