Siamo al nono anno di un ciclo economico espansivo per l’economia globale, uno dei più lunghi della storia. I dati economici indicano un rallentamento, ma con tassi di crescita dell’economia globale ancora abbondantemente superiori al 3%. L’analisi delle società racchiuse nei principali indici azionari indica che gli utili continueranno a crescere per gran parte dei settori produttivi, anche se a tassi decrescenti.
I mercati non sembrano tuttavia essere della stessa opinione. Sia il mercato azionario che quello obbligazionario hanno prodotto performance negative nel 2018. La correlazione tra azioni e obbligazioni, vale a dire il fatto che si siano mosse tutte in parallelo, è un fenomeno atipico che in precedenza si è registrato in concomitanza con shock economici particolarmente forti, come nel 2008, di cui però oggi non abbiamo sentore.
Ma, anche se in questo inizio d’anno le indicazioni si stanno facendo più positive, saranno necessari movimenti più concreti su vari fronti per cominciare a nutrire fiducia nella sostenibilità del rialzo in corso. Primo, sarebbe rassicurante vedere misure più tangibili in vista della scadenza del 2 marzo per la sospensione dei dazi doganali. Secondo, avremmo bisogno di nuove rassicurazioni da parte della Fed circa il ritmo più lento della stretta monetaria dopo gli ultimi ribassi di Borsa, visto che al momento il mercato non sconta altri rialzi dei tassi per il resto dell’anno in corso. Terzo e ultimo, i dati economici dovranno confermare che non si profila all’orizzonte una decelerazione della crescita, malgrado il recente deterioramento degli indicatori anticipatori.
Alcune possibili spiegazioni
Ci sono sicuramente numerosi rischi e iniziano a essere visibili i germogli della prossima crisi, anche se gli analisti ritengono difficile che ciò possa materializzarsi a breve. Quindi cosa spiega l’andamento dei mercati quest’anno?
Innanzitutto, le Banche centrali hanno iniziato una vera e propria virata. Dopo essere stata la prima Banca centrale a varare manovre espansive, da qualche mese la Federal Reserve ha cominciato a ridurre il proprio bilancio. La BCE seguirà gradualmente insieme alle altre principali istituzioni. La Cina continua a crescere nonostante i dazi, ma le aziende cinesi evidenziano un tasso di indebitamento molto alto, che ha raggiunto rapidamente i livelli occidentali. Ciò potrebbe creare situazioni di tensione in caso di un brusco rallentamento dell’economia. La preoccupazione principale degli investitori, tuttavia, è la situazione politica in tutto l’Occidente. Il protezionismo di Trump, la Brexit, i gilet gialli, la situazione italiana e l’ascesa di partiti di estrema destra nel nord Europa pesano sulla propensione al rischio degli investitori, inducendoli spesso a uscire dall’azionario.
L’ultimo tema che impatta sulle variabili della situazione economica americana e quindi mondiale riguarda il recente shutdown del governo federale, che potrebbe comportare più rischi a lungo termine che nel breve periodo. I rapporti tra il Presidente Donald Trump e il partito democratico si stanno facendo sempre più tesi: gli impatti di breve termine sul mercato dovrebbero però essere limitati. Durante i 14 shutdown federali verificatisi dal 1980 a oggi, l’indice S&P 500 ha infatti registrato performance positive, guadagnando in media lo 0,4%.
Inoltre, il possibile downgrade del rating AAA degli Stati Uniti da parte di Fitch, qualora il problema del tetto del debito rimanesse irrisolto, riporta alla memoria il taglio del merito di credito operato da S&P nel 2011. All’epoca i mercati azionari avevano perso terreno, mentre l’impatto sui Treasury non era stato altrettanto chiaro, in quanto avevano messo a segno un rialzo a fronte dell’incertezza legata alla crisi del debito dell’Eurozona. Tuttavia, se non verrà raggiunto un accordo e il tetto del debito verrà ripristinato il 1° marzo senza un miglioramento del quadro politico, gli investitori cominceranno probabilmente a scontare il rischio di uno scontro sul tetto del debito più avanti nell’anno.
Recessione o semplice frenata della crescita?
In conclusione, nonostante i rischi descritti, l’analisi di questi dati economici indica che siamo in presenza di una mera decelerazione nella crescita economica e non di una recessione imminente. La combinazione di borse in discesa e utili in salita nel corso del 2018 ha compresso il rapporto prezzo/utili che ora offre uno sconto superiore al 10% rispetto alle medie storiche; si tratta di valutazioni che spesso sottovalutano i sottostanti e rendono dunque il mercato azionario interessante. Inoltre, la volatilità si mantiene elevata ed è improbabile che nel prossimo futuro possa diminuire.
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