In queste ultime settimane, l’argomento più dibattuto nel mondo finanziario nazionale ed europeo è stato sicuramente il cosiddetto fondo italiano “Salva-Risparmio”. Ma in cosa consiste questo fondo? E soprattutto come funziona?
Il fondo Salva-Risparmio viene ufficialmente costituito il 23 dicembre in seguito all’approvazione da parte del Parlamento italiano. Si procede alla sua creazione con una certa urgenza, visto il fallimento dell’aumento di capitale di Monte dei Paschi di Siena.
Iniziamo dal nome: perché Salva-Risparmio? Perché l’obiettivo ufficiale per il quale è stato costituito non è tanto salvare la banca in sé (o i vertici), quanto piuttosto i risparmiatori, come obbligazionisti e correntisti. Essi, in caso di fallimento, vedrebbero applicata la nuova regola del Bail-in, la quale comporterebbe la riduzione o in alcuni casi l’azzeramento dei loro risparmi; questo perché la nuova regolamentazione del Bail-in prevede che siano azionisti, obbligazionisti subordinati, obbligazionisti e correntisti (sopra i 100.000 €) a doversi far carico del salvataggio dell’istituto bancario.
(Per approfondire l’argomento Bail-in: Come non naufragare insieme alla propria banca)
Come funziona questo Salva-Risparmio? Consiste in un fondo con dotazione massima pari a 20 miliardi di euro, stanziato dallo Stato italiano mediante indebitamento pubblico fuori bilancio, quindi con maggiore emissione di titoli di Stato. Questi ultimi potranno essere usati per interventi di ricapitalizzazione preventiva degli istituiti bancari in difficoltà.
La domanda che in molti si sono posti subito dopo la creazione di questo fondo è stata: “È in regola con le normative europee?”. Infatti negli ultimi anni non abbiamo fatto altro che sentir dire “non si può, perché sono aiuti di Stato e va contro le regole europee”.
Ma allora cosa prevedono di preciso queste norme europee?
Tranne in alcuni casi, gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che disciplina la materia agli articoli 107 e 108.
Articolo 107 comma 1: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
Ovviamente la disciplina non si ferma al primo comma, ma prevede delle deroghe. Si distingue tra deroghe che si applicano automaticamente e deroghe discrezionali. Aiuti di Stato concessi al settore bancario nell’UE rientrano nelle deroghe contenute nel terzo comma dell’articolo 107 e vengono giustificati in casi di grave turbamento dell’economia. In seguito allo scoppio della crisi del 2008, l’Unione Europea ha deciso di alleggerire (a causa di un’emergenza giudicata di maggior rilievo rispetto alla tutela della concorrenza) il controllo sugli aiuti di Stato concessi agli istituti di credito, in deroga alla disciplina generale, autorizzati nel bilancio dell’Unione Europea del 2008-2014. Quindi l’intervento statale italiano non sarebbe un primo caso isolato di deroga alle normative; è anzi molto utile dare un’occhiata alla classifica riportata qui sotto per rendersi conto in che misura i vari stati membri abbiano beneficiato di questa deroga e scoprire come l’Italia sia complessivamente il paese che, fino ad ora, ha iniettato minor capitale pubblico nelle proprie banche.
