La Crisi dei Rohingya, scoppiata in Myanmar con la dura repressione portata avanti dalle forza armate Birmane, ha aperto una nuova crisi umanitaria nel sud est asiatico. Sembra che Israele stia inviando, segretamente, armamenti alle forze birmane, violando le direttive dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
L’accusa degli Attivisti e delle ONG
Diversi attivisti e ONG hanno pubblicamente accusato il governo israeliano di continuare a vendere armi al Myanmar e alle sue forze armate, che le utilizzano per attuare la dura repressione contro la minoranza islamica dei Rohingya. I legami Israele-Myanmar si basano soprattutto sulla vendita di armamenti, legami finiti sotto la luce dei riflettori globali dopo che è stato rilevato che Tel Aviv continuava ad inviare armamenti nonostante le sanzioni economiche imposte da UE e USA. Israele non ha ancora reso noti i dettagli che legherebbero il Paese al governo militare della ex Birmania, nonostante le richieste provenienti sia dall’interno che dall’esterno. Tuttavia si è notato che le forze armate birmane sono equipaggiate con armamento israeliano, mentre le forze speciali del Myanmar vengono tutt’ora addestrate da Israele. Per questo, il 30 ottobre, gruppi che lottano per i diritti umani hanno attuato una protesta davanti alla sede del Parlamento isreaeliano per chiedere all’Assemblea parlamentare dello stato ebraico lo stop immediato della vendita di armi.
Il mercato bellico e le vendite clandestine
Il mercato dei materiali bellici è di estrema importanza per l’economia dello stato d’Israele, uno dei maggiori esportatori di armi del panorama mondiale. Il bilancio delle vendite di armi di Tel Aviv è salito dai 5,7 miliardi dell’anno 2015 ai 6,5 miliardi del 2016, un traffico di armi indirizzato principalmente verso il mercato dei paesi dell’Africa, che conta il 70% dell’intero mercato bellico israeliano. Israele è l’unico importante esportatore di armi che è andato in controtendenza rispetto al calo delle vendite di armi. Siamo però di fronte ad un nuovo caso di strumentalizzazione di crisi umanitarie. Secondo diversi analisti e quotidiani, Tel Aviv ha infatti attuato pratiche illegali e clandestine per vendere e inviare le armi al regime militare birmano, sfruttando le crisi in Myanmar e in Sud Sudan. Non si tratta di un caso isolato: Israele ha fornito armamenti durante crisi, guerre civili e perfino genocidi in Ruanda, in Jugoslavia, nel Cile di Pinochet, nell’Argentina dei militari, nello Sri Lanka e in Nicaragua. Alcune fonti sembrano anche legare Israele al regime dell’Apartheid.
“Molti stati occidentali vendono armi, ma la cosa unica riguardo a Israele è che dovunque vengano commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità, si scopre che Israele è presente”
Eitay Mack, avvocato per i diritti umani.“Se i paesi vogliono le armi migliori, allora probabilmente vanno negli Stati Uniti e in Europa, ma quando nessun altro le vuole vendere, allora ci si rivolge a Israele”
John Brown, giornalista investigativo
Le istituzioni giudiziarie israeliane rimangono passive
Nonostante le proteste dei gruppi per i diritti umani anche gli organi giudiziari di Tel Aviv sembrano non voler andare a fondo della questione. Diversi funzionari del governo israeliano si sono rifiutati di rivelare dettagli dei legami economico-militari sulle esportazioni di armamenti dello Stato Ebraico in direzione della Birmania dinanzi alla Corte Suprema d’Israele, durante un udienza che si è tenuta lo scorso mese. Sembra che gli avvocati governativi vogliano chiudere in fretta il dossier.