Il terrorismo è sempre più legato all’utilizzo di criptovalute, soprattutto Bitcoin. Armi, strutture logistiche, documenti falsificati, rifugi e coperture sono elementi accumunati dal fatto che richiedono un’ingente disponibilità di fondi. Tuttavia, uno dei maggiori ostacoli all’acquisizione di denaro è la sua tracciabilità. Una delle migliori soluzioni a questo problema per i terroristi è proprio la valuta virtuale. La criptovaluta Bitcoin, utilizzata come sistema di pagamento a livello mondiale per attività legali e non, è apprezzata in modo particolare per nascondere la provenienza di finanziamenti.
Terrorismo ed economia
Come afferma Loretta Napoleoni, saggista e giornalista italiana:
<<il terrorismo è un’attività molto costosa, le organizzazioni di questo tipo sono continuamente alla ricerca di liquidità, proprio lì dove legalità e illegalità s’incontrano>>
Fund the islamic struggle without leaving a trace è il nome di una delle prime pagine apparse sul deep web volte ad incoraggiare il finanziamento del terrorismo, in questo caso jihadista, tramite Bitcoin. L’obbiettivo, sul piano economico, è quello di utilizzare mezzi legittimi, come le criptovalute, per attività illegali e di boicottare il sistema bancario visto come filo-occidentale.
La tecnologia Blockchain
I Bitcoin furono ideati nel 2009 da Satoshi Nakamoto, pseudonimo riferito ad una persona o ad un gruppo la cui identità è in realtà sconosciuta. Essi si sono sviluppati attraverso la tecnologia Blockchain, che consiste, molto in grandi linee, in un blocco online condiviso pubblicamente con diversi utenti che rappresentano i nodi. Ogni utente che modifica il blocco non ne stravolge il contenuto ma ne crea una copia. Le due versioni create risulteranno collegate tra loro da un codice detto hash e così avverrà per ogni modifica effettuata dagli utenti, i quali vengono indicati tramite un codice alfanumerico che impedisce di risalire alla loro identità. Le criptovalute Blockchain risultano dunque caratterizzate dall’anonimato degli utenti, il che permettee alle organizzazioni criminali di ottenere denaro in maniera rapida e quasi del tutto invisibile.
Come i gruppi terroristici sfruttano i Bitcoin
I terroristi utilizzano le criptovalute, soprattutto i Bitcoin, per organizzare campagne che permettano ai loro sostenitori di finanziarli senza rischiare ripercussioni. In realtà nel 2020 tale pratica non si è ancora rivelata molto efficace per raccogliere fondi. Tuttavia, le tecniche delle organizzazioni terroristiche per ottenere denaro per mezzo della Blockchain sono in rapida evoluzione.
Nel 2016 un gruppo terroristico della Striscia di Gaza, chiamato Ibn Taymiyya Media Center, ha sollecitato pubblicamente donazioni di Bitcoin tramite Twitter e Telegram per una campagna di finanziamento detta Jahezona. All’inizio essa raccolse a malapena l’equivalente di 500 dollari ma nel 2018 ricevette 15 donazioni, due delle quali del valore di 289.273 dollari e 123.021 dollari. Le transazioni erano comunque sotto il controllo delle autorità, anche se non era possibile risalire all’identità dei “benefattori”.
Hamas all’avanguardia con la Blockchain
Hamas, organizzazione paramilitare palestinese, tentò di perfezionare la tecnica di transazione dei Bitcoin, commettendo però un errore. Uno degli indirizzi pubblicati dal gruppo era stato creato con Coinbase, i cui scambi sono attentamente controllati dagli Stati Uniti, che riuscirono a risalire alle informazioni personali di alcuni membri e simpatizzanti. Questo ha costretto Hamas a cancellare l’indirizzo ed a pensare un nuovo metodo di scambio. Fu così creata una pagina di finanziamento, sul sito web del gruppo, progettata in modo tale da generare un nuovo indirizzo unico per ogni donazione in Bitcoin.