- Germania 238,9 miliardi di euro
- Regno Unito 162,5 miliardi di euro
- Spagna 52,5 miliardi di euro
- Irlanda 41,8 miliardi di euro
- Grecia 39,8 miliardi di euro
- Olanda 36,3 miliardi di euro
- Austria 28 miliardi di euro
- Portogallo 19 miliardi di euro
- Belgio 18,5 miliardi di euro
- Slovenia 6,8 miliardi di euro
- Francia 2,7 miliardi di euro
- Danimarca 1,1 miliardi di euro
- Italia 1.07 miliardi di euro
(Fonte: Forexinfo.it)
Comunque sia, al di là di tutte le analisi politico-economiche che si possono fare, le norme esistono e vanno in qualche maniera rispettate. Ciò significa che il fondo Salva-Risparmio non potrà entrare così a “cuor leggero” nel capitale delle banche, ma potrà intervenire mediante operazioni di ricapitalizzazione preventiva a seguito dell’autorizzazione della commissione Europea e BCE. Entrambe dovranno riscontrare se realmente un mancato intervento statale possa portare ad una situazione grave e tale da turbare effettivamente l’economia dell’eurozona, quindi concedere una deroga alla normativa generale. In seguito all’autorizzazione lo Stato potrà intervenire, effettuando un meccanismo di “burden sharing” che prevede la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni e la diluizione del valore azionario. Quindi questo meccanismo, anche se in misura inferiore rispetto al Bail-in, impone delle perdite “forzate” per alcune classi (le più rischiose) di investitori. Inoltre l’intervento è soggetto a molti vincoli: ad esempio ci sarà un tempo massimo di durata dell’intervento, entro il quale lo Stato dovrà dismettere le quote di controllo. Sono previsti anche dei vincoli di gestione, imposti dal paragrafo 47 della comunicazione UE del 2013 sul sistema bancario, che prevedono in particolare l’autorizzazione preventiva della BCE a qualsiasi operazione di gestione del capitale oltre al blocco di dividendi e acquisti di partecipazioni in imprese.
Per quali istituiti è previsto l’utilizzo del fondo Salva-Risparmio?
Ufficialmente il fondo non è stato costituito per una banca in particolare, ma per tutelare l’intero sistema bancario italiano. È dato comunque per scontato che il primo utilizzo, il più massiccio poiché da solo andrà ad assorbire quasi il 40% della dotazione, sarà sul Monte dei Paschi di Siena. L’operazione di circa 8,8 miliardi di euro di aumento di capitale prevede che, al termine della ricapitalizzazione, il Tesoro dovrebbe avere una quota di capitale di circa il 70% della banca senese. Tale partecipazione sarebbe il risultato dell’impegno finanziario atteso dallo Stato italiano, che più parti indicano in circa 6,5 miliardi di euro; calcolando che agli 8,8 miliardi di aumento (richiesto dalla BCE) si deve aggiungere la capitalizzazione attuale in Borsa (442 milioni di euro prima della sospensione) il Tesoro avrebbe appunto poco più del 70% su un valore totale del Monte Paschi di 9,2 miliardi di euro. Il fabbisogno di capitale indicato dalla BCE, una volta soddisfatto dalla ricapitalizzazione precauzionale, ha lo scopo di consentire a Banca Monte dei Paschi di Siena di trovarsi in condizioni tali da superare con successo a fine 2018 l’eventualità di uno scenario avverso, come ipotizzato dagli stress test condotti dall’Agenzia Bancaria Europea (Eba) nel 2016 (Fonte: ilSole24Ore). Il governo sembra aver deciso di optare per un meccanismo di tutela degli obbligazionisti subordinati di Mps al 100%, assegnando loro prima azioni e poi obbligazioni ordinarie pari all’intero valore nominale delle obbligazioni possedute. Questo solo per gli investitori retail (cioè piccoli investitori), mentre gli investitori istituzionali avranno una conversione che riconoscerà loro circa il 75% del valore nominale.
Infine sembra altrettanto scontato l’utilizzo del fondo per le quattro “good bank” salvate nel novembre del 2015, Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, nonché per Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
Basterà questo fondo per neutralizzare i pericoli che incombono sul sistema bancario italiano?
Ovviamente è ancora troppo presto per tirare delle conclusioni, anche se la sensazione è che, senza una vera e propria riforma in senso generale a livello non solo italiano ma europeo (perché non va dimenticato che le altre banche europee non navigano in acque tranquille), non si riesca a rilanciare definitivamente il sistema bancario; in tale contesto molti invocano una revisione dei parametri di BASILEA 3, i requisiti di capitale minimi che puntualmente spaventano le banche europee a ridosso degli stress test, e una nuova discussione sul meccanismo di Bail-in. Inoltre va detto che il fondo Salva-Risparmio non è l’unica mossa intrapresa dal Governo italiano ma fa seguito alla “rete di sicurezza” di 150 miliardi di euro per garantire la liquidità agli istituti solventi, varata nel luglio 2016.
Lorenzo Smeraldi