La morte di Fidel Castro, Líder Máximo di Cuba, ha sconvolto il mondo intero. Condoglianze sono arrivate alla famiglia di Castro da tutti i leader mondiali, iniziando da Obama e finendo con Vladimir Putin. Ma la domanda che si fanno tutti ora è: cosa resterà del castrismo? Oggi l’economia cubana rimane in un limbo, essendo attaccata alla vecchia pianificazione socialista di stampo sovietico e visti i desideri dell’élite dell’Avana, a partire dal fratello Raul Castro, capo di stato al 2008, di riformare totalmente l’apparato statale cubano. Ques’ultimo ha tre punti strutturali che rischiano di creare un irrecuperabile gap: la doppia moneta, la dipendenza energetica e il sistema monopartitico.
Nel paese caraibico circolano, dal 1994, due valute: il Peso cubano (Cup), che viene utilizzato per pagare i salari dei funzionari statali, e il Peso convertibile (Cuc), che, messo allo stesso livello dell’Euro, il cui cambio è 25 volte superiore a quello del Peso cubano, viene utilizzato per acquistare i beni in vendita nei negozi della capitale L’Avana. Il doppio sistema monetario ha diviso la società del paese, creando “due Cuba”, una in cui si paga solamente con il Peso cubano e un’altra con cui si può acquistare solamente con il Peso convertibile. La creazione della doppia valuta ha scardinato il principio di uguaglianza su cui Fidel ha costruito la sua immagine e rappresenta, ancora oggi, la distorsione più marcata del governo rivoluzionario del Líder Máximo. Attualmente “la Libreta”, tessera annonaria con cui ogni famiglia cubana riceve gratuitamente un paniere alimentare, è diventata sempre più inadeguata al suo obiettivo di garantire una vita decorosa. L’attuazione del benessere a Cuba iniziò nel primo periodo della crisi che colpì l’URSS, che decise di inviare prodotti a prezzi calmierati in cambio di zucchero. Il periodo che andò dal 1989 al 1993 venne definito “periodo especial” poiché il governo cubano attuò diverse ristrettezze economiche. Nonostante tutto il Pil crollò del 35%, diminuì fortemente il consumo annuo di carne pro capite da 39 a 21 chili e quello di pesce da 18 a 8. Attualmente alcuni prodotti alimentari, con la diffusione dei mercati “agropecuarios” sono acquistabili con i Pesos cubani, ma tutto il resto lo si acquista con i Pesos convertibili, moneta che possono usare solamente coloro che lavorano nel settore turistico cubano o quelli che ricevono rimesse dagli USA. Il periodo especial fece emergere diversi gap nell’apparato economico cubano. Oltre a quello alimentare Cuba fu colpita anche dal punto di vista energetico, un problema che attualmente deve ancora risolvere. Tra gli anni Ottanta e Novanta le città cubane sono state colpite da quasi 15 “apagones” (blackout) al giorno. Il Venezuela di Chavez, ricco di giacimenti petroliferi, venne visto come la miglior soluzione possibile. Caracas e L’Avana ratificarono un accordo di mutuo soccorso. Cuba inviava medici e insegnanti in Venezuela per rafforzare il sistema sanitario e scolastico del paese, in cambio Caracas forniva a Cuba 90 mila barili di petrolio al giorno. La morte di Chavez, avvenuta nel 2013, e la successiva recessione economica che ha investito il Venezuela, il crollo del prezzo del petrolio, l’iperinflazione, la deindustrializzazione e la disoccupazione alle stelle rischiano di minare l’approvvigionamento energetico, che è uno dei fattori di insuccesso della Revolución. Altro gap che frena l’evoluzione del sistema economico cubano è il sistema monopartitico; nonostante le riforme socio-economiche attuate da Raul Castro, il sistema politico cubano è rimasto inalterato. I modelli cinesi e vietnamiti sono gli esempi che il fratello di Fidel vuole utilizzare per riformare il sistema economico. Raul ha davanti a sé due scenari futuri molto plausibili: la via socialista o un cambio radicale.
Scenario A: Via socialista
Il default del Venezuela, sponsor politico ed economico di Cuba, costringe i vertici dell’Avana ad analizzare qualsiasi soluzione per riformare totalmente il sistema economico cubano. Raul, per rispondere a esigenze di realpolitik, potrebbe continuare il programma di riforme avviato nel 2013 decidendo di adottare come modello economico il sistema vietnamita, piuttosto che quello cinese. Al momento questo sembra lo scenario più plausibile. La scelta di aggiornare il sistema economico cubano usando come modello quello del Vietnam da la possibilità a Cuba di aprirsi ai mercati internazionali liberalizzando il mercato interno, pur mantenendo una stretta pianificazione delle politiche economiche da parte del partito comunista cubano. In questo modo si potrebbe sostenere la creazione e lo sviluppo di un tessuto industriale e imprenditoriale, quasi assente sul territorio, rendendo il paese autosufficiente, limitando la dipendenza dagli aiuti venezuelani e allontanando, nel breve periodo, le richieste popolari di maggiore democrazia. La scelta vietnamita, inoltre, sarebbe gradita anche a Washington, che non vedrebbe messa in discussione la sua supremazia nella regione. Resta comunque un’incognita, visto che per il momento, pur avendo migliorato i rapporti con gli USA ed essersi aperta al mercato globale, Cuba non sembra avere nessun interesse ad iniziare un processo di democratizzazione per rafforzare le libertà civili e politiche.
Scenario B: Cambiamento radicale
Nel caso in cui Raul Castro decidesse di abbandonare il modello socialista e di aprirsi al mondo, il primo passo sarebbe quello di ridimensionare il potere politico ed economico delle forze armate cubane, istituzione totalmente scettica a qualsiasi rinnovamento. Le forze armate controllano il 60 per cento dell’economia attraverso la gestione di centinaia di industrie situate in settori economici chiave. Questo cambiamento, seppur meno plausibile, dovrebbe favorire l’ingresso della società civile nella gestione dell’apparato statale. Inoltre permetterebbe la creazione di nuovi partiti politici e lo sviluppo di diverse idee circa l’organizzazione della società, dell’economia e del sistema politico, fondamenta essenziali per lo sviluppo democratico dell’isola caraibica. Di fatto un ricambio generazionale e una minore presenza dell’esercito in politica potrebbero favorire l’ascesa di giovani leve con idee progressiste e motivate a guidare un rinnovamento radicale del paese. Un forte segnale di cambiamento potrebbe favorire un ulteriore miglioramento dei rapporti con Washington, che potrebbe essere suggellato con la cancellazione del bloqueo, il cinquantennale embargo americano nei confronti di Cuba.