La generazione Z include tutti i nati fra il 1995 ed il 2009, che sono considerati i primi a non avere nessuna memoria della società prima di internet. Questa è stata la fascia più colpita dagli effetti economici della crisi pandemica. Infatti, in tutti i Paesi OCSE il tasso di disoccupazione giovanile è schizzato in alto. Per la generazione Z, che negli anni ’20 del XXI secolo sta facendo il suo ingresso nel mondo del lavoro, significa in molti casi ritardare l’inizio della carriera e, quindi, perdere preziosi anni di esperienza e formazione. Inoltre, già prima del 2020 con l’inizio della pandemia, la situazione occupazionale per i giovani nei Paesi OCSE non era rosea. Come segnala uno studio dell’istituto australiano McCrindle, la tendenza è di accettare stipendi sempre più bassi rispetto al passato, con posti di lavoro nella maggior parte dei casi a tempo determinato.
Il tasso di disoccupazione giovanile
Negli Stati membri dell’OCSE, riporta il sito Visual Capitalist, il peggior risultato di fine 2020 sul tasso di disoccupazione giovanile è stato registrato in Spagna, con il 38,3%. Segue al secondo posto l’Italia, con il 29,4%, ed al terzo la Colombia, con il 27,5%. I migliori, invece, sono stati il Giappone, con il 4,5% a fine anno, la Germania, con il 6,2%, ed Israele, con il 7,9%. In generale, nei Paesi aderenti all’ente internazionale il livello di disoccupazione giovanile ha raggiunto circa il doppio del tasso di disoccupazione generale.
Nel considerare il tasso di disoccupazione è necessario dividere gli attivi, che hanno un lavoro o lo stanno cercando, e gli inattivi, che non hanno un lavoro e non lo cercano.
Il tasso di disoccupazione indica la percentuale di persone in cerca di lavoro sul totale degli attivi.
Il tasso di disoccupazione giovanile indica sempre la percentuale di cittadini in cerca di lavoro sul totale degli attivi ma considera solo quelli di età compresa fra i 15 ed i 24 anni.
Le prospettive della generazione Z
Stando a recenti analisi riportate dalla CNBC, i ragazzi nati fra il 1995 ed il 2009 tendono a mostrare una maggiore flessibilità sul lavoro rispetto alle generazioni precedenti, sia per gli orari che per le attività da svolgere. Inoltre, mostrano una notevole competenza media di base in ambito digitale e sono molto più consapevoli, rispetto ai loro coetanei del passato, delle dinamiche economico finanziarie, anche per il fatto di aver vissuto da giovanissimi la crisi del 2008. Infatti, osserva sempre la CNBC, i ragazzi della generazione Z tendono a gestire i loro soldi con più cura e attenzione.
La percentuale di ragazzi che prendono una laurea nell’OCSE sta raggiungendo circa il 50%, un risultato senza precedenti. Si tratta di una stima di McCrindle basata sia su quanti hanno completato l’università e su quanti la stanno frequentando. Questo fenomeno, in realtà, ha un’importante implicazione negativa, ovvero si inflaziona il valore delle competenze nel mercato del lavoro. Quelli della generazione Z, infatti, soprattutto considerando i laureati, ricevono stipendi più bassi rispetto ai giovani del passato. Inoltre, con la pratica sempre più diffusa dei contratti a tempo determinato, è diventato molto difficile fare carriera. Il reddito medio, comunque, è calato anche per chi inizia con professioni meno qualificate.
Gli effetti della pandemia
La disoccupazione giovanile non include gli studenti, che non sono in cerca di lavoro. I ragazzi della generazione Z che avevano un impiego a fine 2019 lavoravano in buona parte in settori legati alla ristorazione o al turismo, colpiti in modo particolare dalla pandemia. Inoltre, molti di loro svolgevano impieghi che non possono essere svolti da casa in smart working. Anche per gli studenti, tuttavia, la situazione è problematica. Il mercato del lavoro avrà bisogno di tempo per riprendersi e chi uscirà dall’università dopo il 2020 avrà maggiori difficoltà nel trovare un’occupazione rispetto a prima.
Il peso demografico della generazione Z
Anche se nei Paesi con un’economia più sviluppata i giovani sono in calo rispetto al totale della popolazione, a livello globale la situazione è invertita. Secondo McCrindle nel mondo ci sono circa 2 miliardi di giovani nati fra il 1995 ed il 2009, ovvero il 30% della popolazione terrestre. Questo rende la generazione Z la più numerosa di sempre. Entro il 2030 rappresenterà il 34% della forza lavoro attiva.
La disoccupazione giovanile in Italia
In Italia il massimo livello di disoccupazione giovanile è stato raggiunto nel 2014, per gli effetti della crisi del 2008, quando fu superato il 42%. Da quell’anno fino al 2019 la situazione era in miglioramento e nel 2020 più che un’inversione c’è stata una frenata, con solo un leggero peggioramento da 29,2% a 29,4%. Tuttavia, questo aumento così lieve dipende anche dal blocco dei licenziamenti, in vigore nella Penisola per quasi tutto l’anno. I livelli del 2019, comunque, erano ancora molto più alti di quelli precedenti alla crisi del 2008, quando era di poco sopra al 20%. Un tasso di disoccupazione giovanile in Italia vicino a quello di fine 2020, ovvero intorno al 30%, è stato registrato nel corso di tutti gli anni ’80 e nella seconda metà degli anni ’90. Dagli anni ’70 non è mai sceso al di sotto del 20%.