Il noto magazine statunitense Fortune, fondato originariamente nel 1930, ha cominciato a stilare le classifiche riguardanti le 500 società con più alto fatturato per anno solamente a partire dal 1955. Numerose furono le modifiche apportate alla suddetta classifica nel corso degli anni, in quanto quest’ultima conteneva, fino al 1989, solamente nomi di aziende americane, mentre dal 1990 furono aggiunti anche nomi di gruppi non americani. Inoltre, solo dal 1995 la classifica iniziò a comprendere anche le maggiori aziende nel settore finanziario e, in genere, dei servizi.
Molto interessante risulterà essere un’analisi di confronto tra la prima classifica storicamente stilata dal magazine e quella dell’anno corrente al fine di analizzare l’evoluzione dei settori portanti dell’economia nel corso dei decenni e, di conseguenza, le società che vi hanno tratto il massimo profitto in termini di ricavi.
La General Motors
Come detto precedentemente, la prima classifica risale al 1955 ed è molto importante sottolineare la presenza di aziende statunitensi molto note anche oggi come General Motors, che occupava la vetta della classifica con un fatturato di 9,8 miliardi di dollari, dominando il mercato d’oltreoceano di quel periodo.
La società basa tuttora il suo core business sul settore automobilistico, detenendo marchi famosi in tutto il Mondo quali Cadillac, Chevrolet, Subaru e Suzuki che gli hanno permesso di generare un fatturato complessivo nel 2018 di 157 miliardi di dollari, in diminuzione del 5,5% rispetto allo scorso anno. Il tasso di crescita medio composto annuo del fatturato (CAGR) è del 4,5%, considerando il rendimento degli investimenti altamente fruttiferi della società ed altri relativamente “fiacchi” nel corso di un periodo analizzato di 63 anni. Questo tasso di crescita medio positivo ha portato l’azienda statunitense a collocarsi al 21° posto della classifica Global 500 del 2018 rispetto al primato del 1955, oltre che a conseguire una importante solidità finanziaria nel tempo che gli ha permesso di collocarsi sempre entro le prime posizioni: l’anno peggiore dal 1955 risultò essere il 2010, nel periodo post crisi finanziaria, quando GM si posizionò al 25° posto della graduatoria.
Exxon Mobil
Altra particolare menzione è destinata alla Exxon Mobil, azienda che opera tuttora nel settore petrolifero con il marchio Esso. Importante notare come la società si collocava al secondo posto della graduatoria del 1955 con un fatturato di 5,6 miliardi di dollari ed è ancora presente nel 2018 al 9° posto con un fatturato di 245 miliardi di dollari, in crescita del 17,7% rispetto al 2017 e con un CAGR del 6,18% dal 1955. Il tasso annuo medio composto dimostra come i risultati e gli investimenti ottenuti da Exxon nel corso del tempo siano stati più equilibrati rispetto a quelli di GM, come dimostrato dalla netta superiorità attuale di fatturato. Principale motivazione può derivare dal core business di Exxon ossia dallo sfruttamento intensivo del petrolio che per tutta la seconda metà del ‘900 ha avuto un ruolo sempre più ascendente nel panorama internazionale, ancor più dell’industria automobilistica.
Il ricambio generazionale
Confrontando invece le società presenti in classifica nel 1955 e nel 2018, sarà possibile riscontrare solamente 60 aziende che appaiono in entrambe le liste. Le più conosciute risultano essere per esempio Boeing, Campbell Soup, Coca Cola, Colgate-Palmolive, IBM, Kraft, Kellogg, Lockheed Martin, Pepsi e Whirlpool oltre che a GM ed Exxon Mobil. In altre parole, meno del 12% delle aziende di Fortune incluse nel 1955 erano ancora presenti nella lista dopo 63 anni e l’88% delle aziende del 1955 è fallito o ha subìto un’operazione di acquisizione o fusione sul mercato da parte di altre aziende. Analizzando le aziende presenti nella lista del primo anno, molte sono oggi irriconoscibili o sconosciute per le suddette motivazioni come per esempio Armstrong Rubber, Cone Mills, Pacific Vegetable Oil o Riegel Textile.
Il fatto che 9 aziende su 10 della lista del 1955 siano scomparse dimostra che nel corso degli ultimi decenni si sono verificati una serie di disordini del mercato riconducibili alla cosiddetta distruzione creativa di Schumpeter. E’ altrettanto ragionevole presumere che quando verrà rilasciata la lista Global 500 tra sessant’anni nel 2078, quasi tutte le aziende presenti nell’attuale classifica non esisteranno più come successo nel ciclo precedente e verranno sicuramente sostituite da altre in nuovi settori emergenti. Come consumatori tutti dovrebbero apprezzare i benefici di questo dinamismo dell’economia di mercato nonostante questo porti ad un ciclico sfacelo schumpeteriano delle imprese che lottano per ottenere il maggior numero di vendite sul mercato. Tanto più lo sviluppo di un’economia di mercato procede, tanto più ciò causa inevitabilmente un’immensa varietà di cambiamenti in determinati ambiti di domanda e offerta e, pertanto, genera non solo profitti, ma anche e soprattutto perdite e fallimenti.
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