La scelta dell’Italia e degli altri Paesi aderenti all’Unione Europea di introdurre l’euro è stata di natura soprattutto politica piuttosto che economica. L’inizio del profondo processo di allargamento ed approfondimento della collaborazione tra Stati europei risale a subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Archiviati i dolori ed i rancori provocati dal conflitto, le principali potenze europee erano giunte alla conclusione che si dovesse rafforzare la coesione culturale ed economica in Europa, per garantire una pace stabile e duratura a tutto il continente.
De Gasperi ed Einaudi: europeisti purosangue
Nel contesto di riappacificazione europea post-bellica un ruolo centrale fu giocato proprio dall’Italia, con l’allora Primo Ministro Alcide De Gasperi ed il Presidente della Repubblica Luigi Eianudi. De Gasperi ha ottenuto l’appellativo di “Padre dell’Europa” insieme al francese Robert Schuman ed al tedesco Konrad Adenauer. Luigi Einaudi, economista tra i più riconosciuti ed apprezzati al mondo, fin dalla fine della Grande Guerra sognava e sosteneva l’unione politica ed economica delle Nazioni Europee.
<<Agli Stati Uniti d’America si dovrebbero contrapporre od associare gli Stati Uniti d’Europa, in attesa di veder nascere in un momento ulteriore dell’incivilimento umano gli Stati Uniti del mondo. Perché non dovrebbe esser possibile di rifare in Europa ciò che fu fatto dalle 13 colonie americane ribellatesi all’Inghilterra?>> Luigi Einaudi, Corriere della Sera del 15 Gennaio 1918. (fonte: Istituto Italiano per gli Studi Filosofici)
I primi passi
Il primo passo formale verso la costituzione di quella che diventerà l’Unione Europea fu compiuto da Inghilterra, Francia, Olanda e Lussemburgo nel 1948 con il Trattato di Bruxelles. Si trattava di un accordo militare, volto a garantire la pace e la stabilità fra gli Stati dell’Europa Occidentale. I Paesi aderenti si impegnavano a combattere assieme nel caso di un’offensiva da parte dell’Unione Sovietica.
Alcide De Gasperi, dopo il Trattato di Bruxelles, ideò un progetto ben più ambizioso del semplice aiuto in caso di invasione, ovvero la creazione di un vero e proprio esercito unico europeo, attraverso l’istituzione della Comunità Europea di Difesa (CED). Il piano della CED fallì a causa dei dissidi tra Germania e Francia, con quest’ultima che si oppose attraverso una votazione del parlamento nel 1954. De Gasperi, con l’aiuto ed i consigli di Einaudi, fu poi protagonista delle trattative che portarono alla firma del Trattato di Parigi del 1951, che costituì la Comunità Europea del Carbone e l’Acciaio, il primo organo sovranazionale europeo. Gli accordi presi a Parigi, che prevedevano l’abolizione di tutti i dazi su carbone ed acciaio fra i Paesi aderenti, furono il primo passo concreto verso la creazione del mercato unico europeo.
L’europeismo continua
Il 19 Agosto 1954 De Gasperi morì ed un anno dopo il mandato di Luigi Einaudi come presidente della Repubblica finì ma il sentimento europeista degli Italiani e degli altri cittadini europei rimase. Nell’agosto del 1954 i lavori proseguirono con la modifica del Trattato di Bruxelles, che da quel momento includerà anche l’Italia e la Repubblica Federale Tedesca. Nacque così l’Unione Europea Occidentale (UEO, 1954/2011), che rimase in vita fino al Luglio 2011 con lo scopo ufficiale di proteggere tutto l’Occidente da un’eventuale avanzata Russa.
