Il futuro della mobilità urbana
“Il car-sharing è in fortissima crescita. Diversi i fattori giustificano al giorno d’oggi il suo utilizzo: la crescente urbanizzazione, la continua digitalizzazione e il minore attaccamento al “senso di proprietà” da parte delle nuove generazioni. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che il settore sia in piena espansione. Un veicolo Car2go, infatti, viene in media noleggiato ogni 1,3 secondi. E siamo solo all’inizio.”
Il servizio di car sharing tedesco, a ormai 10 anni dalla sua fondazione, è oggi al massimo della sua espansione, ma per il futuro ha ben altre ambizioni. L’Università di Berkeley ha dimostrato in uno studio del 2016 condotto su 5 grandi città nordamericane, che un servizio di car-sharing come car2go, per ogni veicolo può eliminare dalle 7 alle 11 auto private dalle strade cittadine, che significa migliorare il traffico e ridurre l’ammontare di chilometri percorsi dalla comunità. Nelle cinque città statunitensi prese in considerazione dall’Università di Berkley, sono state stimate 28000 auto in meno per strada e una riduzione delle miglia totali percorse (146 milioni). Durante lo scorso anno Car2Go ha visto aumentare nuovamente suoi utenti, che hanno raggiunto i 3 milioni a inizio 2018, numero che ribadisce la leadership del servizio nel mercato del “one way car-sharing”. La società McKinsey contestualizza:”La crescente popolarità della mobilità condivisa rallenterà le vendite globali di veicoli, ma non le farà diminuire. Anche se grazie ai sistemi di car-sharing ci saranno probabilmente meno nuovi veicoli per strada, le vendite di auto nei paesi in via di sviluppo supereranno comunque l’impatto della mobilità condivisa nei prossimi 15 anni.” La buona notizia è che, fino al 2030, circa un terzo dell’aumento previsto nelle vendite di veicoli, dovuto all’urbanizzazione e alla crescita macroeconomica, con buone probabilità sarà frenato della mobilità condivisa. L’enorme crescita economica nel continente asiatico, insieme alla crescita del fabbisogno di rimpiazzare i veicoli utilizzati nel car sharing, per via del loro maggiore utilizzo, alimenteranno inevitabilmente la produzione. Inoltre sempre secondo i dati di McKinsey, in un sondaggio condotto nel 2017 il 67% degli intervistati in US dichiarava di continuare a preferire l’utilizzo dell’auto di proprietà rispetto all’utilizzo di servizi di guida o di condivisione. Nonostante la crescita che sta vivendo, il fenomeno forse non è ancora culturale e pressoché limitato alle grandi città e alle fasce più giovani della popolazione. Nel prossimo futuro però le cose potrebbero cambiare sensibilmente. Alcuni analisti di Goldman Sachs hanno stimato che entro il 2030 il ride-hailing (ovvero l’utilizzo di sistemi di trasporto come Uber) crescerà di 8 volte, raggiungendo un volume d’affari di 285 miliardi. Allo stesso tempo un’indagine condotta da KPMG sostiene che entro il 2025 le preferenze cambieranno nettamente e la tendenza a non avere bisogno di un’auto di proprietà sarà sempre più diffusa.
Perdere oggi per guadagnare domani
In questo scenario non sembra dunque poi così strano che produttori di veicoli come Daimler (Car2go) e BMW (DriveNow) si occupino di qualcosa che all’ apparenza può cannibalizzare il loro core-business, e forniscano servizi di car-sharing. Vogliono far parte della partita che si giocherà in questo segmento del mercato, che potrebbe essere di vitale importanza per i loro ricavi futuri, quando le tendenze saranno definitivamente altre. L’Automotive è un settore in cui si stanno vivendo e si vivranno enormi innovazioni, e una buona approssimazione dell’intensità del cambiamento in atto è data è proprio dal fatto che due rivali storiche come Mercedes (gruppo Daimler) e BMW decidano di mettersi insieme per dare una risposta. Se una parte dei profitti futuri del settore automobilistico è destinata ad essere inghiottita dalla shared-mobility, posizionarsi oggi farà la differenza domani. Posizionarsi, questo è il dogma. Anche a costo di operare inizialmente in perdita. DriveNow, ad esempio, nel 2017 ha riportato perdite per 34 milioni di euro nel 2017. Se ci concentriamo sul contesto italiano, osserviamo che il car-sharing nel complesso è ancora un business in perdita. Gli ultimi bilanci di tutte e quattro le principali società del nostro mercato(Car2go, Enjoy, Drive Now e Share’ngo) riportano risultati negativi e in media ogni auto genera una perdita annuale di 4.700 euro. Ingenti investimenti, alti costi di gestione, manutenzioni e riparazioni del parco auto sono le principali voci di costo, insieme ai canoni pagati alle amministrazioni locali, per gli ingressi nelle ZTL e la sosta sui posti auto con le strisce blu. Si, qualcuno lo deve pur pagare il parcheggio: si parla di 1200 euro annui a veicolo nei comuni di Roma e Milano, 600 euro a Firenze e 300 di base fissa più un variabile che parte dai 250 euro a Torino.
Il matrimonio Mercedes e BMW
Proprio per fronte della situazione complicata, Daimler e BMW a fine marzo hanno annunciato di voler fare quello che era nell’aria da tempo: unire le forze. Intendono infatti mettere in piedi una Joint Venture paritetica con la quale fondere i rispettivi servizi di car-sharing Car2go e DriveNow, creare un colosso europeo da 4 milioni di clienti e cambiare marcia nella competizione. Non solo, il progetto mira a creare una piattaforma da cui poter accedere sia all’offerta del car sharing sia ad altri servizi di ride-hailing come MyTaxi, sempre di proprietà del gruppo Daimler. La collaborazione può sostenere un’offerta più capillare nel territorio, con un parco auto più ampio e servizi accessori, quali localizzazione di parcheggi o punti di ricarica se state guidando un’auto elettrica. L’obiettivo di lungo termine è quello di consacrare la mobilita condivisa e di creare un servizio in grado di dominare gli altri player del settore ma soprattutto di competere con con Uber, come sostiene l-AD di Daimler Dieter Zetsche. Peter Schwarzenbauer, membro del board di BMW precisa che la Joint Venture non genererà da subito profitti, la strada resta lunga. Piuttosto gli obiettivi di breve termine sono continuare l’ espansione in termini di utenti, migliorare il prodotto e raggiungere economie di scala per ottimizzare i costi. In Germania, sono convinti che i profitti prima o poi arriveranno. Nel mentre, allo sviluppo della sharing mobility come business, si accompagna un cambiamento culturale che può portare ad una mobilità più sostenibile, con effetti positivi sulla qualità della vita nelle nostre città. Non sappiamo ancora se ci sarà un re-branding per il nuovo servizio congiunto di Daimler e BMW, ma qualunque sarà il suo nome ci sono buone probabilità che in futuro, quando dovremo spostarci, possa essere uno di quelli che pronunceremo spesso.