Il mercato nascente della cannabis light
Da qualche tempo in Italia è spopolata la cosiddetta cannabis light: si tratta di un tipo di cannabis che presenta un alto contenuto di CBD (componente non psicoattiva con effetti rilassanti) e un tenore trascurabile di THC (la sostanza psicotropa che provoca “euforia”) compreso tra lo 0.2% e lo 0.6%, fascia legalmente tollerata dallo stato italiano. Parliamo dunque di una marijuana leggera con effetti sedativi che allevierebbe l’ansia, lo stress e l’insonnia.
Nonostante si osservi già da alcuni anni un trend positivo per quanto riguarda l’espansione delle piantagioni, è a seguito dell’emanazione della Legge 242/2016, riguardante le disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, che i terreni agricoli adibiti allo scopo hanno iniziato ad espandersi a ritmo sostenuto in tutta la penisola.
Passato e presente della canapa in Italia
Quello a cui stiamo assistendo è, in realtà, un ritorno al passato: l’Italia infatti vanta una tradizione antichissima nella coltura della canapa. Prima che la pianta fosse messa al bando, intorno alla metà del secolo scorso, il Bel Paese figurava tra i maggiori produttori al mondo. Stando a stime risalenti al 1910, circa 80.000 erano gli ettari destinati alla coltivazione della canapa sul suolo nazionale, di cui 45.000 nella sola Emilia-Romagna. La pianta infatti si prestava egregiamente all’uso tessile e in particolare alla produzione di corde e tessuti resistenti, come le vele usate dalle Repubbliche marinare. Un settore fiorente, quello della canapa, che tuttavia entrò in crisi con l’arrivo delle fibre sintetiche, più economiche, fino ad essere definitivamente abbandonato a seguito dell’inasprimento delle norme sulla cannabis.
A distanza di molti anni l’Italia sembra intenzionata a rilanciarsi su questo mercato. A guidare questa vera e propria esplosione è il fenomeno della cannabis light con le infiorescenze a basso livello di THC. Molti sono stati gli agricoltori attirati dall’alta profittabilità del settore: con le giuste tecniche produttive si riescono a raccogliere circa 500-600 chilogrammi di prodotto secco per ogni ettaro di coltivazione, rivendibile ad un prezzo che va dai 100 ai 1000 euro al chilo a seconda della qualità della merce.
Legate alla canapa abbiamo inoltre anche altre filiere avviate negli ultimi anni, come quelle della canapa alimentare e cosmetica, quella destinata alla bioedilizia, alla produzione di carta e bioplastica, oltre naturalmente al settore tessile.
Il mercato della cannabis light: un po’ di numeri
Secondo quanto riporta il report redatto da Davide Fortin, ricercatore alla Sorbona di Parigi specializzato nel mercato della cannabis, stiamo parlando di un giro di affari da 44 milioni di euro l’anno che porterà alla creazione di almeno 960 posti di lavoro fissi. Essendo la filiera produttiva quasi totalmente confinata in Italia, le oltre 20 tonnellate acquistate secondo le previsioni porterebbero nelle casse dell’erario circa 6 milioni di euro provenienti dalla tassazione.
Molte sono le aziende che stanno nascendo in questo campo e che stanno ottenendo ottimi risultati, come ad esempio Easyjoint, primo produttore di “marijuana legale”, che fin da subito ha fatturato cifre record grazie all’elevata domanda da parte dei clienti. L’azienda si sta espandendo a macchia d’olio e attualmente detiene circa l’85% del mercato nazionale.
Contemporaneamente è stata fondata l’Italian Cannabis Business School, la prima scuola di alta formazione sul mercato della cannabis, che si propone di formare imprenditori, avvocati e tutto coloro che vogliono lanciarsi in questo nuovo business.
Il futuro incerto della cannabis light
Se da un lato è positivo il fatto che anche l’Italia abbia cominciato a muovere i primi passi in questa direzione, c’è ancora molto da fare. In primis bisogna ammettere che il quadro normativo è incerto: il legislatore ha lasciato alcune zone d’ombra riguardo la commercializzazione dei prodotti derivati della canapa. Pertanto è auspicabile una legislazione ad hoc per massimizzare i benefici provenienti da questa svolta.
La stessa Legge 242 del 2016 non presenta disposizioni riguardanti il commercio e il consumo delle infiorescenze, le quali, da prodotto di scarto della lavorazioni della canapa, sono diventate il pezzo forte della produzione. Pertanto i commercianti, per ovviare a queste lacune, stanno adoperando ad esempio lo stratagemma della vendita a fini “collezionistici”. È dunque evidente il clima di incertezza che aleggia in questo mercato.
Inoltre ci sono diverse ragioni per credere che il prodotto della cannabis light difficilmente diventerà un concorrente della cannabis tradizionale. Il basso contenuto di THC potrebbe renderla infatti meno appetibile al consumatore alla ricerca dell’uso ricreativo della sostanza piuttosto che quello medico, nonostante il prezzo retail sia apparentemente competitivo. Tutto ciò potrebbe attutire l’effetto sperato di una riduzione della criminalità e del mercato nero.
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