Il trattato di Roma
Il momento di massima importanza nell’assegnazione di un ruolo geo-politicamente centrale dell’Italia in Europa avvenne con il Trattato di Roma (1957), che rappresentò un punto chiave nell’approfondimento della collaborazione economica. A Roma nel 1957 nascevano la Comunità Economica Europea (CEE) e la Comunità Europea dell’Energia Atomica (EURATOM). Se il fine dell’EURATOM, cioè di coordinare gli studi scientifici relativi all’energia nucleare assicurandone un uso pacifico, era di natura politico-militare quello della CEE, di garantire la libertà di movimento di persone, beni, servizi e capitali, era prima di tutto economico.
Il contributo di Aldo Moro
Superata la fase De Gasperi, Aldo Moro raccolse il testimone, impegnandosi più di chiunque altro per portare avanti il progetto europeista. Fu infatti Moro il Presidente del Consiglio in carica a firmare il “Trattato di Fusione” di Bruxelles nel 1965. In quel periodo l’aspetto delle istituzioni europee cambiò in modo radicale. I tre diversi consigli di CEE, CECA ed EURATOM vennero sostituiti da un unico Consiglio ed un’unica Commissione europei, ai quali spettava gestire un unico bilancio.
La situazione in Italia
Nei quattro decenni successivi alla morte di De Gasperi l’economia italiana continuò ad essere florida, anche se durante questo arco di tempo cambiarono ben tre diversi sistemi monetari. Il Boom economico tra gli anni ’50 e ’60 si verificò all’interno del regime a cambi fissi di Bretton Woods, che stabiliva la convertibilità di tutte le valute in dollaro americano e quella tra dollaro ed oro. In questo sistema l’Italia riuscì a ricostruire la sua economia e la sua società, spezzate dalle macerie della seconda guerra mondiale. Era tutto l’Occidente che stava crescendo. Il Boom si protrasse fino alla recessione del 1974 causata dallo scoppio della crisi petrolifera.
L’idea di un sistema monetario unico
Alla fine degli anni sessanta, con la crisi della sterlina inglese e del franco, si iniziò già per la prima volta a parlare di un sistema monetario europeo unico. Al centro del progetto non poteva mancare Aldo Moro, che fu uno dei protagonisti nello sviluppo del cosiddetto “Piano Werner” del 1970. Il piano, elaborato da un comitato di esperti presieduti da Pierre Werner, Primo Ministro lussemburghese, prevedeva una completa unione monetaria ed economica europea. Aldo Moro, allora ministro degli Esteri, spinse soprattutto per la presenza del Regno Unito nell’Unione. Inoltre Moro sottolineò la necessità di un’unione economica ancor prima che monetaria, ponendo attenzione sulle disuguaglianze interne in Europa e sulla necessità di coordinare in modo compatto la politica economica europea per appianarle. Il piano Werner non si realizzò a causa dell’improvvisa ed inaspettata decisione di Nixon di uscire da Bretton Woods nel 1971.
La fine del Boom economico
L’aumento eccessivo della spesa pubblica americana, la crisi del Franco, l’inflazione in Inghilterra, mandarono Bretton Woods in crisi, portando Nixon a decidere di far uscire gli USA unilateralmente dal sistema. Finì quindi per gli Stati l’incentivo a mantenere un tasso di cambio stabile sul dollaro. La scelta di Nixon, del tutto inaspettata, mise gli stati europei e l’Italia stessa in forte difficoltà, permettendo numerosi attacchi speculativi anche nei confronti della lira. Gli anni ’70 per l’Europa furono caratterizzati da altissimi livelli di inflazione, in Italia con tassi sempre superiori al 10% annuo.
Nell’affrontare il problema dell’eccessiva inflazione e delle continue svalutazioni delle monete, gli Stati Europei decisero ancora una volta di reagire in modo coordinato. I Paesi della comunità europea crearono il Sistema Monetario Europeo (SME, 1979), un regime con cambi a flessibilità limitata. Gli Stati aderenti allo SME si impegnavano a non far oscillare il tasso di cambio più del 2,25% (con maggiore flessibilità, al 6%, per Italia, Spagna, Portogallo e Regno Unito) rispetto alla media di tutti gli Stati aderenti.
