Secondo Forbes, Michael Bloomberg ha un patrimonio di 47.1 miliardi di dollari, facendo di lui il 10° uomo più ricco al Mondo. L’imprenditore statunitense, però, non è ricco solo di denaro ma anche di potere. Egli è infatti considerato, sempre da Forbes, la 51° persona più potente del globo.
Tra infanzia e adolescenza
Michael Rubens Bloomberg nacque a Boston, Massachussetts, il 14 Febbraio 1942. Era figlio di genitori ebrei immigrati negli Stati Uniti dalla Russia. In poco tempo divennero la classica famiglia americana di allora: un’auto di proprietà, la madre casalinga, i figli alla scuola pubblica.
Per la formazione di Michael Bloomberg fu significativa l’esperienza nei boy scout. Nella sua autobiografia, uscita nel 2018, ha scritto che gli fu utile per acquisire un senso di comunità, essendo autosufficiente ma al tempo stesso lavorando insieme agli altri. Dopo la scuola superiore, prese la laurea in Ingegneria Elettronica alla John Hopkins, a Baltimora, nel Maryland, e l’MBA ad Harvard nel 1966. In quegli anni gli USA erano nel pieno della guerra del Vietnam e c’era la leva obbligatoria. Il giovane, tuttavia, non partirà per via dell’esito negativo della visita del medico militare, che lo giudicherà non idoneo.
Bloomberg prima del successo
Dopo aver concluso il suo percorso di studi, Michael Bloomberg decise di mettersi in cerca di lavoro. Steve Fenster, amico e compagno di studi ad Harvard, gli consigliò di candidarsi alle posizioni aperte nelle società di Wall Street. Era il 1973, l’anno della prima crisi petrolifera e quello di Wall Street era un ambiente molto lontano da quello che sarebbe diventato in futuro.
I computer erano agli albori ed il lavoro di operatore di borsa era considerato un lavoro di seconda classe. Bloomberg cominciò quindi quasi per caso i primi colloqui. Il primo fu da Goldman Sachs, il secondo da Salomon Brothers. 14mila dollari annui l’offerta dei primi, ma Bloomberg scelse i secondi. Come racconta nella sua autobiografia, già dal colloquio si strinse un rapporto basato sulla fiducia reciproca.
Partendo dai ruoli più semplici, Bloomberg arrivò a presiedere e supervisionare il trading delle obbligazioni ed il sistema informativo dell’azienda fino al 1981. In quell’anno avvenne la fusione con la Phibro Corporation e Bloomberg venne licenziato dalla nuova amministrazione. Essere messo da parte, tuttavia, gli fruttò 10 milioni di dollari di buonuscita.
L’ascesa di Mr. Bloomberg
39 anni, gli ultimi 15 passati sotto la stessa azienda con orari di lavoro anche di 12 ore al giorno, Bloomberg doveva cominciare una nuova vita. Come ha raccontato a Chris McNickle, autore del libro “Bloomberg: A Billionaire’s Ambition”
“C’erano trader e venditori migliori, c’erano migliori esperti di computer di me ma nessuno conosceva meglio di me l’industria finanziaria e come la tecnologia poteva aiutarla”.
Il 1° Ottobre 1981 fondò la Innovative Market Systems, poi ribattezzata Bloomberg LP, con l’obiettivo di
“raccogliere dati su azioni ed obbligazioni, dando la possibilità alle persone di scegliere quale fossero gli strumenti di portafoglio migliori, attraverso un software che consentisse l’analisi anche ai non matematici”.
Il primo cliente fu la Merrill Linch, che nel 1982 investì 30 milioni di dollari nella Bloomberg LP ed installò 22 terminal. Con la caduta del Muro di Berlino, la società registrò un vero e proprio boom. Nel 1990 erano già 8mila i terminal della Bloomberg LP installati. Oggi l’azienda conta più di 19mila dipendenti, 176 sedi e ricavi per oltre 10 miliardi di dollari nel 2018.
Tra filantropia e politica
La Bloomberg Family Foundation, attraverso la quale l’imprenditore svolge attività benefiche, ha donato oltre 6 miliardi di dollari ad organizzazioni e cause filantropiche. Contrario al libero possesso delle armi ed interessato ai problemi ecologici, Bloomberg è stato protagonista, a fine 2018, della più grande donazione mai fatta ad un’università. Sono stati 1.8 miliardi per la John Hopkins University, l’ateneo che lui stesso ha frequentato, facilitando l’accesso agli studenti delle classi sociali più povere.
Bloomberg decise di correre per le elezioni di sindaco di New York City nel 2001 con il Partito Repubblicano. La campagna elettorale, pagata di tasca propria, gli costò 73 milioni di dollari, ma riuscì a portarlo alla vittoria, seppur di misura (50,3% dei voti). Anche nel 2005 attinse dalle sue finanze personali per la rielezione, questa volta furono 78 milioni, e che ottenne con oltre 20 punti di distacco dal suo avversario. Il 23 Ottobre 2008, a circa 1 anno dalla fine dalle nuove elezioni, riuscì a far passare la riforma che estendeva a 3 il limite di mandati a sindaco, consentendogli così di candidarsi un’altra volta. Vinse anche nel 2009, questa volta come indipendente ed in modo meno eclatante (51%).
Da ottobre 2018 Michael Bloomberg è iscritto al Partito Democratico e le voci su una sua possibile candidatura alle primarie per le elezioni presidenziali del 2020 si rincorrono. Se lui stesso ha anticipato che farà sapere qualcosa tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, i continui attacchi all’amministrazione Trump ed i discorsi pubblici per il Partito Democratico sembrano lasciar intendere che voglia provare il grande salto alla Casa Bianca. Intervistato alla CNBC, ha affermato
“Se penso che potrei essere un buon Presidente? Sì, ma non sono l’unico che potrebbe esserlo.”