Nel 2011 il presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile Jean Todt, insieme all’imprenditore Alejandro Agag, lanciano la proposta di un campionato per monoposto elettriche, con l’intenzione di creare una categoria riservata a vetture a zero emissioni che potessero gareggiare in circuiti cittadini nelle città più importanti al mondo. Ufficialmente il campionato inizia nel 2014 con l’E-Prix di Pechino, che ha sancito la prima stagione della competizione conosciuta con il nome di “Formula E”. Da questa stagione gareggeranno 24 piloti in 14 gare svolte nelle 12 città più belle al mondo. Le potenzialità di questa competizione sono enormi, di fatto essa si muove verso la direzione di tutta l’industria automobilistica. I campionati sportivi delle automobili sono poi il primo pilastro per la sperimentazione di una serie di innovazione che, dopo lo sviluppo da parte delle case automobilistiche, possono essere rese accessibili al comune mercato delle auto.
I numeri del campionato
L’intero campionato della Formula E vanta un giro di affari che supera i 100 milioni di fatturato, con un tasso di crescita molto elevato: si registra una crescita del 30% solamente nel primo trimestre tra il 2017 e 2018. Il campionato elettrico utilizza una strategia marketing variegata e, ad oggi, vincente. Senza i costi in attività di marketing infatti il campionato avrebbe raggiunto il break-even già dopo 4 anni dalla sua creazione. Un risultato davvero notevole. Inoltre, si punta a una vera e propria piattaforma sostenibile da punto di vista economico, in cui piloti hanno un ingaggio nettamente inferiore ai fratelli della Formula 1. I guadagni si aggirano tra i 200 mila e il milione di euro annuo, esclusi i vari premi. Economicamente i costruttori sono molto interessati a partecipare a questo campionato, di fatto per partecipare alla Formula-1 è necessario un investimento di 500 milioni di euro, contro i 40 milioni annui della Formula-E. Lo sponsor principale della competizione è il colosso dell’energia e della robotica ABB, un’azienda che da molti anni sta puntando sull’energia pulita. Nel Giugno 2017 è stata inserita nelle città del Grand-Prix elettrico anche Roma. Un contratto di 5 anni che dovrebbe portare alla Capitale introiti fra i 50-60 milioni di euro solamente nei prossimi 3 anni. In linea generale il business model della competizione elettrica è comunque molto variegato, si passa da Roma in cui l’organizzazione si fa carico di tutti i costi (intorno ai 10 milioni) e gestisce tutte le sponsorship nazionali ed internazionali, a città come Zurigo in cui vengono ceduti tutti i diritti commerciali e i costi organizzativi.
Un’innovazione che attira
La finalità principale della Formula E è cercare di cambiare l’immagine che le auto elettriche si portano dietro e di incentivare un forte sviluppo di questa tecnologia. L’idea che si vuole far passare al pubblico è quella di una macchina che non sia solo utile nel mondo urbano, ma anche nel mondo della guida ad alte prestazioni. Sono moltissime le cause automobilistiche che hanno creduto in questa idea: Audi, BMW, Nissan, Jaguar possiedono già un loro team, e il prossimo anno vedremo scendere in pista anche Mercedes e Porsche. Di fatto la Formula E è un grande laboratorio in cui poter sviluppare e innovare la motorizzazione elettrica,.
La grande differenza tecnica con la Formula 1 è l’assetto delle auto, di fatto nel campionato elettrico scocca e aerodinamica sono identiche per tutte le vetture, e ci si può concentrare a pieno sul “powertrain”, ossia il motore, cambio e inverter.
Per poter creare un forte appeal, l’organizzazione ha sviluppato moltissime idee che rendano spettacolare anche un campionato elettrico. Basta pensare al “FanBoost”, un meccanismo che consente al telespettatore di votare, prima della gara, il suo pilota preferito e assegnarli un boost di potenza extra durante la gara. Questo consente a 5 piloti di avere un aumento di potenza utilizzabile in un intervallo di 5 secondi nella seconda metà della gara.
Probabilmente l’imprenditore Alejandro Agag sta riuscendo nel suo intento. Far sfrecciare a quasi 220 km/h un’auto con un impatto ambientale praticamente nullo vicino alla tomba di Napoleone, o a pochi chilometri dal momento più famoso al mondo, il Colosseo, è la strada più suggestiva ed efficace per lanciare il suo messaggio:
«Probabilmente faremo in tempo a diventare vecchi prima che le auto attorno a noi si trasformino tutte in auto a batteria, ma non si sa mai. D’altra parte, chi, trent’anni fa, poteva prevedere che oggi nessuno avrebbe più mosso un passo senza un telefonino appicciato all’orecchio?»