Se club del calibro del Paris Saint Germain, del Manchester City o anche dell’ Ajax hanno deciso di avvicinarsi agli eSports, evidentemente una ragione in comune deve esserci. In questi casi, la ragione a cui andiamo a pensare immediatamente è quella di tipo lucrativo, e basta poco per accorgersi che tale ipotesi è ben fondata. Tra i tanti esempi, vediamo come la Blizzard, casa di videogiochi produttrice di celebri titoli come StarCraft, Overwatch e World of Warcraft, ha da poco concluso la selezione per la formazione dei team che parteciperanno al prossimo grande evento di eSport, la Overwatch League, garantendo un salario minimo ai giocatori di 50 mila dollari per il primo anno con opzione per il secondo. Non è finita, perché oltre a spartirsi il 50% dei guadagni delle partite, ai player professionisti è stata concessa la stipula di un’assicurazione e un piano pensionistico. Essere pagati, e molto bene, per giocare su computer o console: sembra essere la realizzazione del sogno di un qualsiasi adolescente, eppure è realtà. A ciò va aggiunto che alle olimpiadi di Tokyo 2020 saranno presenti personaggi di anime e videogiochi e che il comitato Olimpico per le Olimpiadi del 2024 a Parigi sta prendendo seriamente in considerazione l’introduzione degli eSports, come confermato dal co-presidente Tony Estanguet: “Dobbiamo approfondirlo perchè non possiamo dire “Non ci appartiene, non riguarda le olimpiadi”. I giovani sono interessati negli eSport. Vediamo di che si tratta. Proviamo a dargli un’opportunità“. All’interno del quadro economico globale, dunque, le dimensioni che stanno assumendo gli eSports e, in generale, l’industria del gaming non possono essere più sottovalutate.
Cosa sono gli eSports?
Con il termine eSport (letteralmente Sport Elettronici) si indicano le competizioni legate al settore dei videogames, che hanno avuto inizio come semplici tornei negli ultimi anni ’80 per poi divenire, negli ultimi anni, vere e proprie competizioni internazionali con team composti da giocatori professionisti. Svariati sono i generi che popolano questo panorama videoludico: si va dai Moba (Multiplayer Online Battle Arena) come Dota2 e League of Legends (che sono i più redditizi), ai giochi strategici come Starcraft, oppure dagli FPS (First Person Shooter) come Call of Duty fino alle classiche simulazioni sportive come FIFA. Secondo il report di SuperData sarebbero 213 milioni gli spettatori che hanno seguito nel 2016 gli eSports, generando un giro d’affari pari a 892 milioni di dollari, ossia in crescita del 19% rispetto il 2015, tra sponsorizzazioni, merchandising, montepremi e biglietti per i tornei. Sempre secondo SuperData questi 892 milioni sarebbero suddivisi in 328 in Asia, 275 in Nord America, 269 in Europa, 19 nel resto del mondo, con un pubblico medio dell’85% maschile compreso nella fascia di età dai 18 ai 24 anni. Si aggiunga che Dota e League of Legends nel 2016 hanno avuto un montepremi complessivo rispettivamente intorno a 20 e 5 milioni di dollari. Numeri questi che sono sintomo di un’industria videoludica florida e in rapida espansione in tutto il mondo.
La situazione in Italia
In Italia gli eSports fanno fatica ad emergere a causa di una serie di motivi di diversa natura, sia tecnologica, come per esempio la mancanza di una banda larga di buona qualità che copra tutto territorio nazionale, sia culturale, infatti spesso i videogiochi non vengono considerati come forma di intrattenimento alternativa alle più classiche come musica, cinema, e TV, ma al contrario come una forma di svago “inferiore” a cui spesso si associano problematiche di natura sociale, nonostante i dati alla mano dicano tutt’altro. Infatti, una ricerca commissionata alla Gfk sull’industria del gaming nel complesso (ossia non solo eSports ma anche giochi offline), mostra una immagine del videogiocatore medio italiano ben diversa da quella del classico luogo comune del “giovane nerd asociale”, rilevando che nel 60% dei casi trattasi di persone la cui età è compresa tra i 25 e 55 anni e addirittura che il numero degli over 65 che giocano è ben superiore al numero degli adolescenti: 7.9% degli over 65 contro il 7.1% dei ragazzi tra i 14 e 17 anni, considerando che oltre 25 milioni di persone over 14 sono videogiocatori. La stessa ricerca mostra dati economici rilevanti per il settore in Italia, infatti si registra un giro d’affari di oltre 1 miliardo di euro (1.029.928.287 euro) con un incremento nelle vendite dei software (+11,9%), console (+2,3%) e accessori (+3,7%). Solo il segmento software vale più del 60% sul giro d’affari complessivo con un fatturato di oltre seicento milioni di euro (636.908.554 euro).
Gaming
Si può dunque affermare che gli eSports sono solamente un segnale del peso economico che questo settore sta avendo a livello mondiale: se gli eSports hanno avuto ricavi per 892 milioni di dollari nel 2016, l’industria complessiva ha toccato i 91 miliardi di dollari, cifra che probabilmente continuerà a crescere nei prossimi anni. In particolare, SuperData riporta che ben 41 dei 91 miliardi sono stati prodotti nel 2016 solamente dal mobile gaming, grazie ad applicazioni trainanti come Clash Royale. Infatti i videogiochi per cellulare stanno prendendo sempre più piede, richiedendo un sforzo in termini di valore prodotto e marketing sempre più vicino a quello del segmento tradizionale. Anche il PC gaming è andato bene con circa 34 miliardi di dollari in ricavi, provenienti principalmente da giochi free-to-play (gratis) online e scaricabili, ossia da colossi ormai consolidati come League of Legends, Dota, o i nuovi arrivati come Overwatch (che però è a pagamento). L’industria videoludica pertanto rappresenta un settore in forte espansione in grado di muovere ingenti quantità di capitali, addirittura superiori a quelle del cinema, d’altro canto se un gioco come League of Legends chiude il 2016 con 1.7 miliardi di ricavi, è evidente che forse questo settore dovrebbe essere preso maggiormente in considerazione in Italia, che si presenta come un paese sì di grandi fruitori ma pochi produttori. Potrebbe inoltre rappresentare per molti giovani anche un’opportunità per unire l’utile al dilettevole,.