L’efficienza dei mercati è uno degli argomenti più dibattuti nell’ambito finanziario, spesso si discute se i mercati siano efficienti e, se sì, in quale forma. Lo scopo di questo articolo è dunque quello di esplorare le principali definizioni di efficienza e le sue implicazioni, i principali test empirici che sono stati condotti per la verifica della sua esistenza e le più lampanti anomalie che periodicamente si riscontrano sui mercati.
Efficienza: le principali nozioni
Sul tema dell’efficienza si è sviluppata un’ampia letteratura nel corso degli anni e sono state individuate diverse accezioni e tipologie, di seguito verranno riportate quelle a cui ci si riferisce più comunemente:
- Efficienza allocativa: questo tipo di efficienza assicura nei mercati che il trasferimento delle risorse finanziarie avvenga in maniera ottimale dal punto di vista allocativo, ossia che le risorse indirizzate dalle unità in surplus a quelle in deficit massimizzino i rendimenti attesi. In sintesi, l’allocazione delle risorse disponibili sul mercato è la migliore tra tutte quelle possibili (cosiddetto ottimo paretiano)
- Efficienza valutativa: ciò si verifica quando tutte le informazioni disponibili vengono usate per determinare correttamente il valore di un’impresa. Essa si basa sulla selezione delle informazioni disponibili, utilizzando solamente quelle attendibili.
- Efficienza tecnico-operativa: si verifica quando il mercato svolge le sue funzioni al costo più basso per la collettività impiegando tutte le organizzazioni e procedure necessarie a tal fine.
- Efficienza informativa, tra tutte la più famosa, è sicuramente quella indagata da Fama nella seconda metà del secolo scorso. Essa indica la velocità e la precisione con cui le informazioni rese note sul mercato si riflettono nei prezzi. In particolare, si riferisce al grado di “trasparenza del mercato”, ossia la velocità con cui le informazioni vengono correttamente incorporate nei prezzi a prescindere dal modello teorico adottato (CAPM/APT). Questa tipologia di efficienza può verificarsi con gradi di intensità differenti, a seconda dei quali può essere declinata in ulteriori forme:
- Efficienza in forma debole: i prezzi delle azioni hanno già incorporato tutte le informazioni storiche, pertanto risulta impossibile utilizzare gli andamenti storici o dei “pattern” ricorrenti per cercare di ottenere profitti. In presenza di efficienza informativa in forma debole, dunque, l’analisi tecnica risulterebbe priva di qualsiasi utilità, e la celebre teoria della random walk (per approfondire clicca qui) troverebbe le sue fondamenta.
- Efficienza in forma semi-forte: questa forma di efficienza presuppone la precedente, in aggiunta prevede che qualsiasi informazione resa pubblica sul mercato sia istantaneamente prezzata, ossia che i prezzi si aggiustino e si adattino immediatamente in corrispondenza di ogni nuova informazione.
- Efficienza in forma forte: quest’ultima tipologia presuppone le due precedenti e aggiunge che i prezzi incorporano non solo le informazioni pubbliche, ma anche quelle private, ossia anche quelle informazioni che non sono ancora di dominio pubblico. Qualora questa forma si verificasse, appare evidente come addirittura l’insider trading sarebbe inefficace per generare extra-profitti, in quanto, anche se si fosse in possesso di informazioni top segret riguardanti un’azienda, secondo tale forma di efficienza esse dovrebbero già essere incorporate nel prezzo del titolo, rendendo dunque impossibile percepire extra-guadagni.
I test
Giunti a questo punto, appare evidente come sia importante comprendere se un mercato sia efficiente, e in caso affermativo, in quale forma, perché ciò consentirebbe ad un potenziale investitore di poter facilmente lucrare sulle inefficienze. Nel corso degli anni sono stati dunque condotti diversi test per verificare se i mercati sano effettivamente efficienti. Per testare l’efficienza in forma debole sono state condotte verifiche indirette. Queste analizzano le proprietà statistiche delle serie storiche dei prezzi per comprendere se le quotazioni passate possano incorporare in qualche modo quelle future. Ovviamente, in un mercato efficiente in forma debole, non esiste correlazione tra le variazioni dei prezzi i due tempi distinti t e t1. Fama nel 1965 ha eseguito i cosiddetti test dell’indipendenza seriale (o autocorrelazione), questi test vengono impiegati per misurare il grado di correlazione esistente tra i valori di una variabile X in tempi diversi. Se c’è autocorrelazione significa che non c’è indipendenza seriale. Fama mostrò che dai suoi test risultava un’assenza di autocorrelazione tra i prezzi dei titoli, supportando quindi la tesi dell’esistenza di un’efficienza in forma debole. I test di verifica sulla forma semi-forte invece si basano sull’approccio egli event-studies: ossia si studiano i rendimenti anormali che un titolo ottiene nell’intorno temporale (event window) di un annuncio pubblico. In altre parole, si studia l’entità e la significatività degli extra-rendimenti che un titolo presenta quando viene annunciato un evento, rispetto i rendimenti “normali” che avrebbe ottenuto in assenza dell’annuncio, questi ultimi stimati attraverso un modello di riferimento, come per esempio il single index market model. Tali studi hanno mostrato l’assenza di questo tipo di efficienza nei mercati. Sono stati inoltre condotti altri studi riguardo l’efficienza in forma forte che hanno dimostrato che sia il management aziendale che gli intermediari di titoli sono in grado di ottenere rendimenti anormali positivi quando entrano in possesso di informazioni riservate, confermando dunque l’assenza di efficienza forte nei mercati di riferimento. Pertanto, le verifiche empiriche tendono a supportare l’ipotesi di mercati efficienti in forma debole, non suffragando invece l’esistenza di forme di efficienza più forti nei mercati presi in esame. Inoltre, non è da escludere l’ipotesi che in futuro, con lo sviluppo ancor più pronunciato della tecnologia, le informazioni possano correre così velocemente da rendere i mercati efficienti anche in forma semi-forte.
Le principali anomalie
Nei mercati finanziari si presentano in maniera sistematica alcune situazioni di prezzo considerate “anomale” rispetto le normali circostanze, queste possono essere così sinteticamente riportate:
- Effetto gennaio: si riscontrano rendimenti più elevati in gennaio che nel corso degli altri mesi. Le motivazioni vanno ricercate nel regime fiscale: infatti, vendendo operazioni in perdita o chiudendo posizioni in guadagno a fine Dicembre per poi riaprire le stesse operazioni e posizioni nel mese successivo, permette da un lato di beneficiare di sgravi fiscali sulle perdite e dall’altro di eludere l’applicazione delle tasse sul capital gain senza di fatto modificare la composizione di portafoglio di lungo periodo.
- Effetto week-end: l rendimento del lunedì è spesso minore di quello del venerdì, ciò è dovuto al fatto che spesso le notizie più “scottanti” vengono rese note nel weekend quando la borsa non è aperta in modo da non avere una istantanea ripercussione sui prezzi dei titoli, che però aprono al ribasso il lunedì successivo.
- Effetto dimensione (size anomaly): esiste una relazione inversa tra dimensione dell’impresa e rendimento, ossia i rendimenti delle società a bassa capitalizzazione tendono sistematicamente a sovra-performare i rendimenti di quelle ad alta.
- Effetto value (value anomaly / value premium): si è riscontato sui mercati che titoli con multipli alti tendono a sotto-performare rispetto i titoli con multipli bassi e viceversa, ciò lo si è notato per multili quali il P/E o il P/BV.