All’acquisto di un’opzione si è tenuti al pagamento, a favore del venditore, di un premio. Il premio, che rappresenta il prezzo dell’opzione, può essere scisso in due componenti: il valore intrinseco ed il valore temporale. Specificare la composizione del valore di un’opzione permetterà di comprendere meglio quali fattori sono determinanti e su quali componenti agiscono.
Valore Intrinseco e Valore Temporale
Considerando un contratto di opzione, si definisce Valore Intrinseco il valore dell’opzione in caso di esercizio immediato. Un’opzione in the money ha un valore intrinseco positivo mentre, un’opzione out of the money ha un valore intrinseco nullo. Ponendo un esempio, un’opzione call con prezzo di esercizio di 10€ scritta su un sottostante dal valore corrente di 11€, avrà un valore intrinseco di 1€. Le variazioni del prezzo corrente dell’opzione o dello strike price ne influenzano il suo ammontare (per ricordare come funziona un’opzione leggi qui).
Il Valore Temporale di un’opzione viene calcolato come la differenza fra il prezzo dell’opzione e il suo valore intrinseco. Infatti, il valore di un’opzione out of the money è identificabile proprio con il suo time value essendo il suo valore intrinseco nullo. I fattori che influenzano il valore temporale sono la variazione dei tassi d’interesse, la durata della vita a scadenza, i dividendi distribuiti e la volatilità del sottostante.
I fattori che influenzano il valore intrinseco di un’opzione
Il valore intrinseco di un’opzione è influenzato principalmente da due variabili:
- Il prezzo corrente del sottostante, S;
- Il prezzo di esercizio, K;
Riprendendo l’esempio precedente, sottoscrivendo una Call con uno Strike price di 10€ e scadenza in un tempo futuro T. Come prima, il valore corrente del sottostante è di 11€ e dunque, un valore intrinseco pari a 11€ – 10€ = 1€ (S – K). Ora, il prezzo del sottostante varia da 11€ a 12€. Facilmente possiamo derivare che il nuovo valore intrinseco dell’opzione sarà di 2€ e risulterà essere dunque aumentato.
Si supponga adesso, invece, di sottoscrivere una nuova opzione Call, sempre sul solito sottostante dal valore di 11€, ma Strike price di 13€. In questo caso il valore intrinseco sarà di 11€ – 13€ = -2€ (S – K) e dunque nullo.
Si può riassumere dicendo che per un’opzione call, a parità di altre condizioni:
- un aumento del prezzo del sottostante (S) comporta un aumento del valore dell’opzione;
- un aumento dello strike price (K) comporta una diminuzione del valore dell’opzione.
Per un’opzione put si ha una situazione inversa.
I fattori che influenzano il valore temporale di un’opzione
Il valore temporale di un’opzione è influenzato principalmente da 4 fattori:
- La vita residua, T;
- La volatilità del prezzo del sottostante, σ;
- Il tasso d’interesse privo di rischio, r;
- I dividendi attesi durante la vita dell’opzione, il cui valore attuale è D.
La vita residua dell’opzione influenza i contratti di tipo americano ed europeo in maniera differente. Difatti, se per un’opzione americana (sia call che put) all’allontanarsi di T, si vede aumentare il valore dell’opzione, per un’europea non sempre è così. Una vita a scadenza più ampia, permette al possessore di usufruire di maggiori opportunità di esercizio rispetto a chi ha un termine più ravvicinato. Quindi, avrà maggiori possibilità che il suo contratto sia in the money al momento dell’esercizio. La possibilità di esercizio, per la tipologia europea, del proprio diritto solo alla data prefissata rende, però, la maggiore vita a scadenza un elemento non sempre favorevole. Infatti, con l’allontanarsi di T, si potrebbero presentare situazioni sfavorevoli all’investitore come, nel caso di una call, la distribuzione dei dividendi. Non è dunque possibile sapere se per un’opzione europea una vita maggiore sia favorevole o no.
Consideriamo ora la volatilità del prezzo del sottostante. Essa può essere definita come la misura dell’incertezza riguardo il futuro comportamento dei prezzi di un titolo e, dunque, dell’ampiezza delle sue fluttuazioni. Per esempio che si osservi per il mese di gennaio la volatilità di due titoli i quali hanno stesso valore iniziale e finale. Uno dei possibili grafici è il seguente.
L’analisi dei dati e delle curve da essi derivanti portano a dedurre che, il titolo A, si sia dimostrato maggiormente volatile del titolo B. Un aumento della volatilità, comporta un aumento delle probabilità che la performance del titolo sia molto modesta o molto brillante. Invece, per il possessore del sottostante tali effetti tendono a compensarsi tra loro, ma non per il possessore di un’opzione. Per quest’ultimo, la massima perdita è identificabile con il premio corrisposto al venditore. L’acquirente di una Call avrà un rischio verso il ribasso limitato, mentre potrà effettuare cospicui guadagni in caso di importanti aumenti del prezzo del sottostante. Ragionamento speculare viene fatto per possessore di una Put. Tanto è vero che il soggetto più a rischio è di sicuro chi vende l’opzione, il quale chiederà un prezzo maggiore per la loro sottoscrizione. Pertanto, il prezzo delle Call e delle Put sarà sempre maggiore al crescere della volatilità.
Il tasso d’interesse privo di rischio rispetto alle altre variabili agisce in modo meno chiaro. In prima analisi, è giusto supporre che un aumento del tasso free risk comporta un aumento del prezzo delle Call ed una diminuzione di quello delle Put. Occorre però ricordare che tutto ciò è reputato valido a parità di condizioni. Pertanto, non si considera l’effetto che una variazione del tasso free risk comporta sui prezzi delle azioni. Le oscillazioni del tasso d’interesse difatti sono una delle cause che portano alla variazione dei prezzi dei titoli sottostanti le opzioni. In particolare un aumento del tasso free risk generalmente comporta una diminuzione dei prezzi azionari, viceversa una diminuzione ne incrementa il loro valore. Quindi, analizzando l’effetto netto che deriva dalle due osservazioni, si può avere un caso particolare: un aumento del tasso privo di rischio comporta una diminuzione del prezzo dell’azioni, il che induce una riduzione del prezzo di un’opzione call e viceversa, un aumento del valore di un’opzione Put.
Ultimo fattore d’influenza sono i dividendi. Il rapporto che intercorre fra i dividenti attesi e il prezzo delle Call o delle Put riguarda l’effetto che il loro stacco ha sul prezzo del sottostante (in questo caso azioni). Al giorno prestabilito per la distribuzione dei dividendi, il prezzo dell’azione subirà una diminuzione del suo valore e dunque ciò risulterà essere dannoso per un’opzione Call e favorevole per un’opzione Put. Il legame che quindi lega i dividenti attesi e il prezzo di una call è negativo, mentre è positivo se messo in relazione ad una Put.
Ipotizzando un aumento delle variabili in questione, di seguito sono riassunti i risultati ottenuti sul valore del prezzo dell’opzione.
Variabili (↑) | Call europea | Put europea | Call americana | Put americana |
Prezzo dell’azione | + | – | + | – |
Prezzo d’esercizio | – | + | – | + |
Vita residua | ? | ? | + | + |
Volatilità | + | + | + | + |
Tasso d’interesse | + | – | + | – |
Dividendi | – | + | – | + |