La soluzione per l’Italia
A livello nazionale in Italia, per ovviare al problema dell’inflazione fuori controllo, si decise di intervenire impendendo ai governi di finanziare deficit attraverso la stampa di nuova moneta. Nel 1981, quindi, ci fu il divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro. L’inflazione tornò così a scendere, arrivando al 6%, allora un minimo storico, nel 1988. Non si riuscì però allo stesso modo a limitare gli eccessivi disavanzi pubblici, anche a causa dell’aumento esponenziale dei tassi di interesse sui titoli di stato. Il rapporto Debito/Pil aumentò costantemente e drasticamente durante tutti gli anni ‘80.
1992: l’anno zero
Correva l’anno 1992. In Italia l’intera classe politica era sotto attacco da parte della magistratura, i problemi economici passarono quasi in secondo piano agli occhi dell’opinione pubblica. Tuttavia, alla luce delle gravi debolezze strutturali del Paese, arrivò l’ormai celebre attacco speculativo di Soros alla Lira, che obbligò l’Italia ad uscire dallo SME. Tornò la recessione, per la prima volta dopo due decadi.
Il Trattato di Maastricht
Giulio Andreotti, alla guida del suo ottavo ed ultimo governo, si mostrò determinatissimo a firmare il Trattato di Maastricht, non tanto per il suo contenuto economico ma per il suo significato politico e culturale. Infatti, oltre che alla nascita dell’euro e delle regole ad esso legate, significava accelerare l’embrionale unione politica degli Stati europei. Andreotti, allievo e primo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di De Gasperi, quando firmò Maastricht era consapevole di quanto fosse arduo il cammino verso gli “Stati Uniti d’Europa. Tuttavia, allo stesso tempo era convinto che nel lungo termine fosse la scelta giusta per l’Italia e l’Europa intera.
<<Non possiamo mettere in dubbio che l’Unione europea stia attraversando un momento difficile. Ma proprio per questo credo sia oggi il tempo giusto per fermarsi a riflettere: partendo dalla constatazione che, nonostante le difficoltà, quella intrapresa era e resta la strada giusta. Nessuno pensava che il percorso verso l’Unione fosse una strada disseminata di fiori e di facili traguardi. In cinquantaquattro anni si è avuto uno sviluppo superiore alle previsioni più rosee, nonostante le non rare parentesi di cosiddetto euro-pessimismo e l’azione dei globuli autarchici molto forti nel sistema dei singoli Paesi.>>
(Fonte: Giulio Andreotti in “30 Giorni”, Novembre 2011)
Il lavoro per tornare a rispettare gli standard europei
Per entrare subito nell’euro l’Italia aveva bisogno di rientrare nello SME e rispettare i vincoli del Trattato di Maastricht. Pur di raggiungere tale obiettivo, nel 1996, il governo Prodi aumentò di molto la tassazione, riequilibrando i conti pubblici e diminuendo la spesa per interessi. Lo Spread BTP/BUND passò da 440 a 40 punti in pochi mesi. L’inflazione toccò il minimo storico andando sotto al 2%. Per la prima volta dopo oltre un decennio, il debito pubblico tornò a scendere. Lo sforzo chiesto agli Italiani fu notevole, ma il sentimento europeista spingeva a pensare che la direzione fosse quella giusta anche dal punto di vista economico. E’ passata infatti alla storia la frase dell’ex Presidente del Consiglio (ed Economista) Romano Prodi:
<<Con l’euro lavoreremo un giorno di meno e guadagneremo come se avessimo lavorato un giorno di più.>> (Romano Prodi, 1999.)
Si trattava sicuramente di propaganda, quindi di una frase da circoscrivere a tale contesto, ma vi era ampia concordanza nel sostenere che l’euro avrebbe migliorato le performance economiche dell’Italia.