Nel 1994 John Meriwether, vicepresidente e responsabile trading sulle obbligazioni alla Salomon Brothers, insieme ad un gruppo di fidati colleghi aprì il fondo Long-Term Capital Management (Ltcm), con sede in Connecticut. Decisi a lanciare il loro nuovo marchio, Meriwether ed i suoi soci affidarono un posto nella dirigenza a Myron Scholes e Robert Merton, entrambi sviluppatori della nota teoria sulle opzioni insieme a Black. I due illustri economisti, premi Nobel per l’economia nel 1997, implementarono una complessa formula matematica per analizzare ed investire nei mercati.
La strategia operativa
L’operatività di Ltcm si basava sulle inefficienze del mercato. Il modello tracciava in modo ottimale le curve dei tassi, analizzava quali assets si discostavano dai valori teorici e di conseguenza sfruttava il riallineamento dei prezzi ai livelli delle curve tracciate (Convergence trading). In parole più semplici, veniva fatto un arbitraggio sui titoli obbligazionari di USA, Europa e Giappone. La strategia estrapolata dai risultati del modello matematico prevedeva un piccolo guadagno altamente probabile a fronte di una grande perdita altamente improbabile. Questo, assieme alla libertà operativa di cui godono gli Hedge Fund ed all’aggressività che i trader avevano sviluppato in Salomon, portò all’abuso della leva finanziaria, arma che pochi anni dopo decretò il drammatico collasso del fondo speculativo.
Il successo
Con una dirigenza composta da importanti economisti, con dei modelli matematico-finanziari avanzati ed una squadra di trader esperti, Ltcm non faticò a trovare i capitali per avviare l’attività. Venne raccolto 1 miliardo di dollari. Nei primi due anni il successo fu strepitoso, i guadagni raggiunsero il 40% su base annua. La positività dei risultati invogliò sempre più gli investitori (tra cui anche investitori istituzionali) ad affidare i propri capitali alla perfetta macchina da soldi che sembrava essere il fondo capitanato dai due futuri premi Nobel. Nel 1998 il capitale gestito era di 4,8 miliardi di dollari.
La crisi
Ltcm arrivò a gestire un capitale così grande che venne presa la decisione di operare anche su opzioni dell’S&P 500 e su arbitraggi relativi a fusioni e acquisizioni. Tale novità, in aggiunta all’uso spropositato della leva, portò Ltcm sull’orlo del baratro. Già nel 1997, con la crisi del mercato asiatico, ci furono le prime avvisaglie, ma è solo nel 1998, con la crisi Russa, che Meriwether e soci scoprirono quanto il modello proposto da Scholes e Merton fosse limitato.
Un modello fallace
Il modello proposto dai due economisti, analizzando i dati del passato, puntava su una convergenza nel lungo periodo dei prezzi degli assets nei paesi più industrializzati. Dietro a tale logica c’è il presupposto secondo cui ciò che è accaduto in passato si rinnoverà anche nel futuro. I fatti dimostrarono che il modello, seppur teoricamente avanzato, non poteva supportare l’ipotesi che un fattore di rischio avrebbe portato ad una crisi sistemica. Solo con il default del debito Russo ed il crollo del rublo – che nell’estate del 1998 perse il 70% del valore contro il dollaro USA – tali considerazioni vennero a galla. Gli spread dei titoli europei si allargarono ed i tassi presero una direzione opposta a quella che il modello aveva previsto. Nonostante ciò, i gestori del fondo continuarono sulla stessa linea, raddoppiando il capitale investito ed utilizzando la leva finanziaria. A settembre del 1998 il fondo aveva perso più di 4 miliardi di capitale.
La dimensione di Ltcm, con le conseguenze che il suo fallimento avrebbe avuto sul piano macroeconomico, portarono la Federal Reserve e le principali banche di investimento ad intervenire in modo tempestivo. I crediti furono pagati in cambio del 90% delle azioni del fondo. Venne inoltre ridotto il tasso di interesse dello 0,25% (dal 5,50% al 5,25%). Il presidente della Fed giustificò l’aiuto di stato spiegando che
Se il fallimento della Ltcm avesse innescato la paralisi dei mercati, molti investitori ne avrebbero avuto ingenti danni, anche alcuni tra quelli non direttamente coinvolti nella società e questo avrebbe potuto potenzialmente danneggiare l’economia di molte nazioni.
Gli ispettori che esaminarono i conti del fondo accertarono che i 4,8 miliardi di capitale vennero messi a garanzia per l’acquisto di titoli per 125 miliardi, i quali a loro volta furono utilizzati come collaterale per operazioni che prevedevano un’esposizione totale di 1250 miliardi di dollari. Il fondo continuò ad operare per altri due anni, finché agli inizi del 2000 chiuse i battenti.