Fra tutte le industrie, quella del tabacco è una delle più grandi e più redditizie. Ad oggi questo settore ha un peso tale da poter influenzare le economie di interi paesi, ed esso non sembra star affrontando nessuna crisi particolare.
Le “Big 6” del tabacco sul mercato
Insieme all’industria delle armi, quella del tabacco è una delle più redditizie sul mercato, sfiorando nel 2017 i 764,5 miliardi di dollari in termini di profitto. Tra le “Big 6” che dominano il mercato è possibile annoverare le quotate Philip Morris International con il 16,4% del mercato, di cui le leggendarie Marlboro sono il marchio più diffuso, Altria, Japan Tobacco, British American Tobacco, Imperial Brands e la non quotata China National Tobacco, che domina nel mercato cinese, detenendo il primato di produzione ed una quota di mercato del 43% (in riferimento a quello globale). Quest’ultima, inoltre, fattura annualmente cifre da capogiro prossime ai 90 miliardi di dollari, rappresentando, da sola, un terzo della somma di denaro complessiva in termini di fatturato.
Analisi dei profitti del settore: cosa li ha spinti a crescere?
Una delle cause per cui i profitti sono stati crescenti negli ultimi decenni è legata puramente alla costituzione del prodotto fornito: le sigarette odierne, a causa della diversa composizione del tabacco, pesano di meno rispetto al passato e ciò consente alle multinazionali produttrici di lucrare maggiormente sulla loro vendita, in quanto da un kilo di tabacco, il cui costo si aggira attorno ai 3$, è possibile produrre oltre mille pacchetti di sigarette.
Altra motivazione, invece, emerge dai dati di consumo di sigarette, che negli ultimi decenni è aumentato a dismisura, soprattutto tra i giovani, anche nei paesi meno sviluppati. Un esempio è dato dalla quota di mercato delle sigarette Camel che, per minori di anni 18, è balzata da meno dell’1% al 33% in tre anni (secondo una stima effettuata nel triennio 2010-2013), grazie anche ad una campagna pubblicitaria che vedeva come protagonista un personaggio dei cartoons. Secondo l’OMS, tali numeri sarebbero destinati a crescere e nel 2050 i consumatori complessivi di tabacco saranno all’incirca 2,2 miliardi.
Ma da riportare come rilevante è anche il caso del Terzo Mondo, in cui negli ultimi 25 anni il consumo è aumentato di una percentuale pari al 70% e, in alcuni casi, la produzione del tabacco stesso (a causa di un costo della manodopera estremamente basso) è diventata una voce portante del Pil di paesi, come nel caso del Malawi. In questo stato del sud-est africano c’è stato un salto nei proventi dalle esportazioni dal 50 al 70 per cento tra il 2007 e il 2008, fino al risultato boom del 2010, anno in cui è stato il maggiore produttore mondiale del tabacco Burley. Nel momento in cui dovesse verificarsi un calo per l’industria, l’economia di un Paese in queste condizioni entrerebbe pesantemente in crisi, vista la dipendenza da un’unica industria. È proprio su questo che fanno leva le “Big 6”. Costituendo, infatti, la fonte principale di reddito in tale Paese e non essendoci molte alternative in termini di industrie e produzione, esse sfruttano tale deficit lucrando su costi di manodopera estremamente bassi, consapevoli del potere di cui godono.
La redditività del business delle sigarette
Data la stabilità e la costanza dei rendimenti che tale industria ha da sempre prodotto, le multinazionali del tabacco sono state in grado di elargire larghi dividendi ai propri azionisti, arrivando poco tempo fa ad un valore di circa 20 mld di dollari di cedole. La redditività per questa industria è stata nel 2010 di ben 346,2 miliardi di dollari, per un profitto netto di 35,1 miliardi. Per darvi un’idea, si ottiene la stessa cifra se si sommano i profitti 2010 di Coca-Cola, Microsoft e McDonald’s.
Ad oggi, però, si è registrata una regressione in borsa, come mostrato nella figura sottostante, a causa della presa di coscienza degli effetti collaterali del tabacco, delle campagne di sensibilizzazione e delle alternative al fumo sul mercato.
In Italia la percentuale di fumatori sul totale della popolazione è passata in 10 anni dal 23,4 al 19,3%; in Germania dal 23,7 al 21,9%; in Francia dal 29,1 al 27,8%; nel Regno Unito dal 20,2 al 17%; negli Stati Uniti dal 19,8 al 14,7%; in Giappone dal 26,3 al 19,3 per cento. In Cina, invece, la percentuale è rimasta assestata attorno al 27%.
Questo ribasso è stato innescato da vari fattori. Il più importante tra essi è sicuramente il piano per la riduzione del consumo di tabacco annunciato dalla Food and Drug Administration americana lo scorso 28 di luglio incentrato su una proposta di legge per l’introduzione di un tetto al livello di nicotina massimo nelle sigarette al fine di minimizzare se non azzerare la dipendenza indotta dal fumo.
Le azioni intraprese in contrasto con l’attività del tabagismo hanno avuto anche carattere politico: dal 2021, ad esempio, a Beverly Hills sarà vietato vendere tabacco sotto qualsiasi forma eccetto che in tre locali di lusso appositamente autorizzati. Una scelta che è stata dettata dal voler preservare la salute pubblica e contrastare il fenomeno crescente di consumo di sigarette, anche quelle elettroniche di più recente affermazione sul mercato.
Una misura sicuramente efficace per prevenire il tabagismo è anche l’introduzione di imposte sul tabacco per ridurne la domanda. Per riuscire nello scopo, tale tassa deve essere consistente e “sentita” nel portafoglio. Infatti, forti aumenti dei prezzi determinano una diminuzione del consumo di tabacchi, soprattutto fra le persone con un basso reddito. L’Italia, a partire dal 2017, si è allineata agli altri Paesi europei con un DL fiscale a riguardo.
La rivoluzione ambientale Made in Italy
Una risposta innovativa al dibattito sulle sigarette arriva dall’Italia. Di recente è stata infatti sviluppata da Bio-on, azienda quotata all’AIM su Borsa Italiana e attiva nel settore dei biopolimeri di alta qualità, una tecnologia capace di ridurre attraverso i filtri una percentuale pari al 60% le sostanze nocive contenute nelle sigarette, generando una vera e propria rivoluzione nel mercato del tabacco.
La produzione dei biopolimeri partirà entro la fine di quest’anno grazie ad un investimento di 15 milioni di euro e darà lavoro a regime a circa 40 persone, con una capacità produttiva iniziale di 1.000 tonnellate annue.
Una curiosità: l’ industria del tabacco nel cinema
La pellicola cinematografica “Thank you for smoking” del 2005 ha cercato di dare un’idea del business dietro al consumo di tabacco e del giro d’affari che lo riguarda, che coinvolge aspetti sicuramente economici ma anche politici. Attraverso la figura di un lobbista che si batte per la difesa del fumo e dei produttori di sigarette, viene spiegata la rete di affari che accomuna le multinazionali di tabacco, armi e alcool. Vengono inoltre evidenziati come i loro rappresentanti agiscono per preservarne la continuazione del business, attraverso espedienti politici e sociali, ed i meccanismi su cui si fa normalmente leva per incentivare le persone al consumo di tali prodotti.