«Un prodotto è ciò che viene creato in fabbrica, il brand è ciò che viene acquistato dal consumatore» (King, 1973). I benefici legati al branding sono moltissimi: dal punto di vista dell’azienda, i ritorni legati all’esistenza del marchio, soprattutto se molto conosciuto, si traducono in margini di profitto più elevati, maggiore qualità e affidabilità percepita, resilienza ai guasti del prodotto o del servizio, resistenza alla concorrenza, maggiore fidelizzazione della clientela, maggiore riconoscimento e minore elasticità di prezzo (Cascio, 2014). Ad oggi però il brand non riguarda più solo prodotti e servizi: le aziende stesse, infatti, costruiscono per sé un marchio legato alla propria immagine e alla propria reputazione come datori di lavoro, in un’operazione conosciuta come Employer Branding.
L’Employer Brand è un concetto che deriva dall’incontro tra il marketing e il management delle risorse umane: allo stesso modo in cui il marchio è divenuto strumento essenziale per fidelizzare i consumatori, la strategia dell’Employer Branding permette all’azienda di attrarre, trattenere e motivare i lavoratori impiegati. Un obiettivo cruciale, questo, per le aziende, che altrimenti rischiano di subire gli alti costi legati al turnover dei dipendenti: quando i lavoratori iniziano a considerare altre organizzazioni come luoghi migliori dove lavorare rispetto alla propria, le conseguenze possono andare dalla demoralizzazione della forza lavoro alla riduzione della produttività.
Cosa si intende per Employer Branding?
Nel 1996 Amber e Barrow definirono il termine “Employer Branding” come «il pacchetto di attività funzionali (di sviluppo e/o attività utili), di benefici economici (materiali o monetari) e psicologici (sentimenti come appartenenza, direzione e scopo) che il lavoro può fornire». L’Employer Brand è costituito da due elementi tra loro complementari: l’Employee Value Proposition (EVP), vale a dire il valore che viene offerto ai potenziali dipendenti (la retribuzione, i colleghi, l’ambiente, la soddisfazione sul lavoro e la leadership) e l’esperienza diretta degli impiegati che rappresenta l’effettiva consegna di quel valore.
Un efficace processo di Employer Branding è quindi attivo sia esternamente che internamente (Barck, 2015): la sezione marketing, con il contributo dei manager e dei responsabili delle risorse umane, è ideale per concentrarsi sugli sforzi dell’organizzazione per comunicare il brand all’esterno; internamente, invece, sono le stesse risorse umane ad assumersi un ruolo guida nel garantire che i dipendenti siano in grado di validare l’Employee Value Proposition dell’organizzazione. Tale processo inizia con il reclutamento, continua poi con la formazione, lo sviluppo, il performance management e infine con la gestione delle ricompense.
Tutte le fasi dell’Employer Branding
Il reclutamento
Per aumentare la performance lavorativa e la soddisfazione dei nuovi dipendenti, ma soprattutto la durata della loro permanenza presso l’azienda, è fondamentale che nel processo di reclutamento il lavoro sia descritto in modo realistico, senza quindi creare aspettative false o esageratamente ottimistiche (Landis, Earnest, & Allen, 2014; Popovich & Wanous, 1982).
On-boarding
La maggior parte degli abbandoni avviene nei primi mesi dall’inizio del nuovo lavoro: per esempio a Marriott il 40% dei nuovi impiegati che lascia l’azienda lo fa durante i primi tre mesi. Il periodo immediatamente successivo al reclutamento, durante il quale il dipendente familiarizza e si adatta alla nuova posizione lavorativa, è quindi estremamente critico. Questa fase rappresenta tuttavia anche un’opportunità unica per l’azienda: il dipendente infatti sarà più che mai ricettivo e aperto a tutti i segnali provenienti dall’ambiente lavorativo.
Grazie alla letteratura ufficiale dell’organizzazione, alle strutture di incentivi e soprattutto all’esempio dato da impiegati più anziani e dai colleghi, il nuovo impiegato può assorbire e fare propri la cultura, i valori e le regole aziendali. Le aziende con i programmi di on-boarding più efficaci registrano un aumento del 17% delle entrate per ogni dipendente full-time e un aumento del 16% nella fidelizzazione dei clienti (Blackman, 2013).
Formazione e sviluppo
Molti studi hanno dimostrato gli effetti positivi della formazione sui comportamenti e sulle performance lavorative. In media, la performance degli individui o dei team che ricevono formazione sul lavoro è significativamente migliore (0.62 deviazioni standard) di quelli che non ne ricevono, anche se l’efficacia può variare a seconda del tipo di formazione e del modo in cui viene impartita. Nelle aziende leader nelle pratiche di formazione, come Google, Disney, Marriott e Cisco, questa entra a far parte della cultura aziendale, coinvolgendo anche il top management.
Performance management
Le organizzazioni con solidi sistemi di performance management, valutati da dipendenti e dirigenti, hanno il 51% in più di probabilità di superare i propri concorrenti sulle misure finanziarie e il 41% in più di superarli su misure non finanziarie (come ad esempio soddisfazione del cliente, fidelizzazione dei dipendenti, qualità di prodotti o servizi). Una componente fondamentale di qualsiasi sistema di performance management è il feedback: come per la formazione e lo sviluppo, un feedback regolare e costruttivo fornisce prova tangibile dell’impegno dell’organizzazione per lo sviluppo personale e professionale dei propri dipendenti.
Il ruolo delle risorse umane: come si costruisce l’Employer Brand
È essenziale che l’amministratore delegato e i leader strategici di risorse umane, marketing, finanza, tecnologie dell’informazione e tutte le altre aree funzionali siano d’accordo con il messaggio trasmesso dall’Employer Brand. Il messaggio deve essere autentico, onesto, coerente e allineato con la strategia e con gli obiettivi generali dell’organizzazione. Le azioni interne ed esterne intraprese devono essere coerenti tra loro, così da trasmettere lo stesso messaggio sul brand.
Attraverso l’amministrazione di sondaggi anonimi e interviste di uscita (Spagna e Groysberg, 2016) è possibile comprendere le idee, le opinioni e le preoccupazioni dei dipendenti attuali e precedenti; queste risultano fondamentali per capire quali sono le problematiche chiave prima di intraprendere qualsiasi sforzo di comunicazione sia interna che esterna. È importante, infatti, ricordare sempre che gli impiegati sono i più importanti ambasciatori della propria azienda: oggi, grazie soprattutto ai social media, ogni dipendente, indipendentemente dalla propria posizione o status, rappresenta il volto del brand e ha la capacità di influenzarne la percezione tanto positivamente quanto negativamente.
È quindi indispensabile che l’azienda delinei chiaramente il proprio brand anche attraverso una presenza online ben strutturata: se le organizzazioni non prestano attenzione al proprio marchio, questo potrebbe modellarsi autonomamente senza di esse. Ogni organizzazione dovrebbe rimanere informata sul proprio Employer Brand, ad esempio confrontando ciò che i dipendenti dicono sui sondaggi interni delle società con quello che dicono dell’azienda sui social media, per accertarsi che i messaggi siano allineati. In caso contrario, sarà necessario adottare misure per comprendere i motivi di questo disallineamento e, sulla base dei dati raccolti, implementare poi le modifiche necessarie affinché il messaggio dell’Employer Brand sia coerente all’interno e all’esterno dell’organizzazione.
La costruzione dell’Employer Brand è sicuramente un processo che richiede costante attenzione, tempo e impegno. Come abbiamo visto, però, esso ha la capacità di migliorare moltissimi aspetti dell’azienda sia dal punto di vista economico che umano.
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