Il settore del food è in continua ascesa, con programmi televisivi che aumentano di giorno in giorno e ricavi impressionanti per i grandi chef stellati. In Italia i ristoranti stellati sono 343, secondi per numero solo alla Francia, e registrano un giro d’affari complessivo che sfiora i 400 milioni di euro, secondo un’indagine condotta dalla società Jfc, specializzata in turismo.
Per ogni stella assegnata dalla guida Michelin si ha un aumento del giro d’affari del ristorante stimabile in 708 mila euro di fatturato, cifra che sale a 1,1 milioni di euro con due stelle e oltre 1,5 milioni con tre stelle, il massimo riconoscimento ottenibile. Oltre a queste cifre, direttamente legate ai ristoranti, bisogna tenere conto del turismo che riescono a portare nelle località limitrofe, con ricadute positive per tutto il territorio.
Secondo la classifica degli chef con i più alti fatturati, stilata da Pambianco nel 2018, sono sul podio i fratelli Alajmo con 14.1 milioni, Carlo Cracco, che ha registrato una crescita del 60% rispetto all’anno precedente, sostenuta dall’apertura del ristorante nella lussuosa Galleria di Milano e con un fatturato totale di 13 milioni, ed Enrico Bartolini, con 9 milioni di euro e sei stelle con cinque ristoranti solo in Italia.
Il problema della tutela
Parlando di chef stellati emerge il problema della tutela, da parte del diritto d’autore, delle ricette, così come del nome di un determinato piatto o del suo impiattamento. Da un punto di vista giuridico, il diritto d’autore viene definito come un istituto che tutela le opere di carattere creativo, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione, che appartengono a letteratura, musica, arti figurative, architettura, teatro e cinematografia. Nella lista non sono quindi ricomprese le ricette.
Una parte della dottrina, tuttavia, ritiene questo esempio non tassativo ma esemplificativo, e suggerisce quindi che la protezione del diritto d’autore possa estendersi anche ad opere diverse da quelle espressamente indicate.
A prescindere dalle diverse interpretazioni, ad oggi non esiste in Italia – ma neanche in Europa o oltreoceano – una giurisprudenza univoca ed esaustiva su questo tema.
Per sensibilizzare sulla questione, il famoso chef Gualtiero Marchesi nel 2015 organizzò un processo simulato alla Triennale di Milano. Fu ipotizzato che un allievo di Marchesi avesse aperto un proprio ristorante a Milano e avesse proposto nel menù il piatto “Risotto oro e zafferano – omaggio a Marchesi”, un piatto la cui presentazione finale era stata registrata come design comunitario dallo stesso Marchesi.
Fu chiesto ai giudici se un piatto possa essere considerato un’opera d’arte da proteggere, ovvero se sia possibile porre il copyright su ingredienti, design del piatto e forma: il verdetto diede ragione a Marchesi. La Corte dichiarò la validità della registrazione del piatto “Riso, oro e zafferano” come marchio di forma, e ne ribadì la sua tutelabilità, ai sensi della legge sul diritto d’autore, in quanto dotato di creatività e valore artistico.
Dopo aver inquadrato il problema cerchiamo ora di fare chiarezza su cosa effettivamente sia o non sia tutelabile nel settore gastronomico.
La tutela del sapore
La giurisprudenza è chiara nell’affermare che il sapore di un piatto non è in alcun modo tutelabile dal diritto d’autore in quanto soggettivo, ovvero identificabile tramite sensazioni ed esperienze gustative soggettive e variabili. In quanto tale, esso risulta privo dei requisiti di precisione e obiettività richiesti dalla legge sul diritto d’autore e necessari per poter stabilire se e quando c’è plagio.
In questa direzione si è espressa la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europa con una sentenza del 2018, che ha assunto valore legale anche per il nostro Paese.
La tutela della ricetta
Secondo la giurisprudenza non è tutelabile il mero elenco di ingredienti di una ricetta; tuttavia, se viene spiegato il procedimento necessario per ottenere un certo prodotto finale, sia il procedimento che il prodotto finale potranno essere brevettati, a condizione di soddisfare le tre seguenti caratteristiche: devono essere nuovi ed inventivi, produrre un effetto tecnico nuovo ed inaspettato ed avere applicabilità industriale.
“Produrre un effetto tecnico nuovo ed inaspettato” significa che, attraverso il nuovo processo di lavorazione, deve essere risolto un problema tecnico, quale ad esempio la riduzione dell’importo calorico o dei tempi di cottura, oppure migliorare la conservazione di un alimento o la sua digeribilità.
La tutela del nome e della forma
Il problema della protezione di ricette gastronomiche resta però rilevante ogni qualvolta esse non possano essere brevettate, perché non soddisfano i requisiti di cui sopra. In questi casi è possibile tutelare:
- Il nome del piatto o dello chef (ad esempio «l’uovo di Cracco» o «il Coulant di cioccolato di Michel Bras»), tramite registrazione del marchio;
- la forma caratteristica ed originale di un alimento, tramite registrazione del design.
La tutela dell’esposizione
Infine, la ricetta può essere tutelata dal diritto d’autore nella sua “esposizione scritta”, qualora sia singolare e creativa. In questo senso è possibile intervenire legalmente se il testo scritto di una ricetta viene copiato e pubblicato senza autorizzazione, come dimostra la condanna emessa nel 2013 dal Tribunale di Milano nei confronti di una casa editrice che, pur facendo espresso riferimento alla fonte, pubblicò all’interno di un libro di ricette una parte di testo interamente copiata da un sito web senza il consenso dell’autore.
Operando un parallelismo, sembrerebbe quindi meritevole di tutela, se singolare e creativo, anche l’aspetto estetico di un piatto, ovvero la sua composizione finale. Anche se questo punto non è ancora chiaro, un precedente esiste ed è rintracciabile in una sentenza emessa dalla Corte Federale Tedesca: essa diede ragione ad uno chef che non voleva che riproduzioni non autorizzate dei suoi piatti venissero pubblicate indebitamente.
In questo caso la Corte ha ampliato la protezione del copyright anche al cibo qualora sia elaborato e presentato in maniera organizzata, rendendo la presentazione dei piatti una proprietà artistica e intellettuale detenuta dallo chef. Da quel momento, in Germania postare foto di piatti con le suddette caratteristiche è divenuto legalmente perseguibile.
Seppur ancora frammentata, la legislazione in proposito si sta evolvendo anche grazie alla maggiore attenzione mediatica che viene data agli chef e ai numerosi eventi in tema di sensibilizzazione.