Il nuovo millennio è stato caratterizzato da cambiamenti epocali in ambito finanziario e macroeconomico, portando con sé un vento di cambiamento che alcuni ritengono positivo, e altri no. Ciò che accomuna le varie credenze è l’incertezza. Molti diranno che l’incertezza nei mercati è sempre esistita – ed è vero – ma il numero di eventi a cui abbiamo assistito negli ultimi 15 anni ha portato a mutamenti sempre più veloci e repentini, mettendoci di fronte a rischi che prima non venivano nemmeno contemplati. Nessuno avrebbe mai creduto che sarebbe stato possibile (e necessario) parlare di crisi dei debiti sovrani in Europa, né tantomeno di un rischio sistemico legato al settore bancario così elevato. Proprio quest’ultimo è stato oggetto di innumerevoli scandali, più e meno famosi, tali da minare quelle poche certezza che il mercato sembrava poter dare. Emblematico è stato il caso Lehman Brothers e tutte le conseguenze che ne sono conseguite. A distanza di qualche anno, tra gli illustri contagiati dall’epidemia scoppiata negli USA, non si può non menzionare Deutsche Bank, il gruppo bancario tedesco che rientra tra i più importanti a livello mondiale.
Quella che fino a pochi anni fa era appunto considerata una delle banche più solide al mondo, oggi è la prima fonte di rischio dell’intero sistema bancario. Ad affermare ciò non sono siti di controinformazione, ma il Fondo Monetario Internazionale, il quale, dopo il fallimento degli stress test a metà 2016 negli USA, la definisce “il più rilevante contribuente netto ai rischi sistemici tra le banche di rilevanza sistemica globale, seguita da Hsbc e Credit Suisse“. Le dichiarazioni del Fmi nel Financial Sector Assestment Program e il sentiment di tutto il sistema finanziario sono legati principalmente ad un unico grande problema: 52 trilioni di derivati. I dati sulla quantità effettiva di derivati in pancia alla banca tedesca sono difficili da estrapolare. A fine 2013 Zerohedge stimava 54.700 miliardi di derivati, ma nell’anno successivo questi sarebbero scesi a 52.000. Per dare una connotazione quantitativa, l’enorme mole di derivati è circa 20 volte il Pil della Germania e 20 volte quello dell’Eurozona. Questo rappresenta però solo uno dei problemi che DB ha avuto negli ultimi anni, oltre a sopportare il fardello derivati è stata infatti accusata di manipolare il Libor, l’oro e l’argento. Andando per gradi, cerchiamo di capire come e perché la banca tedesca è arrivata ad essere uno dei grandi malati dell’Europa, in un Paese – la Germania – che dell’Europa è il leader, accumulando 52 trilioni di derivati. Innanzitutto specifichiamo che “derivato” non è una brutta parola; spesso l’opinione comune etichetta il termine nella sua accezione negativa, accostandolo alla speculazione, ma i derivati nascono con scopi che possiamo definire nobili, e tutt’oggi sono utilizzati per esigenze diverse (prima su tutte la copertura da vari tipi di rischio) dai vari attori del mercato; al contempo è innegabile che i derivati rappresentino lo strumento più utilizzato dagli speculatori. Per saperne di più, rimandiamo ad un nostro articolo.
Nel 2012 il Financial Times pubblicava la notizia secondo la quale DB avesse nascosto 12 miliardi di dollari di perdite collegate alla crisi dei subprime per evitare da un lato di sforare i paletti imposti dai sistemi interni di rischio, dall’altro scongiurare un possibile bail-out governativo. L’accusa era sostenuta dalla testimonianza di 3 dipendenti –poi licenziati – della stessa banca, i quali indicarono come causa della perdita una grande posizione in dollari canadesi in strutture complesse di derivati, Leveraged Super Senior (LSS). Su questi LSS la Deutsche Bank aveva aveva operato con leva 11 per un’esposizione totale di circa 120 miliardi di dollari canadesi, per cui ogni perdita e ogni profitto venivano amplificati x11 in seguito all’effetto moltiplicatore. Questa arma a doppio taglio portò l’istituto ad incassare perdite ingenti e ad una forzata ristrutturazione delle posizioni nel 2009, con successiva riduzione della leva. Il rischio principale non era quello di abbattere i profitti a causa delle perdite enormi, bensì quello legato al Gap Risk, ovvero il rischio derivante dalla svalutazione di propri asset. Accanto a ciò, inoltre, aleggiava anche lo spettro bail-out governativo. Cercando di stabilizzare il Gap Risk entro determinati valori, DB tentò di modificare le metodologie di misurazione con lo scopo unico di diminuire il rischio delle sue posizioni. Dopo vari tentativi con risultati sempre negativi, il 16 settembre del 2008 arriva la scelta estrema di iscrivere nei bilanci il Gap Risk relativo agli LSS pari a 0. In modo arbitrario e senza alcuna veridicità Deutsche Bank ha omesso una perdita miliardaria nei propri bilanci. Deutsche Bank respinse le accuse mosse dal Financial Times, ma nel maggio del 2015 Bafin, l’organo di controllo della Borsa tedesca (la nostra Consob), recapitò un documento di 37 pagine ai vertici della banca accusandoli di mancato controllo interno. Si scoprì in seguito che vennero tenute inaccurate registrazioni contabili tra il 2008 e il primo trimestre del 2009, e che molti soggetti interni erano direttamente coinvolti.
Nel documento venivano citate responsabilità relative anche alle manipolazioni del Libor, ma di questo argomento e delle manipolazioni dell’oro e dell’argento ne parleremo in un’altra occasione.