Agli inizi della pandemia, la Corea del Nord aveva ripetutamente dichiarato di non aver registrato alcun caso di coronavirus sul suo territorio. Essendo uno dei Paesi più impermeabili del pianeta, è difficile dire se quanto affermato da Pyongyang corrispondesse a realtà. Tuttavia, ci sono degli elementi che potrebbero far dubitare della bontà delle dichiarazioni nordcoreane.
Il 25 gennaio Kim Jong-Un, il dittatore nordcoreano, aveva ordinato di chiudere il porto di Sinuju, in cui arrivano molte merci dalla Cina, e solamente due giorni dopo ha disposto la chiusura dei confini con Pechino. Dopodiché ha stabilito che venissero chiusi tutti gli ingressi via terra, mare e aria e che, di conseguenza, venissero fermati i flussi turistici. Infine ha imposto a tutti i cittadini l’utilizzo di mascherine, e ad alcuni l’obbligo di quarantena.
Ammesso che queste misure siano state prese per evitare preventivamente l’imperversare del virus all’interno del territorio nordcoreano e non per contrastarlo, appare comunque sospetto che un Paese che confina con la Cina e vi intrattiene rapporti commerciali molto intensi non abbia registrato un singolo caso di coronavirus.
Le conseguenze economiche della chiusura con la Cina
Questi sospetti non possono trovare facilmente una conferma o una smentita, ma quel che è certo è che, in ogni caso, le misure adottate dal governo nordcoreano hanno avuto ed avranno delle pesanti ripercussioni sul Paese.
In particolare la chiusura con la Cina, con cui la Corea detiene il 90% dei rapporti commerciali, ha causato un enorme danno. Pyongyang si è trovata improvvisamente impossibilitata a procurarsi beni di prima necessità, e ciò ha avuto come immediata conseguenza la scarsità di cibo nel Paese e quindi un aumento vertiginoso dei prezzi, che ha portato il governo ad imporre un tetto massimo per evitare un’inflazione esagerata.
L’imposizione messa in atto dalle autorità non ha tuttavia impedito che i prezzi di alcuni beni, quali il riso, divenissero più elevati del normale, causando a livello sociale delle problematiche che il governo non è riuscito a gestire agevolmente: la situazione è talmente disperata che il 25 marzo le autorità hanno ordinato ad alcune istituzioni del Paese di procurarsi il cibo a proprie spese per il mese successivo. A causa della mancanza di cibo, Pyongyang ha addirittura chiesto all’ONU di allentare le sanzioni che da decenni gravano sull’economia nordcoreana.
La gravità della situazione è data anche dal fatto che persino la produzione interna è strettamente dipendente da Pechino: alcune aziende nordcoreane infatti importano le merci dalla Cina, per poi trasformarle in prodotti finiti ed esportarle nuovamente verso il gigante asiatico. In sostanza, la pandemia ha messo in luce la stretta dipendenza di Pyongyang da Pechino. Si stima, infatti, che il blocco con la Cina abbia creato più danni che anni di sanzioni internazionali.
Un sistema sanitario obsoleto
A limitare i danni delle già citate sanzioni è intervenuta ancora una volta la Cina, che ha agito da mediatrice. L’ambasciatore cinese Zhang Jun ha chiesto all’ONU più flessibilità nei confronti di Pyongyang, sollevando proprio l’allarme della mancanza di cibo e medicinali. Le Nazioni Unite hanno quindi deciso di ridurle e hanno permesso ad alcuni organismi, quali la Croce Rossa, di spedire nel Paese dispositivi di protezione, tamponi e respiratori. Questo perché anni di isolamento e di pesanti sanzioni hanno messo in crisi il sistema sanitario nordcoreano, rendendolo obsoleto ed assolutamente impreparato ad affrontare, eventualmente, un’epidemia: non ci sono abbastanza posti letto, attrezzature e personale medico.
La propaganda nordcoreana
Sebbene il regime sia perfettamente conscio dei limiti del Paese, l’immagine che vuole mostrare ai cittadini è ben diversa da quella appena descritta. A questo proposito, Pyongyang sta operando una propaganda atta a generare nella popolazione una visione distorta di quella che è la realtà al di fuori del territorio nordcoreano: alle immagini dei funzionari coreani che disinfettano i luoghi pubblici vengono contrapposte quelle di presunti scenari apocalittici provenienti da altri Stati.
Insabbiare l’incapacità del regime di gestire adeguatamente l’emergenza è l’unico strumento in mano al governo per scongiurare un’eventuale presa di coscienza della popolazione di fronte ad una pandemia che potrebbe uccidere migliaia di persone. Kim Jong-Un, infatti, non può permettersi di affrontare delle problematiche aggiuntive, men che meno l’instabilità sociale che si genererebbe se il popolo venisse a sapere davvero quel che sta accadendo.