L’economia dell’eurozona, ad oggi partecipata da 19 Paesi, è la seconda economia al mondo e parte del merito va attribuito alla Banca Centrale Europea, policymaker che si occupa dell’applicazione dell’economia monetaria: le c.d. politiche monetarie.
A capo di tale istituzione è stato per 8 anni Mario Draghi, il quale ha visto scadere il suo mandato il 31 ottobre 2019 a favore della neoeletta Christine Lagarde, prima donna a ricoprire tale ruolo.
Ma in che modo la BCE è collegata alle politiche monetarie e quindi all’economia dell’eurozona? Qual è stato l’ intervento più famoso nel corso della storia? E, alla luce del nuovo cambio di presidenza, qual è lo scenario prossimo più accreditato?
Euro: l’essenza della BCE.
Correva l’anno 1990 quando, su decisione del Consiglio europeo, vennero abolite tutte le restrizioni alla circolazione dei capitali tra gli stati membri dell’Unione economica monetaria (UEM). Già dal Marzo dello stesso anno il Comitato dei governatori delle banche centrali della CEE si consultava in merito alle politiche monetarie degli stati membri e sulla coordinazione di tali politiche.
Il fine ultimo era la stabilità dei prezzi a sostegno delle politiche economiche generali dell’UE che mirano alla piena occupazione e alla crescita economica.
Cinque anni dopo, nel Dicembre del 1995, l’“euro” venne scelto come unità monetaria europea ed ebbe corso dal 1° Gennaio 1999: fu così che ebbe inizio la conduzione di una politica monetaria unica sotto la responsabilità della BCE. Da allora l’obiettivo di politica monetaria è rimasto invariato e, tutt’oggi, è di primaria importanza preservare la stabilità dei prezzi mantenendo l’inflazione prossima al 2% nel medio termine.
L’era del QE
Dal 1998, anno in cui fu istituita la BCE, è passato più di un ventennio, ma la manovra più famosa e discussa è stata attuata molto più recentemente: nel 2015.
Il 22 gennaio di quell’anno, infatti, la BCE pubblicò un comunicato stampa molto atteso, il quale titolava: “ECB announces expanded asset purchase programme.” dando inizio all’era del Quantitive Easing.
Essenzialmente il programma prevedeva che la BCE acquistasse obbligazioni dalle banche con l’intento di far crescere i prezzi di tali obbligazioni e aumentare la liquidità del sistema.
Diretta conseguenza di ciò sarebbe stata la diminuzione di una vasta gamma di tassi di interesse, i quali avrebbero reso i prestiti più economici così che le aziende e le persone potessero prendere a prestito di più spendendo di meno in termini di oneri finanziari.
Il senso ultimo di tale manovra era quindi quello di spingere verso un trend di crescita consumi e investimenti, supportando la crescita economica e la creazione di posti di lavoro in modo che, con l’aumento dei prezzi, la BCE raggiungesse un tasso di inflazione inferiore, ma vicino, al 2% nel medio termine.
Da marzo 2015 a settembre 2018 il QE è stato più volte prolungato e il suo volume di acquisti è stato prima di 60 miliardi, poi di 80 miliardi e infine di 30 miliardi di euro al mese.
In seguito, nei mesi di Ottobre, Novembre e Dicembre 2018, gli acquisti netti mensili sono stati di 15 miliardi di euro al mese.
Tuttavia, la fortuna del QE sembra non essere arrivata al capolinea: nel Settembre del 2019, nell’ultima conferenza stampa che ha visto Draghi alla guida del direttivo BCE, è stato confermato che dal 1° Novembre la BCE tornerà ad acquistare obbligazioni per 20 miliardi di euro al mese.
Sembra dunque che Christine Lagarde abbia dato il suo benestare e che il futuro della politica monetaria europea continuerà ad essere “super accomodante”, almeno fino a quando non sarà raggiunto l’obiettivo inflazionistico target.
Per essere sempre aggiornati Starting Finance consiglia di visitare periodicamente la pagina ufficiale della BCE dove, oltre a poter visionare i comunicati stampa più importanti, si possono effettuare ricerche e usufruire dei chiarimenti messi a disposizione dalla BCE stessa.