Come si è arrivati al commissariamento di Banca Carige e quali saranno ora le conseguenze per la Banca?
Il commissariamento di una Banca quotata in Borsa è un atto che le Autorità di Vigilanza utilizzano raramente, a meno che non si verifichi una situazione di grave emergenza. Nei giorni tra la vigilia di Natale e Capodanno, Carige è stata in emergenza totale perché, dopo la bocciatura dell’aumento di capitale da 400 milioni da parte dell’assemblea, l’istituto rischiava di trovarsi a corto di fondi e con un consiglio di amministrazione sfiduciato dai soci e pronto a dimettersi. Alla Vigilanza era ben chiaro che serviva una risposta forte ma soprattutto rapida, prima che dilagasse la sfiducia della clientela, degli obbligazionisti e delle agenzie di rating e più in generale di tutto il mercato.
Andiamo per ordine e ricostruiamo la vicenda degli ultimi giorni.
Nell’assemblea del 22 dicembre il socio di riferimento Malacalza Investimenti (27,5% del capitale) si era astenuto nell’aumento di capitale e subito si erano dimessi la vicepresidente Lucrezia Reichlin e il consigliere ed azionista Raffaele Mincione. Il vertice della Banca presieduta da Pietro Modiano e guidata dall’ad Fabio Innocenzi era pronto a lasciare dopo aver riferito l’esito assembleare alla Vigilanza Bce e alle autorità italiane.
Dal 26 al 30 dicembre tra Genova, Roma e Francoforte si sono vissute giornate di contatti frenetici con un obiettivo principale: ottenere subito dai Malacalza l’impegno formale e pubblico a votare a favore della ricapitalizzazione, in una nuova assemblea da convocarsi il più rapidamente possibile. Ma i Malacalza hanno mantenuto la propria posizione. A quel punto, tenendo anche conto che lo status quo avrebbe portato alle dimissioni del vertice Modiano – Innocenzi, la Vigilanza ha deciso di tagliare fuori i Malacalza dal cda commissariando la Banca; commissariamento reso possibile e accelerato dallo “strappo” avvenuto con le dimissioni dei consiglieri non legati a Malacalza, che ha fatto decadere l’intero board.
Da Francoforte è arrivato pieno sostegno a Modiano e Innocenzi, che sono stati nominati commissari per assicurare continuità gestionale e fiducia nel piano di salvataggio e rilancio che passerà, in prima battuta, con la cessione dei crediti deteriorati. La Banca si ritrova ad oggi con circa 2,8 miliardi di crediti deteriorati che devono essere ridotti in modo da riportare il rapporto crediti deteriorati su crediti erogati (Npe Ratio) in equilibrio; al nuovo piano industriale sta già lavorando Boston Consulting Group.
Cosa accadrà ora?
È molto probabile che i commissari di Carige provino a sedersi al tavolo con i vertici del Fondo interbancario, che a fine novembre ha sottoscritto un bond subordinato da 320 milioni per consentire a Banca Carige di ripristinare i coefficienti patrimoniali (Total Capital Ratio) sopra i minimi chiesti dalla Bce. Per effetto della bocciatura dell’aumento di capitale il rendimento del bond salirà sensibilmente, con un ulteriore aggravio della sua posizione debitoria. Un macigno per il rilancio della Banca che, nelle nuove condizioni di governance, è ragionevole punti a ottenere una riduzione della cedola o una parziale conversione del bond in capitale, nel caso le nuove richieste Srep (Supervisory Review and Evaluation Process) di Bce lo rendessero necessario.
Solo nelle prossime settimane si capirà qual è il destino di Carige, dei suoi azionisti e creditori. Certo è che, qualora la Banca dovesse immettersi sulla strada della ricapitalizzazione precauzionale, il sistema bancario italiano si ritroverebbe azionista di minoranza della banca genovese insieme allo Stato, che farebbe la parte del leone. Si tratta di assetto azionario inedito, che necessiterebbe delle preventive autorizzazioni sia da parte di Francoforte che della Commissione Ue.
Ovviamente è ancora presto per dirle con quale quota, poi, lo Schema e il Tesoro potrebbero spartirsi il capitale della Banca. Molto dipenderà da ciò che chiederà la Bce a fine mese nell’ambito dei nuovi Srep. A novembre la Bce approvava un capital conservation plan che stimava un fabbisogno patrimoniale complessivo dell’ordine dei 400 milioni, da cui l’entità dell’aumento posto al vaglio dell’assemblea a dicembre. Come finirà?
di Vittorio Vocino
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