Negli Stati Uniti, il 24 ottobre 1929, si verificò una delle più gravi crisi economiche della storia, dovuta al crollo della Borsa di Wall Street. Il cosiddetto giovedì nero fu il giorno in cui il mercato collassò e si palesò agli occhi di tutti il fenomeno della bolla speculativa, nome comune al giorno d’oggi, causa del tracollo finanziario.
La crisi del ‘29 fu il frutto di uno sviluppo asimmetrico tra l’economia degli USA, quella europea e la chiusura del mercato sovietico. Si era verificata una crisi di sovrapproduzione, la quale non era stata accompagnata da un aumento dei salari, con conseguente penalizzazione del potere d’acquisto della popolazione statunitense.
Il primo dopoguerra in Occidente
Negli anni ’20, superate le difficoltà dell’immediato dopoguerra e sulla spinta della modernizzazione economico-sociale innescata dal conflitto, nei principali Paesi capitalistici si registrò un forte sviluppo economico. Le condizioni che avevano reso possibile tale sviluppo furono: l’innovazione tecnologica, l’aumento della produttività (grazie ad una sempre più netta organizzazione scientifica del lavoro) e un sensibile ampliamento dei consumi di massa. Questo sviluppo aveva creato il terreno fertile per la diffusione dei nuovi beni di massa come l’automobile e la radio. Tra il 1922 e il 1929 il reddito nazionale statunitense era cresciuto in media del 4% all’anno, la produzione del 64%, i profitti del 76%, la produttività del lavoro del 43%, i salari del 30%.
Il primo dopoguerra negli Stati Uniti
Gli Stati Uniti, essendo i primi ad essersi ripresi dal primo dopoguerra, erano diventati i maggiori esportatori di merci e beni primari, al punto che il 30% della produzione statunitense veniva esportata. Le banche in questo periodo concedevano grandi finanziamenti agli agricoltori, che poi venivano sfruttati al fine di incrementare la propria produzione grazie all’utilizzo di nuovi macchinari. Con la ripresa dell’agricoltura e dell’industria europea, che grazie ai nuovi protezionismi non acquistava più grano e merci americane ma cominciava a produrli in loco, gli agricoltori americani si trovarono in grossa difficoltà nel ripagare i finanziamenti concessi dalle banche. La crisi agricola portò quindi anche alla crisi delle banche che avevano concesso finanziamenti allo sviluppo, causando conseguentemente il fallimento di diversi istituti.
Ascesa e crollo di Wall Street negli anni ’20
Tra il 1924 e il 1929 la Borsa di Wall Street aveva più che raddoppiato il suo valore. Questo soprattutto a causa dei guadagni facili dati dalle speculazioni a rialzo e dai grandi profitti industriali canalizzati sui mercati finanziari statunitensi. Questa euforia della Borsa, che porterà allo sviluppo di una bolla speculativa, aveva generato una sempre maggiore fiducia negli investitori. Fra questi c’era anche una grande quantità di piccoli risparmiatori.
Questi potevano avvicinarsi alla Borsa dato che le banche concedevano ai compratori l’acquisto dei titoli pagando solo un piccolo anticipo pari al 30-50% del loro valore, lasciando quindi le azioni acquistate in garanzia, e prevedendo che il pagamento sarebbe stato corrisposto a vendita avvenuta. Quando però il mercato iniziò ad accennare alla flessione, le vendite iniziarono a susseguirsi causando a loro volta a catena altre vendite, portando quindi al fallimento di oltre 5.000 banche. Questa spirale di caduta portò una crisi di liquidità e, quindi, una recessione inesorabile e accelerata.
Il crack della borsa
Quindi il mancato controllo degli speculatori e degli investitori di Borsa, insieme al restringimento dei mercati europei e latino americani per le merci USA, determinò il crollo del mercato, senza che vi fosse alcun intervento pubblico. Tutto ciò contrariamente a quanto sostenuto dalle idee liberiste dell’epoca. Secondo queste il mercato aveva una quasi naturale capacità di autoregolarsi senza che fosse necessario alcun intervento correttivo esterno. Quindi non esisteva alcun meccanismo legale che permettesse allo Stato di agire in contesti del genere.
Gli effetti della crisi
La crisi americana causò pesanti conseguenze in tutti i Paesi occidentali. Gli Stati Uniti detenevano il 45% della produzione industriale mondiale. Questa con la crisi del ’29 diminuì in modo drastico arrivando a scendere del 70%. Considerati gli stretti rapporti con l’America Latina e l’Europa, il crollo di Wall Street nel 1929 provocò una recessione economica in tutti i Paesi industrializzati ed un aumento della disoccupazione. Di conseguenza, il commercio mondiale iniziò a ridursi, spingendo gli Stati a politiche sempre più protezioniste.
La crisi del ’29 rese palese un concetto fondamentale: la necessità di un intervento e di un maggior ruolo dello Stato nel controllo dell’economia. Per gli Stati Uniti è stata una grande sfida uscire dalla grave crisi successiva al crollo di Wall Street e per vedere qualche segno di miglioramento gli USA impiegheranno circa 4 anni.