Nel 2008 dagli Stati Uniti d’America è partita una recessione globale paragonabile per durata e forza alla Grande Depressione degli anni 30’ del secolo scorso. La crisi del 2008 è stata provocata non solo dai mutui sub-prime ma anche da un modello di business insostenibile per il sistema finanziario, messo in discussione solo a seguito della crisi.
Il problema del credito
Tale modello di business prevedeva che il ruolo della banca fosse di creare esposizioni (crediti) per poi distribuirle al sistema finanziario. L’idea era di erogare quanto più credito possibile all’economia per sostenerne la crescita. Tuttavia, l’erogazione incontrollata ha solo sostenuto il consumo irresponsabile di soggetti che non potevano permettersi di ripagare i debiti contratti, i famosi debitori sub-prime. Con i crediti nei confronti di quest’ultimi sono state effettuate delle “cartolarizzazioni”: il processo grazie al quale le esposizioni create venivano distribuite agli istituti finanziari di tutto il mondo. Spesso i prestiti erano dei mutui per l’acquisto di case negli USA.
La bolla immobiliare
L’istituzione del debito non fu l’unica a venire offesa, ma venne creata anche una vera e propria bolla immobiliare. La bolla è stata creata dal fenomeno definito “acceleratore finanziario”. Il funzionamento è il seguente: i finanziamenti per l’acquisto delle case mantenevano alta la domanda di immobili facendone aumentare continuamente il prezzo; l’innalzamento dei prezzi spingeva le banche ad aumentare l’offerta di credito, poiché contavano di finanziare l’acquisto di un asset (immobili ad uso abitativo, in questo caso) il cui valore era in costante aumento e sul quale erano certi di potersi rivalere in caso di inadempienza del debitore. Tuttavia gli istituti creditizi non avevano piena contezza del fatto che il prezzo degli immobili di cui stavano finanziando l’acquisto non era un prezzo reale, cioè determinato da una domanda estranea alle dinamiche finanziarie, ma era un prezzo che cresceva soprattutto grazie alle distorsioni che l’erogazione eccessiva di credito aveva creato.
I mutui di bassa qualità (sotto ogni aspetto) vennero sottoposti a processi di cartolarizzazione, e vennero rivenduti attraverso obbligazioni chiamate Asset Backed Securities (ABS) o Mortgage Backed Securities (MBS). Tali obbligazioni furono acquistate da istituti finanziari di tutto il mondo e si diffusero in maniera capillare nel tessuto finanziario globale. Gli investitori erano attratti dall’ottima valutazione degli ABS (anche tripla A) fornita dalle più autorevoli agenzie di rating. Tale ottimo rating era il prodotto di gravi errori nel calcolare la correlazione dei default dei vari mutui contenuti nelle obbligazioni prodotte attraverso la cartolarizzazione. Un prodotto finanziario con una buona valutazione ha un prezzo elevato e dunque garantisce all’emittente, una Società Veicolo (SPV), di fare ottimi affari emettendo tali obbligazioni (ABS). Tali obbligazioni, inoltre, rendevano mediamente di più rispetto a titoli che possedevano lo stesso rating proprio perché in realtà i mutui che ne finanziavano le scadenze erano stati emessi a tassi di interesse elevati, coerentemente con la loro reale rischiosità. La loro alta valutazione era essenziale per garantire al sistema di essere redditizio. Infine, era addirittura possibile comprare assicurazioni in caso del default di questi strumenti, i cosiddetti Credit Default Swap (CDS). Tutti gli elementi elencati hanno concorso a determinare una diffusione massiccia e capillare di strumenti tossici nel sistema finanziario globale.
Il crollo
L’epilogo di questa storia è scontato. Quando il mercato immobiliare ha dato segni di cedimento e i mutui hanno cominciato a non essere ripagati, gran parte degli attori del mercato finanziario globale si sono trovati esposti a forti perdite sulla parte dell’attivo del bilancio. Perdite per le quali non erano assolutamente preparati. Inoltre hanno subito danni dal conseguente ritiro delle linee di credito a breve-brevissimo termine, come i REPO, su cui le banche contavano per finanziarsi in maniera stabile e continuativa secondo il modello di business allora adottato. Dunque, contemporaneamente, tutti gli istituti ebbero necessità di liquidità per poter risultare solventi. Ma non ve ne era abbastanza per far fronte a tale richiesta proprio a causa della elevata rischiosità percepita nei confronti dell’industria finanziaria. Essa, infatti, appariva estremamente fragile e la sua esposizione a tale sofferenze non era ancora chiara. Ecco dunque spiegato come abbiano fatto la banca d’investimento Bear Stearns e la prestigiosa banca d’affari americana Lehman Brothers a fallire così velocemente, ma anche l’importanza della tempestività dei salvataggi bancari di Freddie Mac, Fannie Mae e molte altre banche in America come in Europa. Infatti, l’interconnessione dei sistemi finanziari odierni generò un effetto domino prorompente su tutto il settore finanziario.
Il sistema finanziario americano fu salvato solo grazie ad imponenti ed immediate iniezioni di liquidità ad opera della FED e coadiuvata dal programma TARP (Troubled Asset Relief Program), pagato dal governo federale americano, che aveva il compito di comprare i titoli tossici per alleggerire le sofferenze del settore.
In definitiva, la crisi di liquidità è stata quasi fatale per il settore finanziario, colpevole di aver adottato un sistema di business intrinsecamente instabile. Cause dell’instabilità il livello elevato di leva finanziaria e i metodi di finanziamento adottati. Ciò ha esposto il settore finanziario al rischio di fallimento anche a seguito di modeste contrazioni del valore dell’attivo: il valore totale dei mutui sub-prime cartolarizzati, per quanto vasto, non era che una piccola parte del gigantesco mercato finanziario. I mutui sub-prime sono stati solo la miccia di un sistema già altamente infiammabile di per sé.