Ingvar Kamprad, il noto fondatore dell’azienda svedese IKEA, è morto il 27 gennaio del 2018 all’età di 91 anni. La sua fama di imprenditore non è legata solo all’aver fondato, ad appena 17 anni, una delle compagnie produttrici di mobili più popolari al mondo ma anche per il suo modo di fare impresa. Kamprad puntava su un continuo reinvestimento dei proventi per per incrementare il ritmo di crescita il più possibile. Tale impostazione si riscontra nello stile di vita che seguiva, molto semplice, parsimonioso e senza eccessi, pur possedendo un patrimonio, stimato da Forbes, di 113 milioni di dollari. Nel 1943, mentre IKEA muoveva i primi passi e lo stesso fondatore aveva premura di effettuare le consegne di matite e fiammiferi prima in bicicletta e poi con i furgoncini del lattaio, Kamprad non si sarebbe mai aspettato di arrivare a gestire un’azienda con un giro d’affari da 38 miliardi di dollari l’anno, con 411 negozi dislocati in 49 Paesi. Il suo merito è stata la notevole lungimiranza e lucidità, espressa nella stesura di un pamphlet, circa quarant’anni fa, intitolato “Il testamento di un commerciante di mobili”.
Il futuro di IKEA
I problemi che la compagnia dovrà fronteggiare dopo la morte di Kamprad sono numerosi ed hanno la stessa matrice, ovvero la digitalizzazione del mercato. Con l’avvento e la grande diffusione di nuove realtà come Amazon è diventato più economico acquistare mobili online, tanto da portare il direttore esecutivo di Inter IKEA, Torbjörn Loof, a dichiarare, durante una conferenza, che solo la creazione di una “propria crisi” può scuotere l’azienda dal torpore e condurla ad un rinnovamento. L’ obiettivo a cui IKEA sta puntando è sdoganare quell’idea di store localizzato in aree periferiche ed industriali delle città, talvolta raggiungibile solo in automobile, per introdurre un nuovo concetto di vendita, che trova nel negozio e nell’offerta online le sue basi. Un esempio di questa nuova politica è stato l’apertura in centro a Stoccolma di un primo prototipo di piccolo negozio, che resterà aperto per un anno.
Per quanto riguarda il settore online, IKEA ha aperto all’innovazione, tuttavia se gli stessi dipendenti dovessero effettuare le consegne ai destinatari si sarebbe costretti ad abbandonare, nell’ambito delle vendite su internet, la politica di bassi costi. Secondo Loof, il gap qualitativo consiste nell’incapacità di integrare gli eccellenti risultati conseguiti nella vendita tramite negozi con il ramo dell’e-commerce. In un documento, riguardante i cambiamenti dell’azienda nel commercio al dettaglio e i relativi comportamenti degli acquirenti, risalente a prima della morte di Kamprad e riproposto dallo stesso Loof si nota la volontà di lanciare una sfida per il futuro, che ha già avuto inizio con numerosi sopralluoghi per inaugurare negozi IKEA in nuovi Paesi, quali Cile, Perù e Colombia. Il progetto è quello lavorare sulla diffusione a livello internazionale nei prossimi 3-5 anni, specie nelle aree in via di sviluppo come l’India. L’impatto in queste nazioni, con una classe media emergente, potrebbe essere un terreno interessante per attuare un’ulteriore politica di diminuzione dei prezzi e di esportazione del brand anche in regioni come l’Africa subsahariana.