Fra il 1861 ed il 1985 si stima che siano emigrati nel mondo circa 30 milioni di italiani, intorno alla metà della popolazione complessiva del Paese nel 2020. Le cifre disponibili non sono precise, a causa del fatto che molti partivano come clandestini. Prima del 1880 il fenomeno interessava soprattutto il Nord Italia, il Veneto in particolare, che è poi stato superato e distaccato dal Meridione. Le mete erano molte ma le più popolari sono state il Nord America ed il Nord Europa. Il Paese ad aver avuto più immigrati italiani è stata la Francia, con 6,3 milioni, seguita da Stati Uniti e Canada, con 6,2 milioni complessivi.
La situazione economica nel Paese
Dall’unità, nel 1861, l’Italia visse un periodo di forte sviluppo delle infrastrutture, sull’onda degli altri Stati occidentali. Nel 1877 la rete ferroviaria del Paese era quasi ultimata. Tuttavia, nella Penisola i privati non avevano capitali sufficienti a finanziare le opere, quindi era necessario l’intervento dello Stato. Per farlo i governi di allora dovettero alzare di molto le tasse. Queste, però, andranno a colpire quasi solo i ceti popolari, riducendone di molto il già basso potere d’acquisto. Quindi, nei primi decenni dell’Italia, il decollo dell’economia finì per essere molto frenato dalla debolezza del mercato interno causato dalla povertà dei consumatori. I governi post-unità, inoltre, si concentrarono solo sullo sviluppo industriale trascurando, non tutelando né ammodernando, l’artigianato ed il settore primario. La situazione di quest’ultimo fu poi aggravata dalle politiche protezionistiche adottate a fine ‘800, vantaggiose invece per le industrie.
Quindi, mentre l’Italia si stava sviluppando, la popolazione diventava sempre più povera, a causa delle tasse e della scarsa tutela dei ceti meno ricchi. Le fasce povere della popolazione, prive del potere contrattuale per difendere i propri interessi, per molto tempo furono trattate come una semplice fonte di denaro da cui attingere. Questa fu la principale causa delle ondate migratorie. Infatti, circa la metà di tutti gli emigrati italiani fino agli anni ’80, partirono poco dopo l’unità, fra fine ‘800 e inizio ‘900.
I viaggi
Di solito gli emigranti italiani partivano da soli, senza la famiglia, con l’idea di mettere da parte dei soldi per poi tornare in patria. In realtà, però, dei partiti solo poco più di un terzo torneranno mentre gli altri si sono costruiti una nuova vita o si sono infine fatti raggiungere dai propri nuclei familiari. Un’eccezione fu l’ondata di emigrati contadini in Brasile dopo che fu abolita la schiavitù nello Stato sudamericano. Si era andata a creare una forte domanda di lavoro nelle coltivazioni così, dal Veneto e dal Meridione, arrivarono molte famiglie contadine italiane con l’idea di restare.
I viaggi erano molto duri. I migranti italiani viaggiavano con biglietti di terza classe o come clandestini sulle navi. Per i viaggi verso l’America, lunghi anche più di un mese, di solito avevano a disposizione alcuni sacchi pieni di paglia per dormire e, per la terza classe, era previsto un orinatoio ogni 100 persone.
La Grande Emigrazione
Il periodo di maggiore intensità dell’emigrazione italiana fu quello fra 1876 e 1915, quando partirono circa 15 milioni di persone. Un esempio che rappresenta il fenomeno è quello di Padula, un paese che negli anni ’90 dell’800 ha visto dimezzarsi la propria popolazione. Le destinazioni preferite erano di gran lunga il Sud ed il Nord America, in particolare quest’ultimo. Tale periodo è passato alla Storia come la Grande Emigrazione e portò, soprattutto in Nord America, allo sviluppo di una feroce razzismo nei confronti di chi arrivava dalla Penisola.
Le due guerre mondiali
Dopo la prima Guerra Mondiale negli Stati Uniti fu emanato l’Emergency Quota Act, che poneva forti limiti all’immigrazione nel Paese. La misura, in particolare, prevedeva un numero massimo di persone accettabili dal Sud e dall’Est Europa. Queste, secondo le motivazioni presentate al tempo, erano popolazioni inadatte ad integrarsi nella società americana. Il flusso verso il Nord America, quindi, ebbe un’importante frenata, mentre si iniziò a puntare sempre più verso il Nord Europa, in particolare Francia, Belgio e Germania. In questo periodo e nel secondo dopoguerra circa la metà dei migranti italiani partivano da clandestini.
La situazione cambiò dopo la Seconda Guerra Mondiale. Negli Stati Uniti gli italiani avevano iniziato ad integrarsi ed essere accettati. Così, eliminato l’Emergency Quota Act, ripresero i flussi migratori verso gli Stati Uniti, mentre continuavano quelli in Nord Europa. Dagli anni ’60, però, in Italia iniziò un periodo di crescita economica vertiginosa, che la portò a diventare una delle maggiori potenze economiche globali. I flussi migratori, così, pian piano iniziarono a sparire.