“Il Regno Unito deve continuare ad essere un membro dell’Unione Europea o lasciarla?”
Così citava il referendum della Brexit che il 23 Giugno ha chiamato milioni di britannici al voto per scegliere tra le due risposte, diventate ormai un simbolo: leave/remain.
8:15: i risultati sono ufficiali, vince il “leave” per il 52%. La Gran Bretagna è fuori. Inizia il giorno più lungo e più buio per tutto il continente Europeo.
I vertici dell’UE si riuniscono d’urgenza. Alla domanda di una giornalista durante la conferenza stampa “E’ la fine dell’Unione Europea?”, Junker, presidente della commissione europea, risponde con un secco e diretto “No!”.
Probabilmente, come sostiene lo stesso Junker, non è la fine dell’Unione Europea. Ciò che è certo però, è che quest’ultima ha tradito gli ideali sui quali si era fondata, ha tradito le promesse che aveva fatto all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, suscitando un grande dissenso tra il popolo e allargando il consenso ai partiti euroscettici.
Per comprendere il fallimento dell’Europa oggi, bisogna tornare alle origini della stessa, quando, ancor prima della fine del conflitto mondiale, gli ideali europeisti avevano fatto sognare milioni di persone del Vecchio Continente. Occorre recuperare quello scritto di cui ultimamente si è parlato troppo poco: Il Manifesto di Ventotene, di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, considerati i padri fondatori dell’idea europeista.
I due intellettuali, auspicavano un’Europa libera dai totalitarismi, fondata sulla democrazia; ma soprattutto unita. Ritenevano infatti, che ogni Stato avrebbe dovuto rinunciare ai propri confini nazionali, all’interno dei quali si era generato il germe del nazionalismo, per aprirsi ad una prospettiva europea comune. Un’ unione, prima che economica, culturale, alla ricerca di quelle radici che accomunavano tutti i paesi del Vecchio Continente.
Subito dopo la firma dei trattati di Roma del 1958, fu chiaro però, che l’impronta della nuova Comunità Europea era palesemente economica. La CEE, infatti, sorgeva nel pieno della Guerra Fredda tra Stati Uniti e URSS. Fu proprio l’America che sull’orlo di una nuova crisi di sovraproduzione, simile a quella del ’29, incentivò la creazione di un mercato unico europeo, affinchè i prodotti americani in eccesso potessero essere assorbiti, e scongiurare il pericolo di una nuova crisi. Ma dal punto di vista culturale, restava la frammentazione dei vari paesi.
Fino al 1992, anno in cui nasce formalmente l’Unione Europea, che sembrava costituire finalmente la svolta, andando nella direzione illustrata da Spinelli e Rossi.
Nobili erano gli obbiettivi, raggiunti solo in parte, che fruttarono alla neonata Unione anche il Nobel: garantire la libera circolazione di persone, merci, servizi, capitali; promuovere la pace, i valori e il benessere dei suoi popoli; lottare contro l’esclusione sociale e la discriminazione; favorire il progresso scientifico e tecnologico; mirare alla stabilità politica, alla coesione e alla crescita economica e sociale.
L’aspetto economico però, man mano, è tornato ad imporsi su tutti gli altri. In particolare, durante la crisi del 2008, l’Europa ha cominciato a parlare il linguaggio troppo complesso dell’economia: Banca Centrale Europea, politiche di austerity, spread, Troika, erano parole che risuanovano ovunque. Un linguaggio che al popolo comune non è mai piaciuto per nulla, poichè spesso era ritenuto sinonimo di tasse e minor benessere.
Simbolica è la vittoria di Tsipras, durante questo periodo. Egli ha rappresentato il simbolo di colui che non si è voluto mai piegare alle rigide politiche di austerity, imposte dalla Troyka al popolo greco. Si voleva proporre un’Europa diversa, che aiutasse i ceti deboli, e di certo non imponesse la sua rigida tassazione per restituire i debiti ai creditori. Una voce rimasta inascoltata.
Ma il malcontento popolare ormai era esploso, andando sempre più verso i partiti di estrema destra nazionalista. Questi ultimi in grande ascesa in Italia, in Austria, in Francia, in Inghilterra, hanno assunto nei confronti dell’Europa posizioni assai più radicali rispetto a quella di Tsipras, proponendo l’uscita dall’UE o almeno dall’Euro-zona.
Fino al 23 Giugno di quest’anno, giorno del referendum sulla Brexit, in cui il popolo britannico, per primo, ha manifestato tutto il suo dissenso contro questa Europa che ha parlato il linguaggio troppo complesso dell’economia e si è disinteressata del popolo stesso.
Oggi, proprio dopo il referendum della Brexit, credo che l’Europa debba mettere da parte l’aspetto economico, e tornare a parlare di ideali, quegli stessi che fecero sognare milioni di europei dopo la Seconda Guerra Mondiale.
La stessa Unione Europea, infatti, svolge un ruolo fondamentale: è l’unica, attualmente, capace di contrastare le forze di estrema destra in costante ascesa in molti paesi. L’unica quindi, che può scongiurare un ritorno al periodo buio del ‘900, caratterizzato da violenze e repressione dei diritti.
Gianluigi Seccia
***********************************************************************Note
1)Il Manifesto di Ventotene: Per il Manifesto di Ventotene si tratta del primo documento ufficiale che prefigura la necessità dell’istituzione di una federazione europea dotato di un parlamento europeo eletto a suffragio universale e di un governo democratico con poteri reali in alcuni settori fondamentali, come l’economia e la politica estera. Per questi motivi è considerato uno dei testi fondanti dell’Unione Europea.
2)Il Trattato di Roma:Usualmente con Trattato di Roma si indica il solo trattato istitutivo della Comunità Economica Europea.Si tratta di:
- l’eliminazione dei dazi doganali tra gli Stati Membri.
- l’istituzione di una tariffa doganale esterna comune.
- l’introduzione di politiche comuni nel settore dell’ agricoltura e dei trasporti.
- la creazione di un Fondo Sociale Europeo.
- l’istituzione della Banca europea degli investimenti.
- lo sviluppo della cooperazione tra gli Stati Membri.