Le società di calcio, soprattutto quelle importanti, presentano solitamente un organigramma molto articolato: figure esperte e preparate ricoprono ruolo ben precisi, dall’area tecnica alla gestione del marketing, con il compito di raggiungere gli obiettivi prefissati.
A volte, però, la gestione del club è influenzata dai “consumatori finali” della grande industria calcistica: i tifosi. In questo caso si parla quindi di azionariato popolare, un modello di governance che consiste nel diffondere la proprietà di una determinata società sportiva ai suoi grandi appassionati, tramite una partecipazione azionaria.
I tifosi investono quindi nel club, diventandone soci, riuscendo anche ad acquisire determinati diritti, per esempio quello di voto alle assemblee. Di conseguenza possono prendere parte ai risultati sportivi e soprattutto economici della squadra.
Solitamente viene adottato questo metodo in caso di fallimento societario, per poter garantire la continuità agonistica e risollevare economicamente il club. I tifosi decidono quindi di acquistare pacchetti di azioni, garantendosi una percentuale di capitale o, in via eccezionale, sono loro stessi a rilevare l’intera società.
I motivi per cui si ricorre all’azionariato popolare sono molteplici: su tutte, esso garantisce una maggiore stabilità economica, grazie ad un afflusso costante e diretto di capitali da parte dei soci, e un continuo processo di fidelizzazione dei tifosi-azionisti, che contribuiscono indirettamente all’incremento di incassi derivati (proventi dallo stadio, diritti tv, merchandising e sponsor).
L’esempio catalano
Un perfetto esempio di azionariato popolare è quello del Barcelona, che conta più di 150.000 soci sparsi in tutto il mondo: a facilitarne l’adesione ci sono la grande storia del club (tra i più vincenti del mondo) e le sue grandi dimensioni, che permettono di arrivare ad essere conosciuto in ogni parte del mondo.
Essi hanno la possibilità di gestire il club tramite l’assemblea generale, massimo organo di governo, formata dal 2,5% dei soci totali, nominati tramite sorteggio. I suoi compiti sono approvare il bilancio e le modifiche dello statuto, autorizzare la vendita dei beni societari e i nuovi accordi di sponsorizzazione.
Oltre all’assemblea, i soci esercitano il loro potere eleggendo, a suffragio universale ogni quattro anni, il presidente del club. Il suo lavoro è svolto in collaborazione con la Junta, un gruppo formato da circa 18 soci che ha il compito di aiutarlo nelle sue mansioni ed intermediare con l’assemblea generale. Il presidente è una figura molto importante perché, oltre a rappresentare mediaticamente il Barcelona, è responsabile di tutte le operazioni non soggette all’influenza dei soci, come i trasferimenti dei giocatori e la gestione economica societaria. Ciò venne messo in pratica nel 2013, quando il club acquistò l’attaccante brasiliano Neymar pagandolo 80 milioni di euro al Santos. Un socio, Jordi Cases, si insospettì e chiese di fare chiarezza rendendo pubblici i documenti del trasferimento: risultò che l’allora presidente Rossel avesse dichiarato cifre molto più basse di quelle realmente pattuite, e che il contratto con il giocatore non avesse rispettato le normative imposte dalla FIFA.
Rossel venne quindi accusato di frode, evasione fiscale e corruzione, condizione che lo obbligò a dimettersi nel 2014, succeduto dall’attuale presidente Bartomeu.
Altri casi nel mondo
Il Barcelona non è l’unico club spagnolo ad utilizzare l’azionariato popolare: anche il Real Murcia, l’Atletico e il Real Madrid seguono questo metodo, seppur limitando notevolmente l’influenza dei tifosi sulla gestione societaria.
In Italia tra i casi presenti abbiamo quello del Sant’Arcangelo, squadra di serie D che nel 2009 cedette il 10% delle partecipazioni alla A.S. Squadra Mia, società sportiva composta da un folto numero di tifosi. Altre squadre che hanno adottato alcune forme di azionariato popolare sono:
- Mantova
- Arezzo
- Enna
- Vibonese
- Hellas Verona
- Reggina
Per quanto riguarda la Serie A, Inter, Fiorentina e Parma hanno in periodi diversi preso in considerazione l’ipotesi dell’azionariato popolare, senza però mai passare a fatti concreti, mentre la Roma è l’unico team che presenta un soggetto giuridico formato unicamente da tifosi che partecipa alla gestione del capitale.
Diversa la situazione in Inghilterra, dove sono numerosi i supporters’ trust, organizzazioni formalmente riconosciute e senza fini di lucro che partecipano con piccole quote al capitale sociale del club di riferimento: il loro compito è quello di instaurare un rapporto costruttivo con esso ed essere influente nelle decisioni operative.
Ma è soprattutto in Germania che l’azionariato popolare trova un elevato consenso, soprattutto dai due club più importanti, il Borussia Dortmund e il Bayern Monaco. La squadra bavarese, in particolare, assegna ben il 73% ai propri tifosi, mentre il restante 27% è equamente diviso in tre aziende di caratura mondiale: Audi, Adidas ed Allianz.
A facilitare questo modello è la cosiddetta legge del 50+1, approvata nel 1999, che vieta ai club tedeschi di assegnare più del 50% ad una singola azienda o ad un singolo gruppo: solo il Bayer Leverkusen è esonerato da questo vincolo, essendo posseduto per la maggior parte dall’omonima casa farmaceutica.