Si parla ancora di Deutsche Bank e degli scandali che l’hanno investita negli ultimi anni, ponendo l’attenzione sul fattore del rischio sistemico. Qui il link al primo articolo sulla banca tedesca.
Il rischio sistemico consiste nel fatto che l’inadempienza o il fallimento di un ente intermediario può ripercuotersi nell’intero sistema e scatenare un vero e proprio effetto domino. Questo è legato alla forte interconnessione che i vari soggetti hanno all’interno del mondo finanziario. L’investimento in derivati è sicuramente rischioso, in particolare se si utilizza la leva con cui Deutsche Bank ha operato. Il pericolo aumenta, ma una singola posizione in derivati per una grande banca non può influire più di tanto. Tuttavia a favore della solidità di Deutsche Bank c’è l’ esposizione netta, cioè la differenza tra posizioni lunghe e posizioni corte per ciascuna classe di derivati con scadenze simili. L’esposizione netta della banca tedesca è quantificata in decine di miliardi di euro, ma niente a che vedere con i trilioni di esposizione totale.
In virtù di tali considerazioni perché si può ritenere Deutsche Bank in pericolo?
La definizione di “rischio sistemico” è la risposta, ed i fatti accaduti negli Stati Uniti con la crisi dei subprime avvalorano tale tesi. Chi sostiene la maggiore rilevanza dell’esposizione netta, presuppone l’inesistenza di un rischio di controparte, e quindi considera la controparte venditrice di coperture capace di far fronte ai propri impegni in qualsiasi situazione. Il salvataggio di AIG ha però dimostrato il contrario. L’assicurazione aveva venduto a molte banche CDS, sui famosi titoli “tossici” che avevano in portafoglio, quindi coperture che andavano ad abbattere la loro esposizione lorda. Nel momento in cui il mercato dei subprime è crollato AIG ha dovuto iniziare a rimborsare le varie banche. In breve andò in crisi di liquidità e fu necessario l’intervento governativo. Il concetto dell’esposizione netta è quindi importante ai fini di una completa valutazione, ma non preclude in alcun modo il concetto di rischio, anzi, spesso devia l’analisi facendo sottostimare il rischio di controparte. I problemi dell’istituto tedesco non si limitano al fardello dei derivati, esso è stato oggetto di scandalo per la manipolazione di oro, argento e Libor. Le indagini sui dubbiosi movimenti del prezzo delle materie prime hanno coinvolto Deutsche Bank, Soc. Generale, Barclays Plc, HSBC e Bank of Nova Scotia, ovvero i gold dealers, cioè i soggetti che avevano il controllo sulla formazione del prezzo dell’oro.
Le anomalie individuate sono legate al periodo 2004 – 2013. Si ritiene che i big five del gold abbiano spinto il prezzo dell’oro al ribasso durante il fixing pomeridiano in innumerevoli occasioni, addirittura nel 92% dei casi nel 2010. Nel novembre del 2013 la Bafin (l’organo di vigilanza della borsa tedesca) aveva messo sotto osservazione Deutsche e nel gennaio del 2014, in seguito alle indagini, il presidente della stessa Bafin affermava che la situazione emersa appariva più grave della manipolazione del Libor. Il giorno dopo Deutsche Bank decise di abbandonare il tavolo dei 5 gold dealers. Lo scandalo delle materie prime va ad aggiungersi a quello, forse più noto, riguardante la manipolazione del Libor e dell’Euribor. Dalle indagini portate avanti dal New York Department of Financial Services (NYDFS) sono risultate chat tra trader della Deutsche Bank e colleghi di altre banche in cui i primi chiedevano di condizionare i tassi per non mandare in sofferenza le posizioni che avevano a mercato. Il periodo di riferimento delle manipolazioni dei tassi interbancari è 2005-2009, l’ammenda a cui è stata assoggettata Deutsche Bank è complessivamente di 3.75 miliardi. La somma dei costi relativi a contenziosi con la giustizia a fine 2016 ammontava a più di 10 miliardi, a cui dovrebbe aggiungersi l’ennesima multa negoziata lo scorso gennaio di 7,2 miliardi. Per completezza vale la pena citare la multa di 1,9 miliardi legata al caso Fannie Mae e Freddie Mac, due istituti americani che erogano mutui, che sono stati spinti dalla Deutsche all’acquisto di obbligazioni garantite da mutui subprime.
Ultimo ma non meno importante è stato lo scandalo sul riciclaggio di rubli da parte di tre dipendenti della filiale di Mosca, per cui la banca ha pagato 1 miliardo di multa. Tutti i fatti menzionati hanno un comune denominatore, dall’audit report di Ernst & Young su cui la BaFin ha basato le sue indagini risultano gravi mancanze sui controlli interni di gestione, e in molte occasioni violazioni o omissioni da parte dei membri del Management Board e del Group Executive Commitee (comitato esecutivo). Il lento ed inesorabile declino di Deutsche Bank è accompagnato da un Rating inferiore a quello dei competitor (come ad esempio Barclays Plc e HSBC Holding); nel maggio del 2016 Moody’s attribuiva A3, Standard & Poor’s BBB e Fitch Ratings A. Anche il prezzo delle azioni sconta l’inaffidabilità che il mercato attribuisce alla banca, dai massimi dell’aprile 2015 di 30 euro per azione, in un anno e mezzo ha perso circa il 50%. Infine c’è da menzionare il prossimo aumento di capitale di 8 miliardi che si chiuderà il 4 aprile, il quale è stato preceduto negli ultimi 7 anni da tre aumenti, nel 2010 per 10 miliardi di euro, nel 2013 per 3 e sempre nel 2013 di ulteriori 8,5 miliardi.